Referendum per la ri-comunalizzazione dell'energia a Berlino, i risultati
Per un pelo non si arriva al quorum necessario, ovvero al 25% di sì sull'intero corpo elettorale. Tra i votanti l'80% favorevole. Il sindaco socialdemocratico: premiata la nostra linea equilibrata. La differenza con Amburgo
04 November, 2013
di Guiomar Parada
Il referendum a Berlino per riportare sotto controllo pubblico le reti elettriche e per la creazione di una azienda elettrica pubblica in grado di produrre energia con fonti rinnovabili non ha superato il quorum per meno di 21.000 voti. Ha votato Sì l’83% dei votanti, ma per raggiungere il quorum, ovvero il 25% di voti favorevoli sui 2,5 milioni di aventi diritto, ne occorrevano circa 625.000, di voti. Il sì ha portato a casa il 24,1% degli aventi diritto. A Berlino è andata quindi diversamente che ad Amburgo, dove si è tenuto un referendum simile contestualmente con le elezioni di settembre, e quindi non ci sono stati problemi di quorum. Ad Amburgo i si all'iniziativa ecologista- sociliazzatrice erano stati però di poco superiore ai no,( 50,9% contro 49,1 ) ma come abbiamo detto la contemporaneità con le politiche ha favorito la partecipazione.
Alle urne si sono recati quindi 727.500 berlinesi, leggasi: il tema dell’energia tocca una corda sensibile dei tedeschi. Da quando dopo Fukushima Angela Merkel ha deciso di dismettere il nucleare, avviando la cosiddetta “svolta energetica”, l’elettricità è diventato un bene prezioso e, soprattutto, costoso. Tra la fascia più povera della popolazione, che è consistente anche se la narrazione dell’Unione cristiano democratica di Merkel non ama menzionarla, molti tedeschi, e berlinesi, sono costretti a risparmiare elettricità al punto di vivere più al buio di prima. La sinistra, Verdi e Linke, continua a chiedere quindi una politica energetica “sociale”, oltre che, ovviamente, sostenibile dal punto di vista ambientale.
Ad Amburgo il referendum è passato con il 50,9% dei voti, ma il quorum richiedeva soltanto un 20% di Sì. E, inoltre, a Berlino si è creata una notevole confusione tra la linea sostenuta dai promotori del referendum, il Tavolo per l’energia, e quella dei socialdemocratici, cui appartiene anche il sindaco, che fanno parte della coalizione di governo del Land Berlino assieme alla Cdu di Merkel.
A ottobre, il Senato di Berlino ha approvato una legge per la creazione anche in questo caso di una azienda per l’energia cittadina, ma che diversamente da quella voluta dai referendari, non acquisterà energia da terzi (come nel modello Amburgo) ma solo gestito l’energia prodotta in proprio da fonti rinnovabili al 100%. La legge approvata dal Senato prevede che questa società pubblica sia inglobata nell’Azienda berlinese per la gestione dell’acqua già esistente.
IL progetto del Tavolo referendario era più ambizioso. Prevedeva innanzitutto una società pubblica autonoma. Con l’obiettivo di contrastare quella che i tedeschi chiamano la “povertà energetica”, e seguendo il principio di una “energia sociale” come funzioni, la nuova azienda avrebbe anche fornito riscaldamento a distanza, consulenze per il risparmio energetico e promosso/reso accessibile il rinnovamento del parco di elettrodomestici privato per un minore consumo di energia e a un prezzo più ragionevole per i consumatori. In più, il referendum chiedeva il controllo sulle decisioni dell’azienda da parte dei cittadini con un numero di firme di 3000 o 5000 secondo la materia, e voce in capitolo per i berlinesi quanto all’elezione del consiglio di amministrazione.
Durante tutta la giornata il saluto immancabile delle persone a Berlino era stato: “Sei già andato a votare?” E la risposta più frequente è stata “Non so ancora se vado”. Alle 20.00, la responsabile dell’Ufficio elettorale ha comunicato che anche considerando i voti per posta, il quorum non sarebbe stato raggiunto. Tra i sostenitori che aspettavano ansiosi in piazza il risultato, la delusione è stata forte. Nella campagna partita subito dopo le elezioni nazionali federali di settembre, i conservatori della Cdu si erano schierati per il No, temendo una struttura che avrebbe esposto Berlino “al rischio di perdere miliardi” di euro. A caldo dopo il voto, la senatrice Cdu per l’energia, Cornelia Yzer ha dichiarato al Tagespiegel che spera che i cittadini proseguano nel loro impegno perché “in materia energetica le questioni vanno ben oltre il tema della ri-pubblicizzazione”.
Anche l’Spd, promotrice della legge approvata a ottobre, ha dichiarato per voce del sindaco Klaus Wowereit , che l’insuccesso del referendum conferma che “le berlinesi e i berlinesi riconoscono come valide le iniziative [dell’Spd] portate avanti finora per una politica energetica sostenibile, evitando però di incorrere in rischi economici inaccettabili”.