Lima, ancora incertezze sull'accordo: a poche ore dalla chiusura si discute sul Green Climate Fund
Conto alla rovescia per definire entro la chiusura della XX Conferenza Onu una bozza di accordo condiviso tra tutti gli Stati. Il Commissario UE Canetas: "A 24 ore dal termine le posizioni sono ancora distanti e sarà necessaria una lunga discussione per giungere a un accordo all'ultimo minuto". Al centro delle polemiche, l'entità dell'impegno degli Stati più ricchi contro il cambiamento climatico
12 December, 2014
L'appello lanciato da Papa Francesco, secondo il quale "il tempo per trovare soluzioni globali si sta esaurendo" é risuonato anche a Lima, dove i rappresentanti di 195 paesi stanno affrontando un drammatico conto alla rovescia per definire entro oggi, data di chiusura della XX Conferenza Onu sul cambiamento climatico, una bozza di accordo condiviso. Accordo da sottoscrivere poi nel dicembre del 2015 a Parigi.
Il papa ha parlato di un "un chiaro, definitivo e improrogabile imperativo etico ad agire" e lo stesso concetto è stato ripreso nella capitale peruviana dal ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, che ha sottolineato come "combattere i cambiamenti climatici non sia solo una questione ambientale e tantomeno economica, ma una questione etica, un obbligo morale, per i nostri figli e per le generazioni future".
L'esigenza etica e l'urgenza di trovare una soluzione restano indiscutibili, ma come ha ammesso il commissario europeo per il Clima e l'Energia, lo spagnolo Miguel Arias Canete, a 24 ore dal termine della Conferenza di Lima le posizioni "sono ancora distanti" e sarà necessaria "una discussione abbastanza lunga" per giungere a un accordo "all'ultimo minuto". Il disaccordo si concentra sull'entità, la disponibilità e la gestione del Green Climate Fund, il fondo internazionale per il clima che a Lima ha raggiunto il traguardo simbolico dei 10 miliardi di dollari, ancora lontano dai 100 miliardi necessari per i processi di conversione industriale e le altre iniziative per ridurre l'effetto serra a livello globale. In un clima di affabilità diplomatica, è stato quindi il presidente boliviano, Evo Morales, a rompere il consenso dichiarando dalla tribuna che "i paesi sviluppati sono i principali responsabili del cambiamento climatico, e i paesi in via di sviluppo sono usati come pretesto perché i grandi continuino a fare la stessa cosa da quando è iniziato questo simulacro di negoziato" che ormai "non è un dialogo fra uguali, ma un monologo fallito".
Secondo la ong Oxfam, "i paesi in via di sviluppo non accetteranno un accordo che non includa il modo in cui i paesi ricchi onoreranno la loro promessa dei 100 miliardi di dollari, mentre i paesi sviluppati fanno pressione per cancellare qualsiasi riferimento nel testo finale che obblighi a dare una maggiore assistenza finanziaria ai più poveri".
Con un tono più diplomatico, anche i presidenti dei paesi dell'Alleanza del Pacifico (Perù, Colombia, Cile e Messico) hanno lanciato un appello ai paesi industrializzati perché "rispettino il loro impegno di aumentare l'appoggio finanziario per affrontare il cambiamento climatico", perché la sfida "richiede azioni concrete da parte di tutti".
La cilena Michelle Bachelet ha chiesto a nome dei sudamericani "che queste azioni siano sottoposte a qualche tipo di supervisione", mentre il suo collega colombiano, Juan Manuel Santos, ha definito cruciale che si possa arrivare entro domani a "un accordo giuridicamente vincolante e di applicazione universale".