Puglia, gasdotto TAP: in Italia si attende Autorizzazione Unica. In Albania e Grecia si appalta
Dopo l'accantonamento del progetto russo "South Stream", il gasdotto che giungerà in Puglia dall'adriatico rimane strategico per l'Europa. Dall'inizio della fase istruttoria TAP Italia è giunta alle fasi conclusive ed è in attesa del rilascio della Autorizzazione Unica da parte del consiglio dei Ministri. Intervista a Giampaolo Russo, amministratore delegato di TAP Italia
25 January, 2015
Tap rimane sulla carta il gasdotto preferito dall’Unione Europea e ha oggi ottime probabilità che venga realizzato secondo i tempi previsti dal consorzio internazionale Shah Deniz II. Dopo l’accantonamento del progetto Nabucco west, infatti un altro gasdotto, il South stream, è affondato sotto i colpi della geo-politica, rendendo il progetto della TAP (Trans Adriatic Pipeline) “strategico”. E’ una questione dettata solamente dalla geo-politica oppure c’è dell’altro?
Giampaolo Russo, amministratore delegato TAP Italia: «Non sono d’accordo con alcune sue affermazioni. Il gasdotto Nabucco è stato affondato nel giugno del 2013, dopodiché TAP e South stream erano progetti che coesistevano senza alcuna concorrenza tra loro. Il motivo risiede nel fatto che il gasdotto “South stream” era un progetto che voleva offrire all’Unione Europea, la stessa molecola di gas, che già oggi viene offerta dai gasgott che passano dall’Ucraina, utilizzando però un nuovo percorso. In quel caso si lavorava sul lato “sicurezza degli approvvigionamenti” qualora l’Ucraina fosse diventata un soggetto poco affidabile, invece la società TAP ha proposto un altro tipo di progetto. Oltre a valorizzare la sicurezza degli approvvigionamenti, TAP porta risorse nuove e incide positivamente sul costo degli approvvigionamenti. Il tema per me dunque non è la geo-politica. Tap ha fatto un percorso di validazione del progetto a livello europeo, richiedendo una serie di adempimenti e di norme facenti parte del terzo pacchetto energia: (l’esenzione dal principio di separazione proprietaria, la deroga al principio dell’accesso alle terze parti e dalle restrizioni in materia di regolamentazione delle tariffe). Invece Gazprom non voleva assoggettarsi alle regole europee. L’Europa era in difficoltà, secondo me, a rilasciare a un gasdotto una deroga alla normativa. Insomma è un tema di equità e di norme dettate dalle direttive europee».
TAP, dunque, è uno dei gasdotti su cui l’Europa si potrà puntare?
«Io penso che sia l’unico su cui puntare. Non credo che ci siano altri gasdotti in corso di realizzazione. Il gasdotto South Stream non portava volumi nuovi di gas ma avrebbe portato gli stessi volumi di gas a prezzi più alti. Infatti il costo di realizzazione dell’opera si aggirava sui 20 miliardi e si sarebbe dovuto ammortizzare in qualche modo. South Stream è affondato per la mancanza di volontà da parte di Gazprom ad assoggettarsi alle regole europee del terzo pacchetto energia».
E invece TAP?
«Tap invece va avanti per la sua strada: in Albania la lavorazione parte dal 2015 per fare in modo che nel 2020 arrivi un nuovo apporto di gas in Europa». (In Albania TAP prevede di aggiudicare l'appalto per il contratto onshore del gasdotto nel terzo trimestre del 2015 mentre i prossimi bandi di gara che saranno pubblicati riguardano le stazioni di compressione in Grecia e in Albania, ndr).
A settembre del 2014 il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Gian Luca Galletti, ha firmato il decreto di compatibilità ambientale, superando il parere negativo espresso dalla Regione Puglia e del Ministero dei Beni Culturali. Ora a che punto siamo? A dicembre a Roma c’è stata una nuova conferenza di servizi di cosa si tratta? Cosa è successo?
