«Non ricostruite la città, fra 100 anni non ci sarà più»
intervista del Corriere della sera a Klaus Jacob (earth institute Columbia University New York)
01 September, 2005
«Non ricostruite la città, fra 100 anni non ci sarà più»
NEW YORK - New Orleans è destinata a morire. Fra 100 anni probabilmente non esisterà più e ricostruirla significa buttare miliardi di dollari in un buco nero. L’allarme viene da Klaus Jacob, scienziato geofisico dell’Earth Institute della Columbia University di New York, esperto di disastri naturali e del loro impatto sulle aree urbane. Era prevedibile quello che è successo?
«E’ stato un disastro annunciato. Gli esperti avevano messo in guardia da tempo circa i pericoli di quella zona, continuamente minacciata di allagamento dall’oceano, dal Mississippi e dal lago Pontchartrain».
E allora come mai viene in mente di sviluppare una città così popolosa in un’area così vulnerabile?
«Un fattore importante è la pressione degli interessi economici di breve termine: il petrolio, la pesca, il turismo. Ma Madre Natura non perdona. Se qualcosa si può imparare da questo disastro, è la necessità di valutare realmente nel lungo termine i rischi naturali».
Ma non si tratta di minacce esistenti da sempre, da prima della nascita di New Orleans?
«Sì, ma possono essere state peggiorate dal surriscaldamento della Terra. In origine, per i primi abitanti di New Orleans, ha avuto senso insediarsi in un posto dove la confluenza di fiumi e oceano forniva un ottimo accesso alle zone interne del Nord America. Dal punto di vista economico era un’opportunità molto importante».
Che cosa è stato sbagliato?
«All’inizio del Ventesimo secolo il Genio militare degli Stati Uniti costruì un intero sistema di argini e pompe per tenere il Mississippi artificialmente in un letto predefinito: una grave violazione del processo naturale delle piene del fiume, che servono proprio per fornire nuova terra agli argini e tenere su il suolo, almeno all’altezza del livello dell’oceano. Non potendo il Mississippi fare il suo lavoro naturale, la terra ha continuato a sprofondare. E alla fine la natura ha ripreso il controllo della situazione».
Come valuta il disastro?
«Non è stato il peggiore scenario possibile. Se l’occhio dell’uragano avesse colpito la città più a Ovest, i venti dal mare avrebbero spinto le maree dentro la città in modo molto più violento e veloce».
Che consigli può dare per la ricostruzione?
«Come scienziato, il consiglio sarebbe non ricostruire New Orleans e i suoi sistemi di difesa, perché è solo una questione di tempo: più alti sono gli argini artificiali, più disastrosa sarà la prossima inondazione. Il direttore dei servizi geologici Usa ha detto ad una riunione: "Fra 100 anni New Orleans può non esistere più". Questa è la semplice verità. Certo, dal punto di vista sociale e politico è impossibile accettarla. E così si getteranno un sacco di soldi in un buco nero per ricostruire New Orleans. Del resto ci sono molti posti al mondo dove la gente vive in condizioni precarie: in Italia avete le cittadine attorno al Vesuvio, che un bel mattino si risveglierà e farà il suo dovere, incenerendo tutto».
Non può essere raggiunto un compromesso fra verità scientifica e necessità socio-economiche?
«A New Orleans può aver senso investire in una ricostruzione con un orizzonte temporale di 50-100 anni, consapevoli che non esiste alcuna muraglia forte abbastanza da respingere per sempre l’invasione delle acque. Il livello dell’oceano continuerà a salire».
In che senso questa tendenza è peggiorata dal global warming ?
«Il surriscaldamento della Terra fa espandere la massa oceanica e dà più forza agli uragani. In futuro, secondo un’ipotesi, gli uragani potranno formarsi sempre più a Nord, arrivando a toccare New York. Tutto ciò che si sta costruendo a Ground Zero potrà essere allagato, con conseguenze catastrofiche».
Maria Teresa Cometto