Smog: “aerosol al Pm10” per valutare i danni sulla salute?
Una tecnologia capace di isolare il particolato dagli altri inquinanti atmosferici, nebulizzarlo e somministrarlo senza “elementi di disturbo” nel corso di un esperimento clinico: è la scoperta del laboratorio Siad di Bergamo, che potrebbe rivelarsi di grande aiuto nello studio del danno sanitario causato dallo smog
10 February, 2014
Studi epidemiologici e statistiche sulle correlazioni tra l’inquinamento atmosferico e l’insorgenza di patologie abbondano ormai in quasi ogni settore della ricerca medica. Negli ultimi anni sono stati pubblicate ricerche che mettevano in relazione lo smog con il cancro ai polmoni, con le disfunzioni respiratorie, con la trombosi, con l’infarto e perfino con il diabete. Ad ottobre del 2013 l'International Agency for Research on Cancer, agenzia specializzata dell'Organizzazione Mondiale per la Sanità, ha inserito l’inquinamento atmosferico nella classifica degli agenti “sicuramente cancerogeni per gli esseri umani”, applicando oltretutto la definizione anche alle polveri sottili, considerate cancerogene anche indipendentemente dagli altri inquinanti.
La decisione venne presa proprio sulla base della considerazione che oramai, dopo anni di studi, l’evidenza della correlazione fosse tale da rendere obsoleta e irrealistica l’idea che la responsabilità del particolato non fosse dimostrabile. "Ci sono sufficienti prove scientifiche che ci consentono di affermare che l'esposizione alle sostanze inquinanti presenti in atmosfera causano il cancro ai polmoni e aumentano il rischio di sviluppare altri tipi di tumori" avevano dichiarato gli esperti dello Iarc in una nota ripresa da tutti i media internazionali. (IARC: Outdoor air pollution a leading environmental cause of cancer deaths)
E tuttavia, esperimenti diretti su un organismo, che abbiano per oggetto le conseguenze di Pm10 e Pm2.5 isolati dal contesto atmosferico in cui si trovano naturalmente, non sono ancora stati divulgati. L’Eco di Bergamo riporta però un’interessante notizia, che ha per oggetto il lavoro di un laboratorio situato nella medesima città, dove un gruppo di ricercatori chimici esperti in gas (Siad), ha messo a punto una nuova tecnologia, fino ad ora mai sperimentata secondo quanto dichiarato dal gruppo, per la valutazione delle conseguenze sanitarie.
Al centro del metodo su cui sta lavorando da un anno e mezzo il laboratorio (guidato da Giorgio Bissolotti) si basa su dei filtri in grado di isolare il particolato atmosferico dagli altri inquinanti, per poi nebulizzarlo e somministrarlo senza “elementi di disturbo” nel corso di un esperimento clinico condotto nei laboratori.
In questo modo, secondo i ricercatori, sarà possibile determinare con maggior precisione l’effetto delle polveri sugli organismi, dimostrandone – non solo più a livello statistico – le conseguenze nefaste per la salute. Una scoperta che potrebbe portare un contributo di notevoli dimensioni sotto molti punti di vista: medici, scientifici, ma anche normativi: per quanto i dati già in possesso fino ad ora dovrebbero essere sufficienti a far rispettare i limiti imposti dalle direttive, la misurazione esatta degli effetti sulla salute a diverse soglie di esposizione e concentrazione sarebbero certamente un incentivo non trascurabile. Aggiornamenti sul tema in arrivo al più presto.
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