«Durante la conferenza dei servizi del 3 dicembre, la regione Puglia in maniera molto netta, ha dichiarato negava l’intesa al soggetto. E questo porta a mappare i pareri degli altri pareri degli altri Enti convenuti. Sono stati tutti positivi con l’eccezione della Regione Puglia, del comune di Melendugno, e della soprintendenza del comune di Lecce. Su questo base, il Ministero dello Sviluppo economico dovrà trasmettere il fascicolo relativo all’Autorizzazione Unica al Consiglio dei Ministri».
La questione passerà dunque alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il Consiglio quando avverrà?
«A cavallo dei prossimi dieci giorni, sapremo così quale iter intenderà seguire il Governo. Mi auguro comunque che sia abbastanza rapido. A questo punto grazie a questo DPCM (decreto del Presidente del Consiglio),non serviranno più altre firme, perché saranno presenti tutti i ministri. Il decreto di autorizzazione Unica è un decreto a firma del gruppo economico. In questo caso avendo avuto il diniego da parte della Regione Puglia ed essendo un atto di intesa forte, il ministero non può formalizzare da solo il provvedimento ma serve la presenza dell’intero Consiglio dei Ministri».
In questo modo si allunga la procedura?
«C’è un passaggio in più. Se la Regione Puglia avesse ratificato l’intesa, il ministero avrebbe potuto chiudere subito l’Autorizzazione Unica. Questi passaggi competono al diritto amministrativo, ma sono molto legati alla volontà politica che comunque sembra che ci stia tutta».
L’assessore all’Ambiente Lorenzo Nicastro: nel comunicato stampa del 2 dicembre 2014 ha dichiarato che la Regione Puglia ha “cognizione del fatto che, in mancanza dell’intesa (durante la conferenza dei servizi), la questione passerà alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che rimarranno sul tavolo ben poche opzioni. Cionondimeno in ogni sede possibile continueremo a rappresentare le nostre convinzioni rispetto ad un progetto che, pur nelle lodevoli intenzioni di autonomia energetica, resta di difficile integrazione con il territorio”. Cosa ne pensa?
«Raramente potrà trovare miei commenti su dichiarazioni rilasciate da uomini politici o da persone che ricoprono ruoli istituzionali. Il tempo c’èra, la disponibilità anche per avere un confronto reale per quelli che sono gli impatti sul territorio. Se questo fosse vero, che non c’è collegamento con il territorio, mi sfugge perché sono state respinte tutte le occasioni di approfondimento. Eppure in Italia ci sono gasdotti che attraversano aree di pregio naturalistiche, densamente turistiche, mi chiedo, a prescindere da Tap, perché la Regione, o la Provincia il Comune, non promuove un ascolto degli amministratori di quei territori, così da cogliere da quegli amministratori le loro esperienze. Tap, tra l’altro ha trasmesso alla Regione, alcune analisi statistiche realizzate da ISPO l’estate scorsa: sono state intervistate più di mille fra operatori turistici, bagnanti, residenti e amministratori per capire se il gasdotto in quei territori, una volta realizzato, ha provocato dei fastidi oppure se avesse impedito lo sviluppo turistico. Le risposte servono appunto ad avviare un confronto senza che ogni parte rimanga sulle proprie posizioni».
A Bari, durante la Fiera del Levante, nel giorno in cui Renzi ha annunciato: «TAP si farà» all’incirca 40 sindaci del Salento, hanno manifestato il proprio dissenso alzandosi in piedi mentre tutta la platea erano intenta ad ascoltare il presidente. Il sindaco di Melendugno infine ai microfoni ha detto che ne il comune ne altri enti pubblici devono suggerire approdi alternativi. E in effetti durante la conferenza dei servizi di dicembre la regione Puglia non ha suggerito siti alternativi. Esistono approdi alternativi e chi li deve proporre, secondo lei?
