Olio di palma: l'obbiettivo ambientale è di importarlo al 100% certificato sostenibile, entro il 2020
Un olio formidabile per l'uso alimentare e usato anche come biocarburante, ma su cui pesano critiche riguardo la sostenibilità ambientale della coltivazione delle palme da frutto. Se n'è parlato a Milano nell'ambito di EXPO
13 July, 2015
Tra i tanti convegni ed incontri che ruotano attorno ad EXPO non poteva mancare in questi mesi una giornata dedicata all'olio di palma, un prodotto sempre più utilizzato nel mondo, non solo come grasso vegetale dall’industria alimentare, ma soprattutto come biocarburante nella produzione di energia. Una coltivazione, quella dell'olio di palma, di cui si parla spesso in tono critico, anche in Italia, paese tra i maggiori importatori al mondo di questo prodotto, con una crescita del 19% nel 2014, sul 2013. L’accusa più frequente è quella di essere una coltivazione poco compatibile con l'ambiente, comportando deforestazione di sempre maggiori aree del pianeta, così come sfruttamento della manodopera utilizzata per la raccolta del frutto della palma. Riguardo l’alimentazione, invece, l’olio di palma è da alcuni ritenuto non sano, essendo comunque un grasso, utilizzato oggi massicciamente nella produzione di tanti dolci industriali.
Sono però proprio le critiche sul fronte alimentare, che sembrano essere meno motivate, almeno da quanto è emerso all’incontro dell’8 luglio scorso, “Olio di palma: sostenibilità e nutrizione“, tenutosi al Circolo della Stampa di Milano. Un incontro organizzato da Roundtable on Sustainable Palm Oil (RSPO) ed European Palm Oil Alliance (EPOA), nell'ambito di EXPO 2015. Giorgio Donegani, nutrizionista e Presidente della Fondazione Italiana per l’Educazione Alimentare, ha spiegato infatti i tanti vantaggi dell'olio di palma rispetto ad altri olii e grassi, di origine animale o vegetale, come l'olio di cocco e il burro, o i grassi idrogenati. L'alto punto di fumo nella cottura, la resistenza all’ossidazione, la buona palatabilità, la duttilità nella lavorazione e l'assenza dei "grassi trans", quelli oggi ritenuti più nocivi, sono tra i pregi che fanno dell'olio di palma un componente essenziale e molto utilizzato dall'industria alimentare. Un altro dei vantaggi che ha reso l'olio di palma l’olio più diffuso al mondo è l'enorme resa del suo frutto, il 30% contro l'1% di resa dell'oliva, ad esempio, come ha spiegato Antonio Feola di AIDEPI - Associazione delle Industrie del Dolce e della Pasta Italiane.
Emergerebbe quindi l’esistenza di tanta disinformazione sulle vere caratteristiche dell'olio di palma, soprattutto in Italia, con un'ostracismo da parte di media e consumatori, che non sarebbe giustificato. “Addirittura molti consumatori non sanno che è un prodotto assolutamente naturale, come l'olio di oliva, in quanto estratto da un frutto, quello della palma appunto", ha dichiarato Luisa Gambelli, Manager della EPOA – European Palm Oil Alliance. Anche l’enfatizzazione delle diciture “palm oil free”, che oggi avviene spesso in pubblicità e sulla confezione dei prodotti, non sarebbe giustificata, secondo quelli dell'EPOA.
"Tuttavia il problema della sostenibilità ambientale e sociale esiste, perché purtroppo l’80% dell’olio di palma proviene ancora da piantagioni illegali, soprattutto di Paesi come l’Indonesia e le Malesia", ha spiegato Isabella Pratesi, Direttore Conservazione Internazionale WWF Italia. L’unica soluzione è quindi di promuovere sempre di più la sua certificazione di sostenibilità, come si sta facendo dal 2004 grazie al lavoro della RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil), un’organizzazione non governativa multi stakeholder fondata – tra gli altri - anche dal WWF, per minimizzare gli impatti ambientali e sociali derivanti dalla coltivazione di olio di palma, attraverso l’introduzione di uno standard di sostenibilità composto da 38 diversi parametri sociali, economici e ambientali. La RSPO ha lanciato per il 2020 un obiettivo ambizioso ma raggiungibile: arrivare al consumo di 100% di olio di palma certificato sostenibile in Europa.
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