"Città resilienti nel 21° secolo", XXVII assemblea nazionale agende 21 italiane. Secondo giorno
Con la Cop21 di Parigi all'orizzonte, a Desenzano del Garda venerdì 18 settembre prosegue il racconto delle esperienze italiane più significative che le città adottano per rispondere ai cambiamenti climatici
18 September, 2015
Si stima che l’Unione Europea, senza misure di adattamento ai cambiamenti del clima, da qui al 2020 avrà costi da danni climatici vicini ai 100 miliardi di euro, e al 2050 l’ammontare potrà toccare la soglia dei 250 miliardi. Eppure è anche stimato che ogni euro speso oggi per proteggere le comunità dagli effetti dei cambiamenti del clima potrebbe portare un risparmio di 6 euro per fronteggiarne i danni. Parte da qui la XVII Assemblea Nazionale del Coordinamento delle Agende 21 Locali Italiane, in programma a Desenzano del Garda fino a venerdì 18 e dedicata proprio al tema delle “Città resilienti del 21°secolo”, ossia città capaci di prevenire e contenere i cambiamenti climatici, adeguandosi alle loro conseguenze e sviluppando capacità di costruire risposte sociali, economiche e ambientali strutturate. L’evento è tappa italiana verso Cop 21, la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà fra pochi mesi a Parigi.
«Finalmente i cambiamenti climatici non sono più considerati una fantasia, ma sono oggi riconosciuti come realtà. Così come sono purtroppo una realtà i gravi danni causati dai loro effetti, con ripercussioni importanti per interi paesi, non solo sul versante ambientale» così Rossella Zadro, presidente del Coordinamento Agende 21 Locali Italiane, ha aperto stamattina i lavori. È infatti la stessa comunità scientifica internazionale a quantificarne le pesanti conseguenze e a calcolarne i relativi costi: solo parlando di inondazioni, in Europa sono state 2500 le vittime in trent’anni (dal 1980 al 2011) e 5 milioni e 500mila le persone colpite, per danni complessivi pari a 90 miliardi di euro.
«Intervenire oggi non è solo improcrastinabile, ma anche possibile - ha continuato la presidente Zadro -. A partire dal livello locale esistono gli strumenti per farlo: sui territori, dove le città e le comunità sono chiamate, appunto, a diventare “resilienti”, ossia a dotarsi di politiche e interventi mirati non solo per “adattarsi” agli effetti, ma anche per limitarli. E serve farlo su più fronti: le sole politiche di mitigazione a livello energetico non sono più sufficienti. È necessario porre attenzione sulle aree urbane nel loro complesso, dove abitano tanti cittadini».
Oggi le aree urbane occupano complessivamente solo il 2% del territorio, ma sono responsabili dell'80 % del consumo di energia, del 70% della produzione di rifiuti e del 60% delle emissioni di CO2 . Per questo il ruolo delle città e delle comunità locali è fondamentale nella mitigazione così come nell’adattamento ai cambiamenti climatici. A riconoscerne questa centralità è anche la Comunità Europea, che nel 2009 con il Patto dei Sindaci e nel 2014 con la campagna Majors Adapt ha lanciato loro l’appello ad adottare politiche integrate. «Le politiche di resilienza territoriale sono complesse - ha spiegato Laura Creazzo, dell’Ufficio di coordinamento di Majors Adapt -, ma danno la grande opportunità di lavorare a livello complessivo, diversamente dalle politiche di mitigazione». Ad oggi sono 150 gli aderenti alla campagna, tra cui 20 città con più di 500mila abitanti (per l’Italia Bologna è stata la prima, e poi Palermo, Torino,….), 28 piani di adattamento adottati, 17 in via di definizione.
Ma
la città resiliente è chiamata a dare risposte anche agli effetti
sociali ed economici che i cambiamenti del clima portano a livello
globale: una città “attrezzata“ ad accogliere con solidarietà e con
politiche e strumenti adeguati le tante persone migranti per motivi
ambientali (catastrofe naturali, desertificazione, mancanza di acqua e
di cibo..). «Esistono relazioni molto profonde tra la qualità della vita
nelle città e la loro resilienza in termini di politiche di accoglienza
- ha evidenziato Francesco Bicciato, consulente internazionale (già funzionario UNDP-Onu) ed esperto in sviluppo sostenibile –.
I cambiamenti climatici hanno impatti più forti sulle popolazioni più
deboli, evidentemente, e il fenomeno delle migrazioni ambientali è
destinato a crescere nei numeri. Anche per questo occorre rivedere la
sociogeografia delle migrazioni. I cambiamenti climatici e le migrazioni
sono due fenomeni che vanno affrontati globalmente e insieme
localmente. Ma c’è su entrambi i fronti una grande novità: l’innovazione
sociale e politica che nasce dai territori».