In migliaia in tutta europa si tuffano nei fiumi
Big Jump in 11 Paesi Europei. La campagna per la balneabilità dei corsi - da Avvenimenti di Luglio
21 July, 2005
Di questi tempi, un’altra estate siccitosa, scorre meno acqua nel letto dei fiumi italiani. Non so quale avete lì vicino, uno grande o uno piccolo, uno affluente o uno principale, se siete vicino alla sorgente o alla foce, se attraversa la città o la lambisce, se il vostro è magari un torrente o un rio. La forma della nostra penisola non ne prevede di veramente lunghi, con l’unica parziale eccezione del Po per le regioni del nord. E, a ben vedere, è difficile parlare di fiumi in una dimensione “nazionale”, i fiumi sono ecosistemi che configgono con rigidi confini amministrativi, attraversano lingue e costumi senza identificarvisi. Un tempo, non tanto tempo fa, nei fiumi si faceva il bagno, forse non ovunque a cavallo fra luglio e agosto, prima e dopo in tutte quelle parti d’Italia più lontane dal mare. Poi la nascita delle “vacanze” e la facilità maggiore di spostarsi, in combinato disposto con l’occupazione edilizia delle sponde e l’inquinamento crescente delle acque hanno reso desueta l’abitudine popolare. Da quest’anno forse si cambia. Saluto con gioia la prima giornata europea per la balneabilità dei fiumi, promossa domenica 17 luglio da gruppi francesi (Loira) e tedeschi (Elba), celebrata con un Big Jump alle 14, un tuffo di gruppo (migliaia in Germania, una ventina a Torino) dentro una trentina di fiumi in circa duecento città e borghi di undici diversi paesi europei. L’obiettivo è sensibilizzare istituzioni e cittadini sull’effettiva attuazione di una direttiva che impone di garantire un buono stato ecologico ai corsi d’acqua entro il 2015.
In vista della preparazione della seconda giornata europea (fissata per ora nel 2010), oltre che suggerire un anticipo di qualche settimana (più adatto al clima mediterraneo), mi permetto di proporre un vero movimento permanente in difesa dei nostri fiumi, vertenze di fiume quando si parla di trasporti, energia, attività estrattiva, agricoltura e ovviamente di risorse idriche. Nella storia dell’economia, molti “miracoli” economici sono stati resi possibili dal rapporto di causa-effetto con l’originale conformazione del territorio e, in particolare, dallo sfruttamento gratuito e privato di alcuni beni comuni (o collettivi), specificamente del “bene” fiume. I fiumi sono stati infrastrutture e strutture della produzione (discarica e defluvio dei rifiuti, rete viaria parallela, ecc.); serbatoi di materie prime (per le acque, per i minerai, per la sabbia e la ghiaia in essi contenuti); vettori di energia (idroelettrica, alimentare); struttura di ordinamento amministrativo (“confine” in Italia di comuni, province, regioni). Nell’aprile del 1983 organizzai un convegno di discreto successo con l’amico e maestro Giorgio Nebbia: “qualche idea sui fiumi: il bacino idrografico come unità di analisi economico-ecologica”. Uscirono un paio di volumi a raccoglierne gli atti e promuovemmo per qualche anno un centro di documentazione e di iniziativa permanente. In modo purtroppo intermittente, ogni grande associazione ambientalista ha avviato campagne nazionali negli anni successivi. Nel 1986 e nel 1994 uscirono due bei libri di Giuliano Cannata. Nel 1993 la Fondazione Agnelli pubblicò il manuale di Ghetti “per la difesa dei fiumi”. Tanti sono i volumi del Touring o della De Agostini, le collane per pescatori e canoisti che elencano, illustrano, guidano allo scoperta dei fiumi, con la passione dei naturalisti e la coscienza degli ecologisti. Quel movimento si tradusse anche sul piano normativo, con la legge 183 del 1989, figlia di troppe alluvioni, false “calamità naturali”. Però in Italia ancora non si ragiona e non si sceglie per “bacino”, il fiume attira solo qualche sguardo poetico, l’ecosistema fiume non è una priorità della politica e delle istituzioni, i cittadini non se ne sono riappropriati. Ancora e fino a quando?
valerio calzolaio