«Tap non ha un amore ab origine per Melendugno o per San Foca. E’ dal 2006 che valutiamo quale fosse il miglior approdo possibile, e in effetti i primi studi sono stati condotti sulla costa litorale brindisina. Tap comunque ha presentato le proprie proposte durante la fase di rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale rappresentando delle soluzioni di fattibilità. C’è stato in seguito il tentativo di Vendola, dopo la Fiera del Levante, di creare un tavolo di discussione. Dopo tre riunioni il tavolo è sparito perché non ha trovato soluzioni».
E doveva trovarle la Regione Puglia?
«Secondo me si, perché lo prevede proprio la legge. La Regione è chiamata o a mantenere una intesa silente o a esprimere un parere negativo durante la conferenza di intesa, e in questo caso ha uno spazio non solo politico ma anche normativo per poter esprimere siti alternativi».
E in quel caso la regione avrebbe dovuto produrre una documentazione ad hoc?
«No. La proponente (Tap, ndr) propone un progetto se viene bocciato, a seconda dei ruoli e dei poteri delle amministrazioni, la bocciatura deve essere accompagnata con la proposta di un sito alternativo. Se non ce l’ha, non si esprime. In caso contrario, invece, se il Governo è convinto che l’alternativa esiste ed è coerente con i tempi del progetto, la proponente ricomincia da capo tutta la procedura. E ci vogliono degli anni: TAP ci ha messo due anni di lavoro».
Ora molto probabilmente sarà il Consiglio dei Ministri ad approvare la Autorizzazione Unica e molto probabilmente sarà confermato in Salento, il sito di approdo di San Foca. Lei prova amarezza per la mancata intesa con gli enti locali? TAP avrebbe potuto fare di più in termini di comunicazione? Pensa che il Governo italiano, una volta approvato il decreto di compatibilità ambientale avrebbe dovuto comunicare meglio la propria scelta agli enti locali senza lasciare questo onere esclusivamente a TAP?
«Purtroppo in Italia non c’è il manuale dell’ottimo proponente in cui c’è scritto quali sono le dieci cose che il saggio o l’equilibrato proponente deve fare. Nessuno te lo sa dire. Qualsiasi cosa fai, hai una norma che è interpretabile o un elemento che è equivocabile. Per esempio pensiamo alla polemica sulla legge Seveso. Il comune di Melendugno voleva che il terminale della TAP fosse sottoposta alla legge Seveso (incidenza sui rischi rilevanti). Tap invece ha spiegato che non c’è nessun tipo di gasdotto o terminale in Europa che sia stato sottoposto a questo tipo di normativa, anzi, la legge Seveso esclude le stazioni di compressione che sono un oggetto industriale ben più sensibile del terminale di ricezione. Eppure su questo punto si è sviluppata una polemica ripresa dai media, si è creato un caravanserraglio senza che si comprendessero i reali termini della questione. Anche le Regione ha rivendicato il diritto di potersi esprimere su questo punto, ma il ministero degli Interni ha cassato la questione. Se su ogni questione si è crea un polverone non c’è un clima sereno per poter intavolare una discussione seria».
Per quanto riguarda la parte paesaggistica, sono stati sollevate delle questioni da parte del Ministero dei beni culturali?
«Il Ministro Galletti in audizione al Senato ha comunicato che tutti i punti sollevati dal Ministero dei Beni culturali e paesaggistica sono delle precise prescrizioni che sono state inserite nella VIA. TAP da parte sue risponde che nel documento di Valutazione di Impatto Ambientale, nella parte che riguarda la parte paesaggistica, ha curato questo aspetto in modo preciso: TAP ad esempio ha caratterizzato più di 120 muretti a secco e ha costruito un percorso del gasdotto affinchè non venisse toccata una “pagghiara” (tipica costruzione pugliese in pietra del Salento, ndr). Serve dunque un approccio culturale dell’autorità preposta ai controlli affinché questi siano fatti nell’interesse generale».