Torino, il primo viaggio di un ciclista in metro
Torino, tra lo stupore dei viaggiatori è stata avviata ieri la sperimentazione del trasporto di bici sulla metropolitana - da La Stampa del 21.07.2014
21 July, 2014
d Paolo Coccorese
Indosso una polo, i jeans e un paio di sneaker. Uniforme casual uguale a tanti altri, ma nella carrozza della metro dove sono salito tutti mi guardano straniti. Si aprono le porte, un signore mi maledice. A fatica mi supera per andare a sedersi. Un altro, si alza e mi bisbiglia «Bravo, finalmente Torino assomiglierà a Berlino». Sembro un alieno in rotta verso il capolinea «Fermi». Non ho le antenne, ma una city-bike appoggiata al mancorrente. «Lei è il primo che vediamo oggi», mi dice l’addetta della Gtt impegnata nella sperimentazione del servizio di «trasporto di biciclette». Andrà avanti ogni domenica fino novembre, dalle 8 alle 14. Mi guardo intorno e sorrido. Sono il primo ciclista a viaggiare sulla metropolitana della mia città.
Se nel Nord Europa, trovare una due ruote in metro è normalità come pagare il biglietto del bus, a Torino non è mai stato permesso. «All’estero ci sono vagoni riservati per i ciclisti, il trasporto delle bici è compreso nel biglietto, nessuno si stupisce. Qui da noi, sono almeno tre anni che lo chiediamo. Ringraziamo l’Assessore Lubatti per la scommessa», dice Gabriele Del Carlo, vicepresidente del Bike Pride. Due anni fa, alcuni militanti del sellino organizzarono un flash-mob. Per protesta salirono sulla metro facendosi beffa dei divieti. Bici in spalla come i bersaglieri, giù per le scale, dentro il vagone. Per fortuna, nel mio viaggio, il mio unico pericolo è stato schiacciare la ruota tra le porte dell’ascensore. Per raggiungere le banchine, è il percorso obbligato.
E il biglietto? Costa caro, due euro a tragitto. Per chi ha l’abbonamento, scende a 50 centesimi, ma bisogna attendere l’aggiornamento delle emettitrici per stamparlo. In attesa, per spalancare il tornello dei disabili, l’unico così largo da permettere il passaggio, è obbligatorio chiamare all’interfono e chiederlo alla Centrale. Questa è la prima grana da risolvere per Gtt.
Poi, nel complesso, l’azienda ha fatto il possibile. Ha allungato di qualche secondo l’apertura delle porte dei mezzi, ha segnalato il percorso verso le carrozze riservate con una marea di volantini, ha organizzato un efficiente servizio di accoglienza.
«Per evitare di farsi male, la bici deve tenerla appoggiata al palo», mi dice la signora della Gtt, mi accompagna sul vagone fino al capolinea. L’annunciata invasione dei ciclisti non c’è stata, sono stati otto in tutta la giornata. Nessuna famigliola, per fortuna. Per le comitive di ciclisti è quasi impossibile viaggiare nella metro. Sono solo quattro i posti disponibili. Sono divisi su due carrozze e le postazioni sono così distanti che per un papà è complicato reggere la bici, tenersi al mancorrente e controllare il figlio. I bambini, se muniti di biciclette, devono posizionarsi all’altro capo del vagone, da soli, lontano dai genitori.