Contro lo sfalcio dell'erba nei parchi cittadini. "Lo sfalcio dell’intelligenza"
Quest’anno la primavera è arrivata un po’ tardi, ma alla fine ecco il primo giorno di sole, verso aprile. Ma non è il sole a svegliarmi, è un fastidioso ronzio di macchine in azione sul prato davanti casa. Mi affaccio, sì, eccoli, sono loro, gli assassini, organizzati su macchine della morte con i paraorecchi per proteggersi dal rumore - dal blog di Maurizio Corrado su Casa&Design di Repubblica.it del 01.07.2013
16 July, 2013
Maurizio Corrado
Assassini, pensai. Poi ci ripensai e non mi sembrò più così esagerato. Anzi. È il termine più corretto per chi uccide. Che siano umani, animali, piante, si tratta sempre di uccidere una vita. Erano un gruppo di fiori gialli alti, quelli che crescono a settembre di fianco ai fiumi, quella volta erano cresciuti di fianco a una strada, al lato di una curva, non solo non davano fastidio a nessuno, ma mi piacevano e credo anche a molti altri, li vedevo ogni mattina, poi una mattina non c‘erano più. Al loro posto, cadaveri secchi sparpagliati sul terreno, come dopo un massacro. Perché? Perché pagare qualcuno per ucciderli? Che vantaggio ne avrebbe tratto il mandante?
Quest’anno la primavera è arrivata un po’ tardi, ma alla fine ecco il primo giorno di sole, verso aprile. Ma non è il sole a svegliarmi, è un fastidioso ronzio di macchine in azione sul prato davanti casa. Mi affaccio, sì, eccoli, sono loro, gli assassini, organizzati su macchine della morte con i paraorecchi per proteggersi dal rumore assordante che tutti gli altri devono invece subire. In nome di cosa? Ma certo. Il necessario, imprescindibile, irrinunciabile e sacrosanto sfalcio dei prati. Pareva non vedessero l’ora. Appena il sole ha fatto capolino, eccoli lì presenti a sfalciare ogni cosa, non sia mai che qualche filo d’erba cresca troppo e crei insuperabili, insondabili e misteriose problematiche. È ormai un’abitudine, qualcosa di ovvio, non ci si chiede neanche perché i prati debbano essere regolarmente trasformati in sterpaglia secca invece di essere lasciati in pace insieme a tutti gli esseri che li vivono. Ci vuole proprio qualcuno che non abbia altro da fare che farsi delle domande stupide e banali come questa: perché i prati devono essere sfalciati? Perché l’unico verde che ho vicino casa deve essere trasformato con costanza maniacale in una distesa di cadaveri secchi?
Mentre camminavo su quello sfacelo, parola che assomiglia sinistramente a sfalcio, ho fatto due ragionamenti, mica tanti, solo un paio di considerazioni. Lo sfacelo dei prati produce:
- inquinamento sonoro, non sottovalutiamo mai l’ambiente sonoro della nostra vita
- inquinamento atmosferico, le macchine in azione per ore scaricano nell’aria che poi respiriamo quantità imprecisate di anidride carbonica
- costo per l’amministrazione e di conseguenza per ogni cittadino
- costo d’acquisto dei macchinari
- annientamento della fauna che vive nel prato
- impossibilità di uso effettivo dello spazio trasformato in una distesa di paglia secca
- aumento del calore prima mitigato dalla presenza vegetale
Ne pensai anche altre che ora non ricordo, ma bastano queste per domandarsi se vale la pena subire tutti questi danni e costi per ottenere uno spazio morto dove prima c’era un prato. Certo, probabilmente la ragione ultima sta nel solito guadagno che qualcuno deve portare a casa. A casa sua, naturalmente.
Poi ebbi una visione assurda: vidi i resti dello sfalcio presi e portati da qualche parte a formare un compost che poi veniva rivenduto ai gestori del parco come concime, in sostanza una cosa che era già lì gratis nel posto giusto veniva tolta e poi riportata lì e fatta pagare. Geniale. Un vero sfalcio dell’intelligenza.
Non essendo un agronomo mi sono detto: evidentemente c’è qualcosa che non so, ci dev’essere un motivo che non conosco, che sicuramente i tecnici mi sapranno spiegare, ma, interrogati in proposito, quasi tutti i tecnici mi hanno dato risposte vaghe, come se la domanda fosse assurda, ho avuto l’impressione che lo sfalcio dei prati non sia un’opinione ma un postulato, qualcosa che sta prima del ragionamento, c’è e basta, si deve fare perché il prato sta meglio. Mi hanno fatto venire in mente i ragionieri quando chiedevo il senso dell’IVA e mi sentivo rispondere: è un prestito che lo Stato ti fa. Convinti.
Poi altri, fra i paesaggisti, mi hanno dato una speranza. Pare io non sia l’unico pirla a farsi certe domande, anzi, pare esista un nutrito movimento specialmente in Nord Europa che sta facendo una battaglia per ridurre questa azione giudicandola per lo meno eccessiva. Anche nei nostri comuni qualcuno avanza esperimenti, in certe zone invece di sfalciare tutto si fanno prove di sfalcio ridotto, ma pare rimangano esperimenti isolati e presi come curiosità. Come sempre, è bene prendere coscienza, chiedersi perché, e perché no, agire. Proposte?
Su sfalci, potature e la salvaguardia della biodiversità leggi anche il blog di Anna Mannucci e l'intervento dell'autrice sul Corriere della Sera