Rifiuti milanesi: abbiamo raccolto perché si è seminato
Per l’Expo Milano si candida a diventare la "capitale della differenziata", una ambizione importante che richiede un allargamento ulteriore dello sguardo coerente con “Nutrire il Pianeta-Energia per la vita”, soprattutto nella lotta allo spreco alimentare - di Fiorello Cortiana, da ArcipelagoMilano.it del 10.06.2014
10 June, 2014
di Fiorello Cortiana
Una buona notizia, Milano primeggia in Europa nella raccolta differenziata. A Milano nel 2013 sono stati 149 i Kg per abitante di raccolta differenziata, 123 a Vienna, 117 a Monaco, 105 a Berlino e 76 a Parigi. In particolare è significativa la tendenza incrementale: nel 2012 la percentuale di rifiuti differenziati era del 36,7%, nel 2013 ha raggiunto il 42,5% e nel mese di gennaio 2014 il 48,3%, più 7% rispetto al gennaio 2013. L’estensione della raccolta dell’umido nelle diverse zone della città ha dato un contributo significativo alla quantità di raccolta differenziata e l’estensione della raccolta a tutta la città entro l’anno prefigura il superamento del 50%.
La ricerca 2013 condotta da Unioncamere e Symbola ha messo in luce la leadership italiana nell’industria del riciclo europea, oltre metà delle tonnellate di rifiuti riciclabili raccolti in Italia è costituita dalla differenziazione di rifiuti solidi urbani, quelli che fino a metà degli anni ’90 andavano in discarica o negli inceneritori. Un saldo doppiamente positivo per la disponibilità al riutilizzo di materie prime seconde e per il risparmio energetico primario che nel 2013 è stato di 15 Mln di TEP: meno emissioni di CO2 nell’aria, 55 Mln di Tonnellate, e minori costi. Anche questa è Green Economy, che prende corpo in filiere nuove a partire dalla ricerca dedicata. Per l’Expo del 2015 Milano si candida a diventare la ‘capitale della differenziata’, una ambizione importante che richiede un allargamento ulteriore dello sguardo coerente con “Nutrire il Pianeta-Energia per la vita”. Sarà necessario fare tesoro del principio delle 4 R -riduzione, recupero, riuso, riciclo – introdotto in Italia dagli ecologisti al governo, prima in Lombardia nel 1993 e poi a livello nazionale con il Ddl 22/97 (“Decreto Ronchi”).
La distribuzione di sacchetti di compost, prodotto dalla raccolta dell’organico, da parte dell’AMSA alla Fabbrica del Vapore nella giornata Milano Recycle City è importante perché consente a molti cittadini di avere una percezione più ampia e concreta del ciclo dei rifiuti secondo il principio delle 4 R e apprezzare così la necessità di conferire il rifiuto organico negli appositi bidoni solo utilizzando esclusivamente sacchetti biodegradabili e compostabili. Se si vuole compost di qualità, occorre produrlo con materiale coerente e di qualità. Guardare alla realtà quotidiana e al ciclo delle materie secondo il principio delle 4 R richiede un cambiamento significativo.
Innanzi tutto occorre avere una visione ampia quanto la costituente Città Metropolitana, quindi pretendere che la sua organizzazione sia funzionale al cambiamento. Il territorio della attuale Provincia di Milano rappresenta il 31,8% della popolazione della Regione Lombardia, l’11,4% della popolazione del Nord Italia e il 5,2% della popolazione nazionale. Secondo il Rapporto Rifiuti 2012 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) il valore medio provinciale di produzione pro-capite è inferiore di 50 kg/ab rispetto al Nord Italia e al dato nazionale. Sotto l’effetto della recessione strutturale, l’elevata densità insediativa di attività commerciali, di servizio e produttive caratteristica del territorio milanese non determina, rispetto agli altri contesti, livelli di produzione pro-capite di rifiuti urbani particolarmente elevati e nel 2011 c’è una contrazione della produzione di rifiuti sia in Provincia sia in Regione.
