Riscaldamento, che temperature si dovrebbero tenere in casa e al lavoro? Ecco cosa prevede la legge
Le norme nazionali fissano a 20°C il tetto massimo della temperatura dell'aria all'interno di abitazioni, scuole e uffici con una tolleranza di +2°C. Per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili la temperatura massima consentita è invece di 18°C, sempre con tolleranza di +2°C
02 February, 2015
I “giorni della merla” sono appena passati ma le temperature rigide continueranno ad attanagliare le città almeno per le prossime due settimane, quindi è utile ricordare cosa prevede la normativa che regola l'uso degli impianti di riscaldamento all'interno delle abitazioni e altri stabili.
La legge (D.P.R. n° 74/2013) fissa a 20°C il tetto massimo della temperatura dell'aria all'interno di abitazioni, scuole e uffici. Questa cifra nasce dalla media ponderata della temperatura misurata nei singoli ambienti riscaldati e prevede una tolleranza di +2°C. Per gli edifici adibiti ad attività industriali, artigianali e assimilabili la temperatura massima consentita è di 18°C, sempre con tolleranza di +2°C. (In estate invece la temperatura limite per gli ambienti refrigerati, abitazioni e non, è fissata a 26°C con una tolleranza di -2°C).
Questi valori sono considerati ottimali per la vita quotidiana e le attività lavorative dagli esperti internazionali che studiano il cosiddetto “comfort climatico”. Attenzione, quindi, a non superare le temperatura consentite dalla legge, anche perché l'abuso dei riscaldamenti è tra le cause dell'inquinamento atmosferico che assedia i centri urbani, oltre a favorire l'insorgenza di malanni di stagione e altri problemi di salute legati allo sbalzo termico tra interno ed esterno.
La legge prevede inoltre dei precisi limiti sui periodi dell'anno e sulle ore giornaliere in cui è possibile tenere accesi gli impianti di riscaldamento, in base ad una suddivisione geo-climatica del territorio italiano in sei aree. Un abitante di Aosta ad esempio può accendere il riscaldamento (a prescindere se l'impianto sia autonomo o centralizzato) per 14 ore al giorno dal 15 ottobre al 15 aprile, invece un cittadino di Agrigento può accendere il suo impianto per otto ore giornaliere dal 1 dicembre al 31 marzo. La legge prevede che i sindaci dei Comuni possano ampliare o ridurre, a fronte di comprovate esigenze (inquinamento ambientale, inverni eccezionalmente rigidi) i periodi annuali di esercizio e la durata giornaliera di accensione dei riscaldamenti, nonché stabilire riduzioni di temperatura massima consentita sia nei centri abitati sia nei singoli immobili.
Far rispettare le restrizioni, comunque, non è facile, soprattutto per quanto riguarda le abitazioni. In teoria, chi viola la legge dovrebbe pagare una multa, ma esercitare un controllo efficace non è semplice. Quindi sta soprattutto al senso civico di ognuno non esagerare, ricordando che un eccesso di riscaldamento oltre a far male alla salute fa lievitare la bolletta energetica.