Inceneritori, per Legambiente il dl Sblocca Italia è uno "sblocca inceneritori"
L'associazione definisce il decreto legge Sblocca Italia inutile e dannoso e lo soprannomina decreto "sblocca inceneritori": "Il successo della raccolta differenziata ha notevolmente ridimensionato il bisogno del recupero energetico da combustione di rifiuti urbani non altrimenti riciclabili"
09 October, 2014
Il decreto legge Sblocca Italia, varato dal governo Renzi il 13 settembre scorso, continua ad essere contestato. Dopo le dure critiche di Peacelink, che ha definito il dl “un attacco all’ambiente senza precedenti”, le proteste di numerose regioni del nord italia che si oppongono all'articolo 35 “che favorisce la libera circolazione dei rifiuti nazionale e incrementa il carico termico degli inceneritori esistenti, e le preoccupazioni espresse dall’Asso Arpa, l’associazione delle agenzie regionali per l’ambiente, per l'aumento del rischio sanitario, anche Legambiente ha espresso nuove critiche. L'associazione era già intervenuta in occasione della campagna “Puliamo il mondo” di fine settembre, attraverso le parole di Damiano Di Simine, presidente di Legambiente Lombardia, il quale aveva detto che "con lo Sblocca Italia il governo fa una scelta sbagliata affidandosi a una tecnologia declinante, prospetta un futuro di investimenti per la costruzione di nuovi inceneritori e per il potenziamento di quelli esistenti: investimenti che richiederanno anni per essere operativi mentre la gestione efficiente dei rifiuti sta già mettendo fuori mercato gli inceneritori attuali". Adesso arriva una nuova nota dalla segreteria nazionale che non lascia spazio a dubbi, definendo lo Sblocca Italia un decreto “sblocca inceneritori”. Ecco il comunicato dell'associazione:
Lo sblocca inceneritori è inutile oltre che dannoso. Il successo della raccolta differenziata finalizzata al riciclaggio di questi anni ha infatti determinato due conseguenze: ha sostenuto sempre di più la filiera industriale del recupero delle materie prime seconde, uno dei pilastri della nostra green economy, e ha notevolmente ridimensionato il bisogno, per la chiusura del ciclo nei vari territori, del recupero energetico da combustione di rifiuti urbani non altrimenti riciclabili.
Alla crescita importante del recupero di materia si sta aggiungendo, finalmente, anche la novità della riduzione della produzione dei rifiuti. Negli ultimi anni c’è stata una riduzione che non auspicavamo, quella causata dalla crisi economica che ha avuto conseguenze anche sui consumi e quindi sulla produzione dei rifiuti. Nel frattempo però si cominciano a vedere i primi effetti delle politiche di prevenzione locale messe in campo soprattutto da alcuni enti locali (Regioni, Province, Comuni) con un contenimento, in alcuni casi con una riduzione, dei quantitativi di rifiuti prodotti. E tutto questo è avvenuto in assenza di un efficace programma nazionale di prevenzione (quello approvato dal ministero dell’Ambiente nell’autunno 2013 è una dichiarazione di intenti non vincolante).
L’aumento del riciclaggio e il trend di riduzione dei rifiuti rendono problematica l’alimentazione di impianti “rigidi” come gli inceneritori che notoriamente non possono essere modulati nel flusso di rifiuti che li alimentano. Il quadro impiantistico sull’incenerimento in Italia è ormai saturo: ci sono regioni dove la potenzialità impiantistica di combustione dei rifiuti è sovradimensionata e quindi va ridotta dismettendo gli impianti più vecchi (è il caso della Lombardia e dell’Emilia Romagna); ci sono regioni, soprattutto al centro sud, dove sono stati costruiti negli ultimi 10 - 15 anni impianti per bruciare i rifiuti per colmare un deficit impiantistico “immaginario”, spacciato furbescamente come uno dei motivi alla base delle emergenze rifiuti; ci sono regioni dove i risibili quantitativi di rifiuti in gioco rendono superfluo realizzare un impianto dedicato.
In questo scenario non ha più senso costruire nuovi impianti di incenerimento/gassificazione per rifiuti (il contrario sarebbe un incomprensibile regalo alla lobby dell’incenerimento). È invece fondamentale procedere alla realizzazione di impianti di digestione anaerobica per l’organico da raccolta differenziata e per altri rifiuti biodegradabili compatibili (fanghi di depurazione, residui agroindustriali, etc.), ancora poco presenti soprattutto nelle regioni centro meridionali.