Energia, Amburgo verso la gestione pubblica della rete: intervista a Karl-Ludwig Schibel (Alleanza per il Clima)
La popolazione di Amburgo si è recentemente espressa a favore di un ritorno alla gestione pubblica della rete cittadina di distribuzione dell'energia. Quali sono le implicazioni ambientalied economiche di questa scelta? Si potrebbe pensare a una situazione simile anche in Italia? Eco dalle città lo ha chiesto a Karl-Ludwig Schibel, coordinatore di Alleanza per il Clima Italia
30 September, 2013
La popolazione di Amburgo si è recentemente espressa a favore di un ritorno alla gestione pubblica della rete cittadina di distribuzione dell'energia. Quali sono le implicazioni ambientali di questa scelta? E quali quelle economiche? Si potrebbe pensare a una situazione simile anche in Italia? Eco dalle città lo ha chiesto a Karl-Ludwig Schibel, coordinatore di Alleanza per il Clima Italia, sociologo ed esperto di temi ambientali ed energetici.
Professore, ci spiega quello che sta accadendo?
Ad Amburgo, come in altre zone della Germania, si sta verificando un progressivo ritorno alla gestione pubblica delle reti elettriche. La tendenza, in pratica, è quella di ristabilire la situazione che esisteva fino agli anni '90 del Novecento, quando le varie città avevano le proprie centrali e le relative reti di distribuzione, nell'ambito di un sistema energetico di tipo decentrato. Poi, vista la necessità di fare cassa, i comuni si trovarono costretti a vendere i “gioielli nel cassetto”, cedendo ai grandi gruppi del settore energetico - come E.on e Vattenfall, nel caso di Amburgo - sia le centrali che le reti. Adesso si assiste al processo inverso, con molte amministrazioni che stanno riacquistando quello che avevano venduto allora. Circa 150 città di dimensioni medio-piccole hanno già ri-municipalizzato la rete di distribuzione, e anche Berlino si sta muovendo nella stessa direzione.
Cosa si è votato lo scorso 22 settembre ad Amburgo?
L'ammissibilità di un referendum, da celebrarsi entro i prossimi 2 mesi, che dovrà stabilire il ritorno nelle mani del Comune della rete di distribuzione dell'energia. I sì hanno vinto grazie al sostegno di una piattaforma ampia e molto variegata, che comprende, ad esempio, l'associazione ambientalista BUND (Friends of the Earth Germania, ndr), che lì è molto forte, il gruppo Robin Wood, ma anche la Chiesa Protestante e l'associazione dei consumatori. Non la solita banda di ambientalisti, insomma. La forza e la varietà dei sostenitori del referendum ha permesso la vittoria dei sì, nonostante la posizione piuttosto ambigua dei Socialdemocratici, che pure hanno vinto a mani basse le elezioni amministrative.
Ambigua in che senso?
Inizialmente il partito si era detto favorevole a una ri-municipalizzazione del 100% della rete di distribuzione dell'energia, ma poi, a causa delle pressioni esercitate dalle aziende energetiche, ha rivisto la propria posizione, dichiarandosi soddisfatto dell'acquisto, avvenuto già in campagna elettorale da parte della precedente amministrazione, di appena il 25,1% della rete. A questo punto, la celebrazione del referendum e la praticamente certa vittoria dei sì rappresenterebbero una figuraccia per entrambi, tanto che è possibile che la nuova amministrazione socialdemocratica e le aziende energetiche si accordino prima per la cessione, evitando del tutto l'apertura delle urne.
Ma se i privati si rifiutassero di vendere?
Non possono. Non conosco nel dettaglio gli aspetti legali della questione, ma le aziende sono obbligate a vendere se il Senato di Amburgo, che oltre che una città è anche un Land, avanza loro una proposta corrispondente a un determinato valore che dovrà essere stabilito secondo determinati parametri.
Di che cifra stiamo parlando?
Difficile dirlo con precisione, ma il 25,1% già riacquistato dalla città è costato 543,5 milioni di euro. Considerando che ogni anno la gestione della rete rende 450 milioni, si capisce perché i privati non vorrebbero dover vendere.
Numeri importanti, comunque, soprattutto per un'amministrazione comunale...
Sì, ma tutti sono d'accordo che non ci saranno problemi nel finanziare il riacquisto e che non ci sarà alcuna ricaduta sul bilancio comunale, anche perché l'amministrazione può accedere a forme di finanziamento simili a quelle erogate in Italia dalla Cassa Depositi e Prestiti.
Ma quali sono le ragioni che spingono alcuni gruppi ambientalisti ad appoggiare il processo di ri-municipalizzazione delle reti?
Alla base c'è il desiderio di una svolta energetica dal basso, basata su un sistema di generazione distribuito alimentato il più possibile dalle rinnovabili. In quest'ottica, la rete di distribuzione locale riveste un ruolo chiave nel garantire la sicurezza dell'approvvigionamento energetico, oltre che nel permettere il passaggio a un sistema basato su reti intelligenti o smart grids. Va detto, comunque, che non il mondo ambientalista non è unanime: per alcuni risulta vincente un modello opposto, che prevede la produzione di energia rinnovabile concentrata in grandi impianti, come le centrali eoliche off-shore in Scandinavia o quelle solari del progetto Desertec in Nord Africa, e la distribuzione affidata a grandi “autostrade dell'energia”. L'esatto contrario del concetto di rete locale a gestione pubblica.
Sarebbe immaginabile un processo simile anche in Italia?
Confesso di non conoscere altrettanto bene la situazione italiana, ma di certo di sono delle differenze importanti. A cominciare dal fatto che la rete di distribuzione è affidata a un solo gestore a livello nazionale, Terna.