Il caso Scanzano
da Avvenimenti
21 November, 2003
di Valerio Calzolaio Nel Consiglio dei Ministri di quindici giorni fa, giovedì 13 novembre, il Governo Berlusconi ha approvato un decreto legge e ha deciso che le scorie nucleari italiane saranno collocate nel comune di Scanzano Jonico, meno di 7.000 abitanti in provincia di Matera, regione Basilicata. I decreti legge entrano immediatamente in vigore: la decisione è presa. In base alla Costituzione, per ragioni di necessità e urgenza, gli effetti sono immediati e entro sessanta giorni il Parlamento converte il decreto in legge, con eventuali modifiche. C’è di mezzo Natale, quando le camere sono chiuse; di fatto esiste in tutto meno di un mese di lavoro parlamentare. La richiesta di ritiro del decreto è giustificata anche per questa estrema ristrettezza dei tempi. Anche volendo, non si potrebbero fare audizioni, verifiche, approfondimenti. Prendere o lasciare. Lasciamo! Sono evidenti le “ferite” costituzionali provocate dal decreto legge. La questione è aperta da un quindicennio e passeranno anni per attuare scelte complesse. E’ sbagliato assolutizzare e enfatizzare singoli momenti di un iter comunque lungo. La normativa vigente prevedeva un pieno coinvolgimento di regioni e enti locali nel percorso: sia il presidente coordinatore (Ghigo) che il presidente interessato (Bubbico) non sono stati nemmeno informati. La scelta di un sito non è un dito su una piantina, va motivata, spiegata, discussa al termine di una lenta progressiva selezione. I sindacati hanno chiesto il ritiro, le opposizioni presenteranno pregiudiziali; non so dire ora se Berlusconi avrà capito di dover fare un passo indietro. Ne dubito. In Parlamento bisognerà entrare nel merito. Berlusconi ha detto al sindaco di AN (già DC e UDC) che la scelta è tecnica, non politica. E, allora, che c’entra il parlamento? Scelte tecniche non si votano; tanto meno si scrivono per emendamenti. E un aspetto politico appare evidente: prima del decreto esisteva un iter identificativo e autorizzativo del sito, alla fine del quale avrebbero dovuto prevalere valutazioni tecniche. Il governo fissa un altro iter, propone una diversa soluzione politica: non sentire più nessuno, scegliere per decreto, piazzare oltre 80.000 metri cubi di scorie radioattive a 800 metri di profondità in quel particolare punto. Il parlamento, maggioranza e opposizione, devono dire se sono d’accordo. Tutti i parlamentari, quelli lucani, pugliesi, calabresi (molti si sono già pronunciati contro) e quelli lombardi, piemontesi, laziali. Questa volta l’autoritarismo e la militarizzazione riguardano il sud, ma una volta accettato il metodo…Del resto, Scanzano sembra non essere la scelta migliore: è vicino al mare, in un’area un poco sismica, ha vocazioni agricole e turistiche, antiche e recenti. Dunque: per ora no a Scanzano, si ad un accordo con le regioni. Non basta. La correzione del decreto può essere l’occasione per fissare altri indirizzi normativi. In giro per l’Italia, in oltre cento luoghi spesso non idonei, vi sono già 55.000 metri cubi delle centrali disattivate; altri 25.000 arriveranno dallo smantellamento di Caorso, Garigliano, Latina, Trino. 4 tonnellate arrivano ogni anno da attività varie. L’Italia ha bisogno di un sito per tutte le scorie? Vanno separate quelle a bassa, a media, ad alta intensità? E’ preferibile per tutte una soluzione in profondità? E quelle ad alta intensità (minori in quantità, maggiori in pericolosità, anche nel tempo) possono essere collocate d’intesa con altri paesi europei? Perché non andava bene l’ENEA e serve una società apposita?