Canarie: in centomila in piazza per dire no alle trivelle
Da Fuerteventura una testimonianza del giornalista e ambientalista Massimo Serafini, che racconta le proteste di massa contro le trivellazioni al largo delle Canarie
25 July, 2014
di Massimo Serafini
Centomila persone si sono riversate nelle strade e nelle piazze delle sette isole Canarie per dire no al petrolio e si alle energie rinnovabili. Questa volta la multinazionale Repsol e i suoi mediocri sponsor politici hanno sbagliato i conti. Se pensavano che dopo una prima fiammata di protesta, la popolazione sarebbe tornata alle abitudini di sempre, che raccontano di un popolo poco disponibile alla lotta si sono decisamente sbagliati.
Collera ed indignazione hanno accolto la notizia che il governo spagnolo ha definitivamente dato il via libera alle trivelle nell'oceano di fronte a Fuerteventura e Lanzarote. Solo una mente in confusione o all'opposto incline a sottomettersi ai potenti, può partorire l'idea bislacca di cercare e, una volta trovato, estrarre petrolio alle isole Canarie, uno dei principali serbatoi al mondo di biodiversità, uno dei più grandi giacimenti di risorse solari ed eoliche del pianeta e meta preferita di milioni di turisti.
Eppure c'è poco da essere indignati. Questa pessima idea è venuta al Governo conservatore Spagnolo, che ha autorizzato la multinazionale petrolifera Repsol, tristemente nota per l'enorme debito in termini di sfruttamento e inquinamento, contratto con numerosi popoli, a perforare l'oceano, di fronte a Fuerteventura e Lanzarote.
Nei giorni scorsi mi sono imbattuto nelle guide turistiche, pubblicate, ironia della sorte, proprio da Repsol. Così raccontano le isole: “L'oceano vide nascere dalle sue viscere, venti milioni di anni fa, sette isole e sei isolotti avvolti da mistero e leggenda. Un pezzo di Europa nel centro dell'Atlantico, sulla strada per l'America. Sono conosciute come isole tranquille, un luminoso luogo di sogno, uno scenario paradisiaco dove è quasi impossibile conservare la nozione del tempo”.
Sappiamo che la realtà è diversa dal messaggio promozionale. Verso la fine degli anni sessanta infatti fu deciso di basare l'intera economia delle sette isole sull'industria turistica, convertendole in una destinazione preferita da grandi masse di villeggianti. Questo provocò un cambio drastico nel suo litorale. Si consumarono, in un decennio le più folli e ridicole velleità urbanistiche su interi tratti di costa.
Eppure, sebbene urbanizzazione e speculazione ce l'abbiano messa tutta per cancellarle, le Canarie continuano a trasmettere la sensazione di una simbiosi, di un quotidiano contatto con la natura. Per questo in pochi giorni nelle sette le isole dal nulla è sgorgato un fiume in piena di partecipazione attiva, fuori da partiti tradizionali e fuori da regole precostituite. Una moltitudine di giovani e non più giovani che si organizza nelle piazze dove decide, per alzata di mano, i tempi e le forme della propria mobilitazione.
La sola risposta convincente che queste persone si aspettano, per fermare la loro protesta non è solo la revoca del decreto di autorizzazione, concessa a Repsol, ma qualcosa in più: un sostegno al programma alternativo che il movimento ha presentato e che punta, nel più breve tempo possibile, a produrre il 100% dell'energia necessaria alle isole Canarie dal sole dal vento e dalle maree.
(Foto ©Irene Grassi via Flickr)