Guardiamo ancora più in là: ogni giorno finiscono nelle discariche italiane 4 mila tonnellate di alimenti acquistati e non consumati. Il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della verdura e della frutta. Ognuno in un anno butta circa 27 Kg di cibo commestibile, più di 500 euro di spesa. I supermercati eliminano circa 170 tonnellate all’anno di cibo perfettamente consumabile: alimenti ancora sigillati che sono stati ritirati dagli espositori perché dopo due giorni scadono, o perché la confezione ha dei difetti nel marchio o nell’etichetta, perché non è più di moda, o ancora perché l’alimento è esteticamente troppo maturo, come le banane con la buccia a macchie marrone.
Il cibo ancora buono da mangiare che diventa rifiuto per i supermercati e per noi consumatori è, però, solo l’ultimo dei passaggi: il cibo di scarto nasce già mentre viene prodotto, poiché il margine di guadagno sarebbe troppo basso così non viene raccolto. Circa il 15% dell’intero raccolto di zucchine diventa rifiuto. Un altro 10-15% viene scartato per questioni estetiche: arriviamo così al 30% del cibo prodotto che diventa scarto. Con ciò che scartano la grande distribuzione e i consumatori finali si raggiungono 6 milioni di tonnellate di alimenti scartati ogni anno in Italia. Basterebbero a sfamare tre milioni di persone. Guardiamo ancora più in là, ai circa 80.000 pasti quotidiani che Milano Ristorazione cucina per 450 istituti scolastici milanesi: circa 8 tonnellate di cibo scartato al giorno sulle 32 tonnellate complessive di cibo preparato al giorno, il 25%.
Quali considerazioni possiamo trarre dai dati considerati e dagli sguardi proposti? C’è un margine amplissimo di lotta allo spreco, sia puntando su una cultura della sobrietà che privilegia la qualità e la consapevolezza alimentare in luogo del consumismo bulimico, sia organizzando a sistema le filiere della materia e dell’energia dentro alla rete metropolitana. Ognuno dei 134 comuni dell’attuale Provincia di Milano sceglie come raccogliere e a chi conferire i rifiuti prodotti sul suo territorio, salta all’occhio immediatamente un’economia di scala possibile, evidenziata già oggi dalla rete provinciale degli impianti di trattamento della materia seconda raccolta in modo differenziato. In luogo di più assessorati nella città metropolitana sarebbero utili agenzie di scopo a responsabilità politica pubblica. Perché l’AMSA non raccoglie anche il prodotto delle potature urbane? Perché non esiste un impianto di biogas metropolitano dell’AMSA?
Perché non fare cucine locali che producono per la ristorazione collettiva di scuole, mense pubbliche, centri per gli anziani ecc.? Lavorerebbero a tempo pieno con distribuzione personalizzata, cibo non freddo e non scotto. Perché non fare accordi con i produttori della cintura verde metropolitana, in una delle pianure più fertili d’Europa? Perché non aiutare logisticamente i GAS-Gruppi di Acquisto Solidale, esempio straordinario di cittadinanza attiva? Perché non incentivare chi riduce, riusa, raccoglie e ricicla, a partire dai condomini? Perché non pensare anche al compost da conferire a Km zero alle migliaia di orti urbani e alle aziende della cintura verde? Perché non mettere ovunque impianti di distribuzione diretta dell’acqua minerale così da ridurre seccamente il consumo di bottiglie di plastica, il costo energetico per la loro produzione e le emissioni relative alla loro distribuzione?
Perché l’AMSA in luogo delle strategie finanziarie non torna a essere un’impresa di utilità sociale, capace di chiudere in pareggio ma organizzata in funzione delle 4 R e magari con un azionariato metropolitano diffuso, a partire dai 134 comuni: le città nella Città Metropolitana? Perché non estendere in modo sostanziale il Credito d’Imposta per gli investimenti nella ricerca interni agli obiettivi europei 20+20+20 di riduzione, risparmio e produzione di energia in modo rinnovabile? “Nutrire il Pianeta – Energia per la vita”, questo tema ha già allargato lo sguardo in una chiave sistemica, se la Grande Milano, città metropolitana, vuole divenire la capitale della differenziata deve alzare lo sguardo dal proprio ombelico. Perché una corretta gestione dei rifiuti conviene sia all’ambiente, alla salute, che all’economia.