Emissioni truccate: nella Ue la CO2 supera del 40% i livelli dei test. A un privato costa 450 euro l'anno
In un nuovo report dell'Icct smascherati i test troppo laschi. Dure le conseguenze per i danni sociali (solo la metà della riduzione di CO2 è effettivamente stata attuata) ai privati (450 euro in più all'anno per coprire i consumi aggiuntivi) e al pubblico (schemi di incentivazione tarati male e fiscalità beffata) - da Repubblica.it
25 September, 2015
di Raffaele Ricciardi
Molto probabilmente l'auto che avete in garage o parcheggiata sotto casa emette il 40% di CO2
in più di quanto vi ha promesso il produttore al momento dell'acquisto.
E' la cifra che emerge da un nuovo report pubblicato dall'International
Council on Clean Transportation (Icct), uno degli istituti che (grazie a
una meritoria opera di ricerca) ha dato il via allo scandalo delle emissioni Volkswagen (che riguarda le emissioni di Nox). E mentre l'Europa prova a cambiare passo e a irrigidire i test su gas e consumi
- con l'esito paradossale che proprio le auto ibride decantate come il
'futuro' delle quattro ruote potrebbero esser le più penalizzate -, la
nuova fotografia dell'attuale scenario è sconcertante.
Il report dato alle stampe giovedì aggiorna
ad oggi l'analisi effettuata dagli studiosi già negli ultimi anni sulla
differenza tra le emissioni di CO2 ufficiali e quelle che
avvengono nella 'vita reale', sulla base dell'osservazione di circa
600mila veicoli da sei Paesi dell'Ue (Uk, Germania, Spagna, Olanda,
Svezia, Svizzera). Ebbene, bastano pochi dati per capire il quadro: "Dal
2001", dice l'Icct, "la media delle emissioni di CO2 delle
vetture europee nuove è diminuita del 27%, in sede di test ufficiali. Il
ritmo di diminuzione è quadruplicato dal 2009, quando sono stati
introdotti gli standard comunitari sulle emissioni". Ma questo percorso
virtuoso si rivela il classico fumo, senza arrosto. Mentre i dati
ufficiali diminuivano, infatti, l'analisi empirica ha permesso di
tracciare una netta crescita del divario tra le emissioni omologate e
quelle reali, senza che ci siano di mezzo necessariamente software
truccati. Ancora l'Icct: "C'è un gap tra i valori ufficiali e il mondo
reale, che è andato espandendosi nel tempo: dall'8% del 2001 al 38% del
2014". E, in maniera inversamente proporzionale a quanto avvenuto per le
emissioni ufficiali, questo gap ha accelerato proprio dopo il 2009. Il
risultato è che "meno della metà delle emissioni di CO2
risparmiate sulla carta è stato effettivamente messo in pratica. Dal
2010, praticamente nessuna riduzione di emissioni è stata messa in atto
nel mondo reale". Un danno sociale enorme.
In accordo con quanto ricostruito da Repubblica.it,
Icct mostra che rispetto ai test il range di variazioni è molto ampio. I
veicoli ibridi sono quelli che registrano un gap maggiore, proprio per
come sono costruiti i test. Sta di fatto che, in media, c'è anche il danno per il privato, che arriva a spendere 450 euro l'anno in più per colmare il gap rispetto ai consumi dichiarati. Il report suggerisce anche il terzo danno, quello per il pubblico,
che sulla base di questi dati può allocare in maniera sbagliata risorse
comuni (per esempio nello studiare una strategia d'incentivazione dei
veicoli 'verdi'), o ancora vedere alterato il sistema fiscale.
L'Istituto indaga anche le cause di questo scollamento tra dati
ufficiali e reali. La maggior parte della differenza tra dichiarato e
consumato effettivamente risale alla flessibilità che le procedure di
omologazione consentono alle case auto: bassissime resistenze alla
marcia e condizioni in laboratorio che non sono assolutamente
rappresentative di quanto accade su strada. Inoltre, le tecnologie di
risparmio del carburante e i propulsori ibridi hanno una resta ottimale
nelle condizioni dei test, senza considerare che i sistemi di
intrattenimento e navigazione, i dispositivi ausiliari e l'aria
condizionata vengono disattivati: quando usati, nella guida di tutti i
giorni, fanno la differenza nei consumi.
Nelle sezioni più approfondite dello studio si offre anche una
scomposizione dei risultati per marchio. La più rilevante è quella che
traccia le differenze tra il consumo dichiarato e le rilevazioni di
Spritmonitor.de, che offre oltre 122mila casi ed è una delle maggiori
fonti del report. Nel dettaglio, si vede che la dinamica del gap tra
dichiarato e reale di Bmw si pone sopra la media (38%), anche se negli
ultimi anni la casa premium tedesca si è avvicinata al resto del gruppo.
Discorso diverso per Daimler e Audi, che hanno vissuto una crescita del
gap negli ultimi tempi al 48% per Daimler e al 45% per Audi. Psa e
Renault-Nissan sono rimasti sotto la media di mercato fino al 2012, ma
hanno poi raggiunto il 40% di gap e lo stesso si può dire di Volkswagem.
Menzione per Fca, Ford e Gm, che sono sotto la media; per il Lingotto,
però, i dati a disposizione sono di meno e l'andamento che ne deriva è
piuttosto erratico.
La morale dello studio è che serve cambiare in fretta la metodologia dei
test. Anche perché quella Worldwide Harmonized Light Vehicle Test
Procedure (Wltp), prevista dal 2017 in Europa, da sola non basterà a
colmare il gap tra emissioni in test e su strada: nel 2020 rischieremmo
di essere ancora intorno al 30% di divergenza (arriveremmo al 50% se non
cambiasse nulla). Per scendere veramente, suggeriscono i ricercatori,
bisognerebbe fare test random e (come previsto dal 2016 per il NOX)
prove vere su strada. Quello che Bruxelles prova ora a mettere in pista.
(foto repubblica.it)