Torino: negozio che vai, differenziata che trovi. A Vanchiglia, campo d'azione delle Sentinelle dei Rifiuti
In uno dei quartieri torinesi che può “vantare” il bollino nero sulla differenziazione dei rifiuti cerchiamo di capire il perché di questo scarso impegno da parte di cittadini e commercianti. Lo facciamo chiedendolo direttamente a loro. Quello che emerge dalle loro risposte è sorprendente
21 October, 2013
Luca Schilirò
Negozio che vai, differenziata che trovi. Siamo a Vanchiglia, in uno dei quartieri torinesi che può “vantare” il bollino nero sulla differenziazione dei rifiuti (la media, infatti, si aggira intorno al 29,5% contro il 42 a cui viaggia l’intero capoluogo torinese). Cerchiamo di capire il perché, di questo scarso impegno da parte di cittadini e commercianti. Lo facciamo chiedendolo direttamente a loro. Quello che emerge dalle loro risposte è sorprendente.
Tutti, ma proprio tutti, lamentano la difficoltà nel differenziare i rifiuti. Il motivo? Ci sono, a detta dei vanchigliesi, troppi pochi bidoni, soprattutto per la plastica. Ma quello che stupisce è che, partendo da questo assunto condiviso, ognuno reagisca poi in modo diverso.
C’è Maurizio, titolare della tabaccheria di via Tarino 11, che si impegna per differenziare il più possibile. “Sento tutti lamentarsi del fatto che c’è immondizia ovunque – inizia –. Io devo dire che, dal mio punto di vista, si è già fatto un grosso passo avanti rispetto al passato. Soprattutto grazie al servizio Cartesio: da me vengono due settimane a prendere la carta, io differenzio fino all’ultimo foglio”. La tabaccheria produce anche parecchia plastica: “In questo caso non c’è il servizio porta a porta. Ma ciò non rappresenta un grosso problema. Durante il giorno riempio il mio sacco con la plastica, poi vado a svuotarlo nel bidone che si trova a un isolato da qua”.
C’è Gabriele, che con la moglie gestisce un negozio di cornici e stoffe in via Santa Giulia 21bis. I due coniugi sono a conoscenza del “bollino nero” del quartiere Vanchiglia in fatto di differenziata. Ma così è, che ci possono fare loro? “Noi differenziamo il vetro che produciamo. Ma per il resto, plastica e indumenti usati, non abbiamo alcun bidone vicino. Non c’è, e non andiamo certo a cercarlo. Abbiamo anche da pensare al nostro lavoro”.
C’è Enzo, titolare del ristorante Cala la Pasta, in via Santa Giulia. Ricicla cartone e vetro, quando è particolarmente in giornata di grazia anche la plastica. E l’organico? Un ristorante ne produce a quintali, per forza di cose. “L’organico lo buttiamo insieme a tutto il resto. Non c’è alcun bidone marrone, qui intorno. Lo faremmo volentieri, se solo ne avessimo la possibilità. Eviteremmo anche quell’odore insopportabile che si crea, soprattutto d’estate”.
Qui, puntuali, entrano in scena le Sentinelle dei Rifiuti. Fanno notare a Enzo che il bidone dell’umido si trova a nemmeno 100 metri dal ristorante, appena “dietro l’angolo”. “Ok, ora che lo so mi comporterò diversamente. Sono favorevole alla raccolta differenziata, e a tutte le iniziative utili a incrementarla”.
C’è Antonio, che in largo Montebello gestisce il Caffè Leo. “Vetro e plastica li differenziamo quasi sempre, abbiamo i bidoni abbastanza vicini al bar. Capita spesso però, soprattutto nel caso del vetro, di trovare il cassonetto stracolmo. Ci vorrebbe una copertura maggiore”. Basterebbero più bidoni, quindi? “No, sicuramente il problema principale è quello di abituare le persone. Una volta si buttava tutto insieme, noi siamo cresciuti con questo insegnamento. Bisognerà aspettare, e sarà certamente un processo lungo. In questo, le nuove generazioni dovrebbero e potrebbero insegnare alle più vecchie”.
Incredibile rilevare le profonde differenze di approccio all’argomento. Incredibile rilevare la disponibilità (o la non disponibilità) a cambiare atteggiamento di fronte al problema. Di lavoro ce n’è da fare ancora molto, come testimoniano anche le interviste fatte ad alcuni cittadini residenti in zona Vanchiglia.
“Io spero di cuore che la raccolta porta a porta non arrivi qui a Vanchiglia –dice convinto Salvatore, 42 anni, residente a due passi da Largo Montebello–. Sono convinto che la differenziata non porti a nulla di buono: noi potremmo anche sforzarci di separare l’immondizia, ma poi in discarica tanto buttano tutto assieme. E allora è inutile. Io, personalmente, sono molto scettico”. Un po’ meno negativo Francesco, vanchigliese anche lui, che di anni ne ha 38 e che vede molta “cattiva abitudine nella gente della zona", ma conserva "la speranza che qualcosa migliori. Però è evidente che ci sono troppi pochi bidoni in giro, destinati alla differenziata. Se io sono già sceso di casa per buttare l’immondizia, e trovo il cassonetto del vetro pieno zeppo, lo butto nell’indifferenziato. Qua funziona così”.
Gianfranco, 45enne residente in via Santa Giulia, e attualmente in cassa integrazione, nutre forti dubbi soprattutto sulla differenziazione dell’organico. “Non sappiamo bene come comportarci, cosa possiamo buttare e cosa no. C’è poca informazione, se abbiamo domande non sappiamo a chi rivolgerci”.
Quasi come se la raccolta differenziata fosse un corpo estraneo, un ente misterioso difficile da capire e da comprendere. Un motivo in più per impegnarsi a far cambiare loro idea.