Caro bolletta energetica: è colpa delle fonti fossili e dei costi non detti
Secondo uno studio presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, gli italiani spendono per l'energia (elettricità, gas e carburanti) il 18% in più rispetto alla media europea. La colpa non è degli incentivi alle rinnovabili, ma dei sussidi alle fonti fossili e dei costi occulti per nucleare e carbone
11 July, 2013
La “bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18% più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei permetterebbe di risparmiare 25 miliardi di euro ogni anno. A incidere così tanto sui costi, non solo le tasse elevate, ma anche una dipendenza dai combustibili fossili tra le più alte in Europa. Queste sono solo alcune delle valutazioni che emergono dal dossier presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del convegno “I costi dell’energia in Italia”, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013. Il documento trae ispirazione dall’analisi comparativa dei prezzi dei prodotti energetici, arrivando a stimare una bolletta di gas, elettricità e carburanti pagata dagli italiani nel 2012 di oltre 160 miliardi di euro. Si tratta di un valore in crescita, a causa dell’aumento dei prezzi petroliferi, del 10% rispetto all’anno precedente, nonostante la contrazione dei consumi.
L’analisi, in particolare, evidenzia come le famiglie siano particolarmente penalizzate nei consumi di gas naturale, che pagano dal 24 al 35% in più della media europea (circa 300 euro/anno per famiglia). Le imprese, specie quelle medio-piccole, risentono invece degli alti costi dell’elettricità, dovendo fare i conti con un kWh dal 30% fino all’86% più della media europea. A questo si aggiunge che i prezzi di benzina e diesel, che rappresentano la voce principale di spesa della bolletta energetica, sono mediamente più alti del resto d’Europa e questo differenziale è aumentato in modo sensibile negli ultimi anni.
“Quello energetico – ha detto Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 miliardi di euro in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld€.”
Il peso dei fossili
L’alta dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili, che soddisfano l’82% della domanda interna, uno dei valori più alti in Europa, ha rappresentato il primo driver dell’aumento dei prezzi energetici negli ultimi anni: tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%. A parità di consumi e al netto dell’inflazione la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili è passata da metà degli anni ’90 a oggi da 20 a 65 Mld€. Gli scenari mondiali più accreditati prevedono che per i prossimi vent’anni i prezzi dei fossili, a meno che non si riduca drasticamente la domanda, rimarranno alti o addirittura continueranno a crescere, sancendo la fine dell’epoca dei combustibili fossili a basso costo. Il dossier rivela come negli scenari internazionali l’effetto dello shale gas americano si vada ridimensionando rispetto alle aspettative iniziali, con prezzi del mercato americano che riprenderanno a crescere, benché ancora molto più bassi di quelli europei; ma anche come secondo il Dipartimento dell’Energia statunitense la generazione elettrica da carbone e nucleare sia più costosa del gas o del vento.
I costi non detti
Ma i prezzi dei prodotti energetici non dicono tutto circa i costi che i cittadini e le imprese devono pagare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. La Fondazione propone per questo di passare da una analisi dei prezzi a una dei veri costi dell’energia, includendo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili, attraverso agevolazioni fiscali o quant’altro, e che, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta e non contribuiscono a formare i prezzi dell’energia (ma vengono comunque pagati dai cittadini e dalle imprese ad esempio attraverso la fiscalità generale). Eppure questi sussidi non vengono monitorati dal Governo, nonostante siano ingenti: secondo l’OCSE sono 2,1 miliardi di euro l'anno su alcuni settore chiave, che salgono secondo il Fondo Monetario Internazionale a 5,3 Mld€/anno includendo altre voci tra cui alcune esternalità. E sono proprio le esternalità l’altra voce importante dei costi nascosti dell’energia. Anche in questo caso non esistono studi ufficiali sull’argomento, ma una ricerca condotta sulla Germania stima che l’inclusione dei costi esterni, a carico principalmente di nucleare e carbone, farebbe aumentare la bolletta energetica di 40 miliardi di euro, con un +40% per una famiglia tipo.
Il peso delle rinnovabili
Il dossier prende anche in esame l’incidenza degli incentivi alle rinnovabili sui prezzi e sui costi dell’energia in Italia analizzando i costi diretti, i costi e i benefici indiretti e le implicazioni sul piano strategico. Per quanto riguarda i costi diretti, gli incentivi alle rinnovabili del settore elettrico (che rappresentano la maggior parte degli incentivi) hanno raggiunto nel 2012 circa 10 milardi di euro, il 16-17% della bolletta elettrica nazionale. Ma questi hanno inciso sull’aumento del prezzo del kWh degli ultimi anni solo per il 33%, mentre per il 57% questo è stato causato dall’aumento dei prezzi dei fossili. Sul piano dei costi e dei benefici indiretti il saldo economico è senz’altro positivo. Tra i benefici da ascrivere alle rinnovabili c’è infatti la riduzione del prezzo medio orario dell’energia elettrica (a maggio si è quasi dimezzato tra il 2006 e il 2012) e la creazione di ricchezza e occupazione nazionale (su 1000 euro spesi sulle rinnovabili ne rimangono in Italia 500-900, mentre su 1000 euro investiti sulla produzione elettrica da gas ne restano sul territorio nazionale 200, il resto va alle economie straniere). Per non parlare poi del lato ambientale: 70Mt di CO2 risparmiate ogni anno e un minore inquinamento atmosferico.
“Il settore energetico è nel pieno di una trasformazione epocale, e se come Paese non saremo in grado di comprenderne a pieno tutte le implicazioni e operare le scelte più giuste, rischieremo alla fine di pagare un conto molto alto. – afferma Andrea Barbabella, responsabile Energia per la Fondazione – Quello dei costi dell’energia è un tema strategico che va affrontato seriamente, anche perché tali costi sono molto probabilmente destinati a crescere e a incidere sempre di più sulla nostra economia. Guardare solo ai prezzi dei prodotti energetici è fuorviante, e i risultati di una analisi esaustiva sui veri costi dell’energia potrebbe fornire una rappresentazione molto diversa da quella usuale, con una situazione per l’Italia molto migliore di quanto generalmente si pensi.”