Rapporto Germanwatch-Legambiente sui cambiamenti climatici: l'Italia migliora, ma non basta
Presentata a Varsavia la classifica di Germanwatch, il rapporto annuale sulla performance climatica dei vari paesi. Progressi per l’Italia, che si piazza al 18° posto in classifica, risalendo di tre posizioni. Legambiente: “Buoni i passi avanti fatti dalla Penisola, ma è necessario mettere in campo un’ambiziosa politica climatica ”
21 November, 2013
Piccoli ma importanti passi avanti. Nella lotta ai cambiamenti climatici l’Italia migliora la sua performance passando dal 21° posto dello scorso anno al 18° di quest'anno nella classifica del rapporto annuale di Germanwatch, realizzato in collaborazione con il Climate Action Network (CAN) e Legambiente per l'Italia. Un risultato importante quello ottenuto dalla Penisola che è riuscita a ridurre le emissioni grazie al prezioso contributo delle fonti rinnovabili e dell'efficienza energetica, ma anche grazie alla crisi economica che ha investito il Paese. L'Italia tuttavia continua ad essere negli ultimi posti (50°) della classifica per quanto riguarda la sua politica climatica, che rimane il tallone d’Achille su cui lavorare per un concreto e produttivo cambiamento.
“La grande sfida che ha di fronte l’Italia - dichiara Mauro Albrizio, responsabile Politiche Europee di Legambiente - è quella di riuscire a mettere in campo un'ambiziosa politica climatica in grado di rendere strutturali le significative riduzioni delle emissioni dovute alla recessione economica di questi ultimi anni e superare la doppia crisi economica e climatica investendo nella green economy come sta facendo il Portogallo”.
Tornando alla classifica della Germanwatch, anche quest’anno non sono state assegnate le prime tre posizioni della classifica. Nessun paese sino ad ora ha messo in campo politiche in grado di contribuire seriamente vincere la sfida climatica. Le emissioni hanno raggiunto un nuovo picco a livello globale. Tuttavia il rapporto evidenzia un segnale di speranza. Per la prima volta si registra un rallentamento della crescita delle emissioni. La Danimarca conferma il suo 4° posto continuando a migliorare la sua performance sia per quanto riguarda la riduzione delle emissioni sia lo sviluppo delle rinnovabili e dell'efficienza energetica. La Germania, invece, per la prima volta non si classifica tra i primi dieci paesi e si piazza al 19° posto, subito dopo l’Italia. Una posizione dovuta alla retromarcia nelle sue politiche climatiche, che ha messo in discussione la sua leadership a livello europeo. Il governo tedesco ha fortemente ostacolato la riforma dell'ETS - il sistema europeo di scambio delle emissioni architrave della politica climatica comunitaria - per difendere le sue imprese energivore. E a livello nazionale il suo ambizioso programma di transizione energetica segna preoccupanti passi indietro.
Bene anche il Portogallo che ha utilizzato le riduzioni dovute alla recessione economica investendo sulla green economy e nella classifica del Germanwacth ottiene il 6° posto in classifica, nonostante alcuni segnali contraddittori nell'azione di governo degli ultimi mesi. Segnali positivi anche dalla Cina, principale responsabile delle emissioni di gas-serra, che continua a risalire nella classifica posizionandosi al 46° posto. La Cina, dopo un periodo di forte aumento, ha infatti rallentato la crescita delle emissioni disaccoppiando l'aumento del PIL da quello delle emissioni grazie agli ingenti investimenti nelle rinnovabili e alla riduzione del ricorso al carbone per risolvere il problema del forte inquinamento atmosferico in molte sue città. Un leggero miglioramento anche per gli Stati Uniti, che si confermano al 43° posto con una riduzione delle emissioni soprattutto nel settore energetico e nei trasporti, grazie a politiche climatiche più incisive con misure a favore delle rinnovabili e l'introduzione di nuovi standard di emissione per le centrali a carbone e le auto.
Il rapporto evidenzia, infine, il venir meno della leadership europea dovuto non solo alla "retromarcia tedesca", ma anche al veto sistematico della Polonia, utilizzato come alibi dagli altri governi europei, a politiche climatiche ambiziose. “I prossimi giorni qui a Varsavia – continua Albrizio - devono segnare un punto di svolta per l'Europa, che ancora una volta si trova a dover giocare un ruolo cruciale come quello svolto in passato per l’adozione del Protocollo di Kyoto. Senza una forte leadership europea la strada che da Varsavia porta a Parigi rischia di essere pericolosamente in salita”.