Expo 2015, è il momento di ripartire
L'intervista di Chiamamilano.it a Claudia Sorlini, responsabile del Comitato scientifico dell'Esposizione universale 2015 - da Chiamamilano.it del 06.05.2013
06 May, 2013
di Claudio Urbano
A due anni dall'inizio di Expo e alla vigilia degli “Expo days” abbiamo intervistato Claudia Sorlini, già presidente della Facoltà di agraria all'università Statale di Milano e ora coordinatrice del comitato scientifico del Comune di Milano per Expo 2015 (organismo che raccoglie le sette università milanesi oltre ai delegati del Comune e della società Expo) per capire come si sta lavorando sui contenuti dell'esposizione universale.
“L'obiettivo del nostro comitato, spiega Claudia Sorlini, è cercare di coinvolgere non solo tutto il mondo della scienza ma anche i suoi interlocutori. La Camera di commercio, Confindustria e le associazioni degli agricoltori, ma anche il mondo delle donne, le associazioni e i gruppi orientati alla sostenibilità ambientale, e la realtà della ong. A livello internazionale, sfruttando le sole risorse delle università –tiene a precisare la professoressa Sorlini– utilizziamo la rete degli atenei e dei nostri ricercatori per portare nel mondo le informazioni e i valori morali insiti al tema di Expo, sia attraverso la partecipazione ai progetti di ricerca europei ed extraeuropei, ma anche attraverso i progetti di cooperazione allo sviluppo. Possiamo contare su centinaia di relazioni.
L'attenzione finora si è concentrata soprattutto sulle grandi opere necessarie per l'esposizione. Non pensa che il tema della nutrizione, di indubbia importanza, sia però anche difficile da comunicare nel concreto?
All'interno del grande tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita” possiamo distinguere almeno tre aspetti. Il primo è quello della food security, ovvero l'esigenza di una produzione alimentare che garantisca cibo sufficiente per tutti. Poi abbiamo il problema della sicurezza alimentare dal punto di vista igienico sanitario: sappiamo che nel mondo la prima causa di morte è legata alla sicurezza dell'alimentazione e dell'acqua che non è potabile. Ma la questione esiste anche in Europa, dove la sicurezza degli alimenti è un problema di ritorno, perché i batteri patogeni si sono ormai abituati alla catena del freddo.
C'è quindi l'aspetto più leggero della qualità dell'alimentazione, la ricerca di offrire cibi di alta qualità.
Questi contenuti potranno emergere dai padiglioni di Expo e dal format tutto sommato classico dell'esposizione universale?
L'idea del padiglione Italia, che seguo direttamente, è mettere in mostra non solo il risultato finale della nostra produzione, ma anche la ricerca che sta alla base dell'italian food. Non solo. Lo sforzo è anche mostrare quanto in termini di ricerca e di tecnologia è utile sia per la produzione dell'eccellenza, sia soprattutto per i paesi in via di sviluppo, dove non ci sono risorse sufficienti per la produzione alimentare. Il risultato potrebbe essere, quindi, mostrare alla gente quello che sta dietro al mondo dell'alimentazione, che serve sia al mondo sviluppato che a quello in via di sviluppo.
Le polemiche di questi anni sulla manifestazione non hanno contribuito a distogliere l'attenzione dai contenuti dell'evento?
È vero, i problemi delle grandi opere hanno distolto l'attenzione dai contenuti. Però stiamo facendo un grosso sforzo perché questi contenuti emergano. Io, che ho seguito l'Expo dalla prima ora, devo dire che se dopo tutte le delusioni iniziali il morale era sotto terra, negli ultimi tempi la sensazione è che l'interesse, e il morale, si stiano alzando notevolmente, e che ci sia la volontà di lavorare nell'ottica fare di Milano una grande città internazionale.
Nei prossimi mesi, a partire dagli Expo days, abbiamo una serie di iniziative che ci consentiranno di mettere alla ribalta i contenuti. In autunno organizzeremo a Milano alcuni eventi sull'innovazione tecnologica con tutto il mondo della ricerca agroalimentare italiana, mentre un secondo evento sarà sulla sostenibilità alimentare nei paesi in via di sviluppo e sui problemi come il land grabbing (la sottrazione e lo sfruttamento di suolo dei paesi in via di sviluppo da parte di altri attori economici).
Tutti ormai sanno che ci sarà l'Expo. Ma cosa potrà lasciare questo mese di eventi ai cittadini di Milano, soprattutto considerando chi non è naturalmente interessato all'evento?
Penso appunto si possa lasciare l'idea che, prima di tutto, l'Expo è fatta di contenuti. Le iniziative che si terranno durante gli Expo days, quasi duecento, sono promosse da istituzioni, gruppi, scuole, università, fondazioni: insomma, sarà soprattutto chi partecipa ad essere protagonista. Credo che stia nascendo la sensazione che stiamo marciando verso un Expo dai contenuti importantissimi in cui, a rendere cosciente la popolazione, saranno in primo luogo, spontaneamente, le associazioni e i gruppi della popolazione. E se la popolazione non fa infrastrutture, produce però cultura e valorizza il tema di Expo. Questo credo sia il risultato: essere protagonisti e valorizzare contenuti che non cadano dall'alto ma che vengano proposti dal basso perché c'è la sensibilità di capirli.
Quale pensa potrà essere il lascito di Expo, in particolare per i cittadini di Milano e dintorni, pensiamo ad esempio al tema del consumo del suolo, o dell'agricoltura periurbana…
Il tema del consumo di suolo è cruciale, soprattutto in Lombardia. Quando diciamo che favoriamo l'agricoltura sostenibile intendiamo la difesa del suolo, la difesa delle acque, e parliamo di risparmio energetico. Milano ha fatto il suo sforzo intanto organizzando il distretto agricolo milanese (Consorzio DAM) e, chiaramente, si stanno facendo cose molto importanti anche in altri distretti agricoli della Lombardia.
Quanto alla città, il Comune ha organizzato i mercati della terra e a chilometro zero, dove si comprano prodotti che non generano svantaggi, e si creano circuiti virtuosi. È chiaro che queste pratiche non possono certamente coprire tutto il fabbisogno della città né sostituire i supermercati, ma questa, per quanto ristretta, è comunque una fascia di mercato che può essere significativa. Soprattutto, è un segnale della volontà della popolazione di orientarsi verso un rapporto più diretto tra consumo e produzione.
di Claudio Urbano, Chiamamilano.it