LETTI PER VOI - «Battere l’effetto serra? Con i grattacieli verdi»
Sotto accusa i palazzi tradizionali: producono il 30% dei gas. A Londra e Barcellona le nuove torri a basso impatto ambientale. da La Stampa del 15.02.2005
15 February, 2005
di Gabriele Beccaria Alzate gli occhi e abbracciate il caos urbano: tanto più ingombrante è il palazzo che vi sta di fronte tanto più è un mostruoso agglomerato di sprechi, un organismo malriuscito che consuma all’eccesso e restituisce inquinamento in tutte le forme possibili, dal macro al micro. L’effetto serra globale e l’aria sporca metropolitana sono anche colpa sua. Ecco che cosa rivelano i dati, elaborati di recente negli Usa: palazzi, palazzoni e grattacieli emettono il 30% del totale dei gas che riscaldano la Terra, consumano il 36% di tutta l’energia prodotta e il 65% di quella elettrica. Finché prolifereranno questi «sick buildings», le costruzioni malate, la lotta per ripulire il Pianeta sarà una guerra perduta. Non lo dice uno dei tanti e ridondanti club di eco-catastrofisti, lo sostiene invece la nuova scuola internazionale degli architetti verdi, che raccoglie, tra gli altri, personaggi di prestigio mondiale come gli americani Bruce Fowle e Robert Fox, gli inglesi Norman Foster e Richard Rogers, il tedesco Thomas Herzog. Guarire le sindromi croniche dei sick buildings è diventato il loro obiettivo. Due torri appena realizzate, quasi fotocopie una dell’altra, sono il simbolo di questa missione. Assomigliano a enormi pigne trasparenti oppure, per altri, a missili, rivolti a quei cieli grigi di smog che si vorrebbero virare all’azzurro: sono la Swiss Re Tower di Londra (subito soprannominata «the Gherkin») e la Torre Agbar di Barcellona. Disegnate dai computer, con cui sono state calcolate forme e dimensioni delle migliaia di lastre di vetro che le ricoprono, sono monumenti all’efficienza e al risparmio, a dispetto delle dimensioni che flirtano con il gigantismo (la prima raggiunge i 180 metri, la seconda i 144). La loro pelle ipertecnologica, per esempio, collegata a un sistema di sensori sintonizzati sulle condizioni meteo, è stata studiata per sfruttare al massimo la luce naturale e migliorare il riscaldamento e il condizionamento degli interni. Dati per defunti all’indomani dell’attacco alle Twin Towers di Manhattan, in questi mesi i grattacieli si stanno prendendo un’inattesa rivincita, proponendosi come l’ultima frontiera dell’ecocompatibilità. A New York il Condé Nast Building di Times Square possiede due turbine a gas a bassissimo impatto da 400 kilowatt, sufficienti per il 100% dell’energia notturna e il 5% di quella totale. A Pittsburgh il Convention Center e a Torrance, California, il Toyota Complex montano cellule solari in grado di alimentare una significativa percentuale dei servizi interni, dal riscaldamento agli ascensori. Sempre a New York gli Hearst Headquarters (pronti per l’estate 2006) regoleranno automaticamente migliaia e migliaia di lampadine in rapporto alla luce esterna, utilizzeranno l’acqua piovana raccolta sui tetti per irrigare le centinaia di piante sparse a ogni piano, installeranno acciai e altri materiali riciclati. Proprio negli Usa l’approccio all’architettura verde è stato amplificato dall’introduzione di nuovi e severi standard, come il «Leed» (acronimo per «Leadership in energy and environmental design»): prevede una lunga lista di criteri progettuali e costruttivi, dall’uso dell’energia all’efficienza idraulica, dalla qualità degli ambienti interni ai sistemi di monitoraggio e di riduzione delle emissioni inquinanti. A ogni voce è legato un punteggio, così da incasellare le costruzioni in una classifica ecologica: raggiunti i 39 punti, viene attribuito il rating «oro», il che significa aver abbattuto l’impatto ambientale del 50% rispetto alle costruzioni standard e ai danni tradizionalmente inflitti alle città. Attualmente sono 1700 i palazzi sotto la lente di una commissione federale e un’avanguardia di 137 ha già conquistato la certificazione. «Finora architetti, ingegneri, designers e costruttori hanno seguito strategie incredibilmente inefficienti, anche perché ogni gruppo tendeva e tende ancora a prendere decisioni settoriali, che di rado tengono conto dell’insieme», ha denunciato uno dei teorici dell’architettura verde, Phillip Bernstein. Adesso, al contrario, si punta al pensiero olistico, totale, del quale si magnificano i vantaggi. Anche dal punto di vista economico: l’incremento dei costi di realizzazione di un edificio «sano» - dicono le statistiche - non supera il 2% e grazie alle minori spese di gestione l’ammortamento è calcolato in una media di 24 mesi. «Migliorare la qualità della vita nelle città significa anche puntare a grattacieli “friendly”, sia per gli esseri umani sia per la natura», recita uno dei principi dell’ecodesign. E l’impegno dovrebbe conoscere uno dei suoi trionfi a Manhattan con la Freedom Tower di Daniel Liebeskind: la torre di oltre mezzo chilometro (541 metri), accanto al sacrario di Ground Zero, cercherà dal 2009 di farsi vedere il più possibile, ma di farsi sentire il meno possibile. Anche grazie ai pannelli fotovoltaici e alle turbine eoliche.