“Basta buste di plastica” L’Europa alla crociata della spesa che inquina
In arrivo la messa al bando. Ma c’è chi bluffa sugli eco- shopper - da La Repubblica del 28.02.2014
28 February, 2014
Il Presidente di Slow Food Carlo Petrini espone il suo punto di vista sulla questione del bando dei sacchetti dalle pagine di Repubblica. Di seguito il testo dell'articolo. Di parere avverso, il sito americano Bag The Ban, che presenta invece un'infografica in cui spiega le proprie ragioni di opposizione ai bandi: The Truth About Plastic Bags
di Carlo Petrini
Le buste di plastica sembrano avere i giorni contati. Il prossimo 10 marzo, il Parlamento europeo voterà una direttiva per la loro sostanziale messa al bando e chiederà agli Stati membri di decidere in tempi certi le strategie per arrivare al risultato. Un passo avanti, in un settore in cui l’Italia è all’avanguardia. Ma attenzione: la battaglia non è finita. Non tutti gli shopper definiti biodegradabili lo sono per davvero. Insomma, fatta la legge bisognerà vigilare perché qualcuno non si ingegni per trovare il relativo inganno. Nel 2010, dati Reuters, circa 100 miliardi le borse di plastica sono state impiegate in Europa: quasi 250 per abitante. Un mare di plastica (in massima parte polietilene) che dopo pochi minuti di utilizzo finisce nella spazzatura, con uno spreco che va al di là di quanto noi e il pianeta possiamo permetterci. La sostenibilità è una strada senza fine, ma certamente è inaccettabile che ci si fermi dopo avere mosso appena un passo o poco più. Quando il processo virtuoso è iniziato, bisogna andare fin dove è possibile, ovvero fin dove la tecnica e la scienza consentono di arrivare con sicurezza e benefici ambientali per tutti. Scienza e tecnica sono il frutto della civiltà e devono essere al nostro fianco perché possiamo progredire nell'unico modo sicuro e durevole: proteggendo il Pianeta che ci ospita.
Negli anni ’70, i sacchetti di polietilene hanno sostituito le buone abitudini famigliari (quelle di utilizzare le sporte di tela o vimini) per permetterci di portare a casa la spesa in modo leggero, resistente e soprattutto moderno. In breve tempo, i contenitori riutilizzabili divennero prerogativa di irriducibili nonne, che non si arrendevano alla comoda, igienica borsa, che per di più era offerta gratis. Ci vorrebbe un libro sul potere diseducativo che hanno certi concetti (igiene e gratuità) quando vengono decontestualizzati,trasformati in totem.
Un sacchetto monouso è sempre pulito certo, ma dopo il suo uso e la sua traduzione in immondizia, quanto sporca rispettoalla sporta riutilizzabile?Chi paga quel conto? Ebbene, in molti Paesi sono state adottate tecniche per porre un freno al numero di sacchetti 'usa e getta' (a proposito di parole terribili...): in Inghilterra, ad esempio, è stata introdotta una tassa per ogni borsa. Qui da noi dal 2011 il polietilene monouso è diventato fuorilegge. Questo ha provocato da un lato la sostituzione dei sacchetti in plastica con altri ecocompatibili e dall’altro, dato importante, il consumo dei “nuovi” sacchetti, benché fatti di bioplastica, è calato del 50 per cento. Quindi nonsolo siamo diventati più ecologici sotto il profilo dei materiali, ma anche dell'approccio.
Per di più, il bando della plastica ha portato attenzione (che vuol dire ricerca, scienza, tecnologia applicata ed economia) per i materiali a base di materie prime vegetali riproducibili (a differenza del petrolio). In questo modo sono nate le plastiche derivanti dal mais e nuovi polimeri si stanno sperimentando in molte nazioni, Italia compresa.
Purtroppo, come sempre, fatta la legge, sono anche nati i modi per aggirarla. Mentre in Gran Bretagna la plastica monouso continua a essere distribuita (le tasse non bastano: ci vuole il bando!), in Italia c'è chi fa buon viso al dovere ecologico ma studia il modo di non rispettarlo integralmente. Le buste di plastica con certificazioni fantasiose, che si spacciano per compostabili ma non lo sono, non solo non migliorano le cose, ma le peggiorano: convinto che la busta si decomponga la metto nella compostiera e così inquino terra, orto e cibo! Le finte certificazioni sono il massimo tradimento del dovere della sostenibilità, e come tale meritano il biasimo dell'opinione pubblica e le dovute sanzioni da parte delle autorità (anche per la concorrenza sleale alle vere plastiche compostabili). Certe deviazioni vanno stigmatizzate socialmente e punite penalmente per proteggere il germoglio nuovo che cresce nelle coscienze. Merita fiducia e aiuto un Paese, l’Italia, in cui i cittadini si sono dimostrati più acuti e avanzati anche di certi distributori: non si sono accontentati di passare a plastiche bio, ma sono tornati alle borse da riutilizzare o ai sacchetti di carta (+ 300 per cento per questi articoli, negli ultimi anni, secondo un'indagine Bocconi). Un segnale che fa ben sperare e che dimostra come i consumatori possano davvero cambiare il corso delle cose, quando il legislatore li indirizza con scelte oculate.
Il futuro non si può immaginare con sacchetti che vivono per secoli e nel frattempo inquinano e uccidono animali, in terra e in mare, quando non correttamente smaltiti. Abbiamo mosso i primi passi verso la sostenibilità con le plastiche (autenticamente) biodegradabili e abbiamo visto che i risultati positivi non si limitano a un cambio di materiale. È davvero il caso di continuare senza esitazioni ad essere un buon esempio per l'Europa.