Vendola su Ronchi che avrebbe decretato già nel 99 il limite di 0,1 ng per la diossina
"In realtà il d.lgs 372/1999, recependo la normativa comunitaria in materia di AIA, all’art. 3, comma 2, disponeva che gli impianti esistenti si sarebbero dovuti sottoporre ad AIA recependo le migliori tecniche disponibili (le BAT). Ma nessun governo successivo le ha definite"
25 November, 2013
«Le osservazioni tecniche – ha dichiarato Nichi Vendola - contenute nella Relazione presentata il 20 novembre in Consiglio Regionale non volevano sviluppare polemiche retrospettive, ma ricostruire una dinamica legislativa e regolamentare che chiunque - con un po’ di pazienza – potrebbe ricavare su un qualsiasi manuale di diritto ambientale. L’on. Ronchi (ora subcommissario dell’ILVA) sostiene che è stato il ‘suo’ d.lgs. 372/1999 a fissare il limite di emissione delle diossine a 0,1 nanogrammi per normalmetrocubo (ng/nmc teq) per i grandi impianti industriali, come l’ILVA.
Non siamo d’accordo con questa interpretazione. In realtà il d.lgs 372/1999, recependo la normativa comunitaria in materia di AIA, all’art. 3, comma 2, disponeva che gli impianti esistenti si sarebbero dovuti sottoporre ad AIA recependo le migliori tecniche disponibili (le BAT). Era compito dei Ministeri competenti di definire Linee Guida contenenti le BAT.
Fermo restando quindi che la norma Ronchi non prevedeva alcun limite di emissione (controllate qui), essa obbligava i Ministeri ad una attività preliminare. Il Governo invece di svolgere tale attività, nel 2005 con un successivo D.Lgs. (il 59/2005) abrogava il 372/1999. E sempre nel 2005 finalmente predisponeva le Linee Guida che prevedevano per le emissioni il raggiungimento in condizioni normali di una concentrazione di diossine uguale o inferiore a 0,5 ngTEQ/Nmc. Si sottolinea 0,5 e non 0,1 e comunque applicabile solo attraverso una AIA.
Ma all’epoca l’ILVA non aveva l’AIA ed anzi le cose andavano per le lunghe. Per questo si spiega come per la Regione Puglia diventò fondamentale intervenire direttamente con la famosa Legge Regionale anti-diossine. E’ stato quindi per merito della Legge Regionale che all’appuntamento AIA del 2011 l’ILVA sia arrivata con un impianto di agglomerazione con limiti emissivi su standard accettabili. Se non ci fosse stata la legge antidiossine, si sarebbe partiti da un potenziale 10.000 ng/nmc per arrivare chissà quando agli obiettivi.
Questo è il diritto. E la Regione è ovviamente sempre disponibile ad un confronto tecnico con il subcommissario Ronchi, quando lo vorrà. E’ chiaro tuttavia che se fosse giusta l’osservazione dell’on. Ronchi non si capisce come mai il Ministero dal 1999 ha consentito all’ILVA e a tutte le grandi aziende industriali di superare il limite di 0,1 ng/nmc. Ma alla comunità pugliese e tarantina interessano anche i propositi che emergono dalle tesi di diritto, anche quando esse sono opinabili. Siccome il subcommissario sostiene che “le BAT consentivano e consentono di arrivare a 0,1 ng/nmc”, ci aspettiamo che il subcommissario (che rappresenta lo Stato nella gestione ambientale dello stabilimento) presenti immediatamente al Ministero una variazione migliorativa dell’AIA per scendere dal valore previsto nell’AIA Clini di 0,3 ng/nmc a quello da lui indicato come standard raggiungibile di 0,1 ng/nmc. In ogni caso, sarà cura della Regione Puglia di segnalare tale osservazione e sostenere questa tesi - pure se formulata a mezzo stampa - al Ministero dell’Ambiente ed al Comitato di Esperti in vista dell’approvazione del Piano delle Misure. Una volta tanto saremmo d’accordo nell’interesse dei pugliesi e della loro salute».
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