Quale impatto hanno le micropolveri da combustione della legna?
Intervista a Paolo Natale (Arpa Piemonte)
02 March, 2005
Dott. Natale, a Pesaro, nell’ambito della lotta alle micropolveri, si è deciso di vietare i fuochi, a partire da quelli “agricoli” fino ai caminetti privati… Non è una novità. In California, in caso di emergenza, il “divieto di Barbecue” è una cosa normalissima. E teniamo conto del fatto che in California il barbecue è praticamente un’istituzione nazionale. A questo punto la domanda centrale: la legna inquina? Che la combustione della legna crei una quantità di micropolveri decisamente superiore agli altri combustibili è fuor di dubbio. Tutto sta nel capire se i “fuochi vietati” siano numericamente cospicui e quale influenza percentuale le emissioni ad essi dovuti abbiano sulla qualità dell’aria. Nel caso in cui il loro apporto al peggioramento della qualità dell’aria non fosse significativo, allora il provvedimento potrebbe essere ingiustificato. Esistono dei dati di riferimento sull’inquinamento da legna e sulla sua influenza sulla qualità dell’aria in grandi città? Esistono dati sulle emissioni prodotte dalla combustione della legna, certo. E i dati ci dicono essere ad alta produttività di fattori inquinanti. Non altrettanto si può dire per l’influenza percentuale sulla qualità dell’aria. Non lo sa Torino, non lo sa Milano, tanto meno lo può sapere Pesaro. Esiste un modo per capire quale sia tale influenza? Certo, esiste, ma è complicato e costoso: si tratterebbe di rilevare il Carbonio 14 nell’aria. Tale sostanza, infatti è l’unica che distingue la combustione della legna da quella degli altri carburanti. Più volte ho proposto all’ARPA di rilevare anche questa sostanza, ma ho sempre avuto risposta negativa.