LETTI PER VOI - La bicicletta è un allenamento alla democrazia
- da La Stampa del 21.06.2005
23 June, 2005
<b>Maurizio Viroli</b>
POCHI giorni or sono, pedalavo in sella alla mia classica Bianchi sulle strade pianeggianti che portano verso le campagne del Ravennate. Incrocio prima piccole pattuglie di ciclisti che si avvicinavano intrepidi alle impegnative salite dell'Appennino, poi, a breve distanza l'uno dall'altro, veri e propri gruppi di centinaia e centinaia di atleti domenicali che sfoggiavano sgargianti maglie delle più svariate associazioni. Alti e bassi, magri e grassi, giovani e vecchi, nei gruppi c'era posto per tutti. Ancora freschi e baldanzosi, pedalavano scambiandosi motti e lazzi, e facevano a gara a chi la diceva più grossa. Spiccavano, per le belle forme accentuate dalle attillatissime tenute, varie signore oggetto di complimenti o allusioni che esse per altro rintuzzavano con consumata maestria.
L'incontro con i gruppi di ciclisti, e il loro numero, mi ha stimolato a riflettere sull'evidente legame che stringe la bicicletta e la democrazia. Il ciclista è infatti intrinsecamente democratico per l'abito di moderazione che il mezzo impone: né arrogante e altezzoso come il cavaliere, né umile e dimesso come il pedone. La bicicletta, a differenza dell'automobile, non ha lamiere che imprigionano e permette di parlare con tutti; non sfrutta le forze di un povero animale costretto a trasportare sulla schiena un uomo con la tortura del freno in bocca; non inquina, ed esige, da chi vuole i suoi servigi, uno sforzo costante, e attente cure.
E' considerazione fin troppo ovvia, ma il leader dell'opposizione di sinistra è un ciclista provetto, mentre Berlusconi in bicicletta è impensabile. Se proprio dovessi immaginarlo su due ruote riuscirei a pensarlo, al massimo, su un risciò tirato, a turno, da Bondi o Cicchitto. La bicicletta offre la possibilità di vivere una molteplicità di forme politiche: la democrazia nel gruppo degli uguali che procedono spalla a spalla; l'aristocrazia nel manipolo dei migliori che si distaccano dai molti, il principato nell'uno solo che grazie alla sua virtù straordinaria compie l'impresa leggendaria.
L'arte pedalatoria si presta in modo eminente ad essere praticata in gruppo, o meglio, in un'associazione, e qui il legame con la democrazia diventa ancora più evidente. Sappiamo tutti, da Tocqueville in poi, che le associazioni della società civile (e ovviamente anche le associazioni politiche) sono il nervo della democrazia. Mentre negli Stati Uniti le associazioni fiorivano con la democrazia, e ne divennero in qualche modo una delle manifestazioni più visibili, in Europa, nell'Ottocento, nacquero quando la maggior parte degli stati non erano democratici.
Nelle associazioni di mutuo soccorso, sindacali, cooperative, di credito, sportive, culturali, ricreative, filantropiche, i nostri bisnonni e i nostri nonni hanno imparato le regole basilari della vita democratica: assumersi liberamente delle responsabilità e rispettarle (dal pagamento regolare e preciso della quota associativa, alla partecipazione assidua alle attività sociali); saper stare in un'assemblea (il che vuol dire, contrariamente a quanto avviene nei 'dibattiti' televisivi, saper ascoltare e saper proporre con garbo e intelligenza argomenti per il bene comune); essere saggi nella scelta dei membri degli organi direttivi e degli amministratori, tenere sempre un comportamento civile e rispettoso nell'associazione e fuori (nulla era più infamante dell'espulsione dall'associazione: era meglio il carcere).
Dove le associazioni sono molte e prospere, la vita democratica gode in generale di buona salute, come ci ha spiegato il sociologo Robert Putman, di Harvard. Non solo i cittadini sono più attenti e più solerti verso il bene pubblico, a confronto delle regioni in cui esistono poche e misere associazioni, ma sono anche più capaci a stimolare i loro governanti a governare bene. La prova più evidente è proprio l'Italia. Le regioni «civiche» (Emilia-Romagna, Toscana e Umbria) sono anche quelle dove la democrazia funziona meglio rispetto alle regioni non civiche e dove c'è maggiore e più diffusa prosperità. Probabilmente non lo sanno, ma gli animosi e allegri ciclisti che fondano e conservano le loro associazioni, e ogni fine settimana si trovano per pedalare insieme, sono dunque (come tanti che partecipano ad altre associazioni) il nervo della vita democratica, e vivono più a lungo, e meglio, di chi non pedala o pedala da solo.
viroli@princeton.edu