Cop21: niente accordo oggi, si rinvia a domani sabato 12 dicembre
Manca l'intesa su tre punti critici: differenziazione, finanziamenti, ambizione. C'è invece un'intesa sull'Articolo 2, quello che fissa la soglia di aumento della temperatura che parla di restare "ben al di sotto dei 2 gradi"
10 December, 2015
(ansa ambiente)
Il progetto di accordo conclusivo sul clima non sarà presentato
stasera, come annunciato ieri, ma domani sabato 12 dicembre. Lo ha detto il
presidente della COP21, Laurent Fabius, parlando a BFM TV. "Presenterò
il testo domattina presto - ha detto il ministro degli Esteri francese -
potremo prendere una decisione (l'adozione del testo, ndr) a metà
giornata". "Preferiamo darci il tempo di consultare le delegazioni per
tutta la giornata di oggi", ha spiegato Fabius, assicurando che comunque
"le cose vanno nel verso giusto".
IL PUNTO
E' arrivata nella serata di ieri la seconda versione della bozza di accordo della Conferenza Onu per il Clima, con un paio di pagine in meno (27 rispetto alle 29 della prima versione) e qualche compromesso in più. Ma ancora nessuna soluzione definitiva sui tre temi critici: "differenziazione, finanziamenti, ambizione". C'è invece un'intesa sull'Articolo 2, quello che fissa la soglia di aumento della temperatura rispetto all'età pre-industriale: una formulazione intermedia, che parla di restare "ben al di sotto dei 2 gradi", ma sforzandosi di restare anche sotto quota 1,5, per ridurre "rischi e impatti del cambiamento climatico".
Fissata anche al 2023 la data della prima revisione degli impegni nazionali. Restano invece tante parentesi, per esempio, sulla definizione del finanziamento climatico, e due opzioni aperte sul sistema di 'loss and damages', ovvero le compensazioni per i danni irreversibili e le migrazioni forzate.
In un colloquio telefonico i presidenti Barack Obama e Francois Hollande hanno ribadito di volere un accordo "ambizioso e duraturo" al termine dei lavoro. Restano invece tante parentesi, per esempio, sulla definizione del
finanziamento climatico, e due opzioni aperte sul sistema di 'loss and
damages', ovvero le compensazioni per i danni irreversibili e le
migrazioni forzate.
Intorno alla Conferenza cresce la pressione
perchè si arrivi a un'intesa significativa. Per tutta la giornata, le
Ong hanno moltiplicato i loro appelli all'ambizione e al riconoscimento
dei bisogni dei Paesi più vulnerabili. "Non bisogna accontentarsi del
minimo comune denominatore pur di poter dire di avercela fatta", ha
intimato la rete di Ong Climate Action Network, lodando la mobilitazione
della Francia, che nei mesi scorsi ha messo in campo "un sacco di
capitale politico", ma ricordando poi che "intesa internazionale e
ambizione devono andare a braccetto" perché l'accordo sia soddisfacente.
"Ritrovare l'ambizione, che per ora è rimasta tra parentesi", rilancia
invece la Fondazione Nicolas Hulot, che chiede in particolare obiettivi
quantificati per i finanziamenti da assegnare all'adattamento climatico.
Nel pomeriggio, poi, è stato il commissario europeo all'Energia, Miguel
Arias Canete, ad ufficializzare l'esistenza di "una forte alleanza con
più di 100 Paesi, ovvero la maggioranza" di quelli rappresentati alla
Cop21, per "chiedere un accordo ambizioso". Il gruppo, ha precisato,
include l'intera Ue, i 79 Stati dell'unione Acp (Africa, Caraibi e
Pacifico), e da ieri sera anche gli Usa e "un gruppo di Paesi
progressisti latinoamericani". Sono "Paesi sviluppati e in via di
sviluppo, grandi e piccoli, ricchi e poveri", ha tenuto a rimarcare.
Il
commissario europeo ha poi esplicitamente accusato i rappresentanti
cinesi di bloccare le trattative sulla questione della frequenza delle
revisioni periodiche, che l'Europa vorrebbe fossero ogni cinque anni.
"Senza dei cicli quinquennali, l'accordo è privo di significato", ha
dichiarato Canete, argomentando che "se non si ritorna abbastanza spesso
ad aggiornare gli impegni, non si potrà mai raggiungere l'obiettivo a
lungo termine" di azzeramento delle emissioni. Un altro attore
problematico delle trattative, "forse il più esplicito nelle sue prese
di posizione", è l'Arabia Saudita, rilevano ancora le Ong del Climate
Action Network. Il regno, spiegano, si sarebbe messo di traverso "anche
con dichiarazioni pubbliche" sull'obiettivo a lungo termine per
l'azzeramento delle emissioni e più in generale su "qualsiasi
allontanamento definitivo dai combustibili fossili". Ma i sauditi non
sono isolati, ha tenuto a precisare Alix Mazounie: "Come diciamo in
Francia, l'albero nasconde una foresta".
I responsabili Onu,
però, continuano a mostrarsi fiduciosi. Il segretario generale Ban
Ki-moon si è detto "ragionevolmente ottimista" sul fatto che si arrivi a
un "accordo universale e molto ambizioso sul cambiamento climatico, che
renderà le vite degli esseri umani più salutari e prospere". Sulla
stessa linea il direttore del programma Onu per l'ambiente (Unep), Achim
Steiner, secondo cui "il fatto che ora siamo rimasti con forse 3 o 4
temi su cui c'è ancora bisogno di negoziare un compromesso politico e
trovare una formulazione ci dovrebbe incoraggiare".
Nel
frattempo è arrivato un nuovo allarme sui profughi climatici e
sull'importanza di tutelare chi è costretto a fuggire dalla propria casa
per colpa degli sconvolgimenti del clima, in una fase di "sentimenti
anti-immigranti senza precedenti". A lanciarlo è il direttore
dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, William Lacy
Swing, secondo cui gli spostamenti forzati di popolazione sono a un
livello mai visto dopo la Seconda guerra mondiale.