Bari può diventare una Smart City?
«Si. Può diventarla. Ma occorre, necessariamente, una rivoluzione culturale. E non unicamente digitale».
09 May, 2013
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Si. Può diventarla. Ma occorre, necessariamente, una rivoluzione culturale. E non unicamente digitale. Fondata sulla capacità di innovare per cambiare in meglio le abitudini e le consuetudini dei cittadini, senza paura o tentennamenti. Una smart city (espressione inflazionata e abusata a tal punto da aver confuso le idee di chi può aver espresso una certa curiosità), pertanto, non è una città dove digitalizzi, unicamente, l’esistente. Una smart city è una città che ha una visione del futuro e tenta di raggiungerlo, sfruttando virtuosamente le nuove tecnologie digitali, attraverso una combinazione integrata di wiki-servizi efficienti ed ecocompatibili attraverso i quali aumenta la qualità della vita dei cittadini che, a loro volta, per essere “smart”, devono acquisire quella consapevolezza civica indispensabile che li renda protagonisti attivi del cambiamento che investisce la città.
“Smart Cities. Gestire la complessità urbana nell’era di internet” è il titolo del libro di Michele Vianello, in cui l’autore spiega come il punto di partenza per una vera Smart City sia nell’insegnare l’innovazione al cittadino (ma anche al pubblico amministratore) che si trova immerso in un cambiamento fatto di social network, di cloud computing, di device mobili, di cose nuove ma anche vecchie, che vanno riassemblate. Oggi questo cambio di paradigma è alquanto complicato perché l’urbanista ha in mente e pensa di pianificare a lungo termine: oggi non è più possibile pensare di progettare una città definendone le caratteristiche di qui a 20 anni; hanno in mente la città dei luoghi, la città del ‘900. In realtà devono tenere in considerazione la città dei Non-Luoghi.
Una smart city poi deve essere sostenibile, naturalmente, e questo non significare “spruzzare un po’ di verde”. Significa, evidentemente, riprogettare gli spazi, a cominciare da quelli aperti e pubblici, evitando lo spreco degli stessi e il consumo di suolo libero, arrestando il fenomeno della dispersione urbana o dello sprawl (come stanno cercando di fare in Inghilterra). Prevedere e realizzare il verde urbano in modo mirato e rigoroso. Significa conoscere la consistenza e la qualità del proprio patrimonio edilizio per poterlo riqualificare secondo i dettami della bioarchitettura e dell’efficientamento energetico, puntando sulla rigenerazione funzionale dei luoghi oggi inutilizzati o degradati (esattamente come hanno fatto a Torino, con questo progetto sperimentale). Valorizzare i centri storici per farli tornare ad essere il cuore pulsante delle nostre comunità.
Gli amministratori, in questa partita, hanno un ruolo fondamentale. E devono essere, anche loro, formati e preparati. Non possono più essere complici degli imprenditori che per mero profitto sono pronti a devastare il territorio non avendo alcuna preoccupazione per le future generazioni che vivranno quei territori menomati, ma possono essere agenti straordinari del cambiamento, rivoluzionando, in modo particolare e nel segno della sostenibilità ambientale, le pratiche e le procedure amministrative. Attuando il Piano Nazionale d’Azione sul Green Public Procurement (ossia gli Acquisti Verdi nella Pubblica Amministrazione) che prevede norme di buonsenso ed innovative come quella sugli appalti verdi.