Buttare un sacchetto di 8 mele perché una è bacata: le follie che spingono allo spreco di cibo
All'incontro sullo spreco di cibo organizzato dai 5 Stelle di Regione Lombardia, Valter Molinaro (COOP) ha raccontato gli assurdi che in Italia spesso rendono più semplice per la grande distribuzione buttare le eccedenze alimentari, piuttosto che donarle. C'erano anche Pane Quotidiano, Fondazione Banco Alimentare, City Angels e quelli di App Breading
05 December, 2014
Lo scorso 28 novembre, all’incontro organizzato dall’associazione Guizart e dal Movimento 5 Stelle di Regione Lombardia, presso la Sala Gonfalone del Palazzo Pirelli, i presenti hanno conosciuto meglio alcune importanti realtà di contrasto allo spreco alimentare. Comprese quelle che portano le eccedenze di cibo ai bisognosi, categoria purtroppo in costante aumento quasi ovunque e che, dalle testimonianza di chi opera nel settore, vedono ormai la fascia indigente da aiutare divisa a metà tra immigrati e italiani.
L'incontro "Contro lo spreco alimentare, conosciamo alcuni casi di successo e raccogliamo le proposte da portare direttamente nelle istituzioni”, ha visto aderire Luigi Rossi di Pane Quotidiano, Andrea Giussani della rete di Banco Alimentare, Mario Furlan fondatore dei City Angels, Gabriella Zefferino di App Breading, l’applicazione nata a Bergamo per incrociare domanda e offerta del pane invenduto, e Valter Molinaro, del progetto contro lo spreco "Buon fine", di Coop Lombardia.
Come presidente della Fondazione Banco Alimentare, Andrea Giussani ha ricordato i numeri di questa realtà che si occupa di recuperare alla fonte tonnellate di alimenti che altrimenti andrebbero sprecati, per distribuirli a migliaia di bisognosi. 1,95 milioni di persone aiutate, grazie alla rete di 8898 strutture caritative che distribuiscono il cibo. L’organizzazione del Banco Alimentare è notevole e conta quasi 100 dipendenti, più centinaia di volontari in tutta Italia.
Giussani ha ricordato che è fondamentale distinguere i concetti di “eccedenze alimentari” e di “spreco”, perché il vero problema sono proprio le eccedenze. In Italia ogni anno si producono 6 milioni di tonnellate di eccedenze alimentari, per un valore di circa 13 miliardi di euro, ossia 101 kg di cibo e 220 euro di eccedenza a testa. "Di queste sono sprecate (in un ottica sociale), ben 5,5 milioni di tonnellate, pari al 92,5% dell’eccedenza!", ha detto Giussani. Ciò avviene in tutta la filiera agro alimentare (produttori di materie prime, aziende di trasformazione, GDO, grossisti, negozi, hotel, ristoranti e catering), dove le eccedenze di cibo vengono ancora distrutte e smaltite, diventando spreco. “Il nostro compito è incrementare il volume del salvabile, destinandolo al consumo umano”, ha concluso Giussani. Sono 70.000 le tonnellate di cibo, "salvate" dal Banco Alimentare nel 2013.
Valter Molinaro, del progetto "Buon fine" di Coop Lombardia, ha spiegato come purtroppo sia tutto il sistema che in Italia favorisce lo spreco di cibo, anche presso la grande distribuzione organizzata (GDO), spesso a causa di leggi sbagliate. Si dovrebbe rendere più conveniente per la GDO donare le eccedenze alimentari, piuttosto che trasformarle in rifiuto, cosa che in Italia ancora non avviene, nonostante sin dal “Decreto Ronchi” 22/1997 ci sarebbero i presupposti per avere davvero una legge sui rifiuti, che premi chi ne produce meno.
Molinaro, pur ricordando che dati recenti attribuiscono lo spreco alimentare per il 42% alle mura domestiche, e solo per il 5% alla GDO (i produttori sono responsabili per il 39% e la ristorazione per il 14%, da “Il libro nero dello spreco in Italia” di Andrea Segrè, 2011) ha ricordato alcune assurdità cui si assiste in Italia. “Le leggi sono tali per cui una confezione di pasta aperta, un imballo di banane invendute per la buccia puntinata, un retino di 10 mele di cui 1 sola è ammaccata o bacata, sarebbero da destinare a rifiuto". La grande distribuzione non può infatti scartare prodotti e confezioni per selezionare o eliminare le unità danneggiate e riconfezionare il resto, perché così si perderebbe la tracciabilità del singolo alimento, imposta per legge.
Per fortuna, grazie alla famosa legge “del Buon Samaritano” (legge 25/6/03 n. 155), quella che ha fatto nascere Banco Alimentare, questi alimenti si possono donare alle Onlus, da quando esse sono state parificate all’utente finale. "Ma molti ancora non lo fanno", ha spiegato Molinaro, “perché trasformare cibo avanzato in rifiuto costa meno che donarlo”. Questo per le incombenze gestionali e burocratiche che il “donare” richiede.
“Mancano poi benefici economici per contrastare lo spreco, quando la leva migliore sarebbe appunto la tassazione sui rifiuti: ridurla, se uno spreca meno. Spesso mi appello ai Comuni: con una tariffazione puntuale sui rifiuti, forse entrerebbero meno soldi al Bilancio, ma altri si risparmiarebbero per i Servizi Sociali, grazie alle tonnellate di cibo recuperato per gli indigenti....”. Le leggi, inoltre, sono calibrate su donazioni “una tantum”, di quantità ingenti e con uno o pochi soggetti destinatari; non su una gestione capillare, per una distribuzione continuativa delle donazioni (generalmente giornaliera) e per una pluralità di soggetti beneficiari e cedenti ...".
L’altro grande problema è proprio la restrittività della normativa igienico sanitaria, che fa sì, ad esempio, che non possano essere donati prodotti con la data di scadenza superata (da consumarsi entro il ….), mentre potrebbero essere utilizzati prodotti con termine minimo di conservazione (da consumarsi preferibilmente entro il ….).
Tuttavia, grazie al progetto “BUON FINE”, Coop riesce a recuperare cibo in 75 province italiane, in 556 punti vendita. Nel 2013 si sono donate circa 4000 tonn di cibo, per un valore di 22 milioni di euro. A favore di 906 associazioni beneficiarie, per circa 150.000 persone in difficoltà.
Molinaro ha infine spiegato come, grazie ad una partecipazione al PARR (Piano Regionale Riduzione Rifiuti) di Regione Lombardia, sperimentata a Brescia da parte di Coop e da Simply, si sia calcolato in modo preciso lo spreco medio di cibo della grande distribuzione organizzata: 7 kg di cibo sprecato, per ogni mq di superficie espositiva, all’anno. Numeri enormi se si considerano le superfici della GDO che, per gli ipermercati, sono superiori ai 2.500 mq.
L’incontro è stato introdotto dal consigliere regionale 5 Stelle Eugenio Casalino e moderato da Stefano D’Adda, di Eco dalle Città.