Il Protocollo (ex) provinciale antismog di Milano. Ossia l'araba fenice
Ci si è messa anche Regione Lombardia - che per gli scioperi ha chiesto la sospensione di tutte le misure antismog - a fiaccare un Protocollo provinciale già debole. La Città Metropolitana (nella foto, Anna Scavuzzo) chiede uno sforzo comune
"Come l'araba fenice. Che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa". Sembra questo il destino del Protocollo provinciale antismog di Milano, già dalla sua nascita 3 anni fa, ancor più oggi che la Provincia, di fatto, non esiste più.
La patata bollente infatti ora è passata alla Città metropolitana, stituzione ancora entrata poco nell'immaginario dei cittadini, e così quel tentativo virtuoso di Milano e altri Comuni della fascia metropolitana di rompere gli indugi regionali e concordare misure aggiuntive antismog per contrastare l'emergenza inquinamento milanese, oggi deve ripartire da una nuova “cabina di regia”. Gestita, appunto, dalla Città metropolitana.
La prima allarmata riunione, con i pm10 a quasi 100 mcg/m3 da 25 giorni, si è tenuta ieri, mercoledì 16 dicembre. Un incontro aperto ai Comuni del Milanese, all'Arpa, alle associazioni dei commercianti, per valutare l'attuale portata ed efficacia delle misure provinciali, prima fra tutte il blocco dei diesel Euro 3 senza filtro antiparticolato, che dovrebbe scattare a Milano e provincia dopo 10 giorni consecutivi di superamento del limite dei 50 mcg/m3 i delle polveri sottili PM10.
Provvedimento già scattato da giorni a Milano, ma di cui poco si sa e si parla. In passato non si arrivava mai a più di 10 Comuni davvero aderenti (ci vuole l’effettiva ordinanza dei Sindaci per farlo scattare), nonostante la Provincia di Milano ne conti 134. Questa volta non si sa nemmeno chi ha aderito e in più, il 16 e il 17 dicembre, tutto è andato a monte per la Regione Lombardia che, in virtù dei due scioperi proclamati, il primo dal sindacato autonomo CUB di ATM, il secondo da Trenord, ha chiesto di sospendere tutte le misure antismog.
Messaggera dell'imbarazzo e della confusione è la nuova consigliera delegata per l'ambiente della Città metropolitana, Anna Scavezzo, che nella cabina di regia con i rappresentanti di Confcommercio, Assolombarda, Arpa e Comuni, ha fatto il punto sull'attuale adesione al protocollo provinciale.
La Città metropolitana chiede una maggiore attenzione da parte di tutti i Comuni che non hanno mai sottoscritto il Protocollo, e a quelli che l’hanno sottoscritto ma non lo attuano mai. Soprattutto la Scavuzzo si è lamentata con la Regione Lombardia, che non farebbe quel dovuto lavoro di coordinamento e condivisione necessario. “Purtroppo le decisioni di questi giorni della Regione Lombardia, per la concomitanza con gli scioperi dei dipendenti del trasporto pubblico locale, hanno dato un messaggio contraddittorio ai cittadini e questo ha complicato ulteriormente la situazione. Servono messaggi più chiari.” Insomma, già questi provvedimenti locali sono blandi ma se Regione Lombardia non prende in mano un vero tavolo sulla qualità dell'aria che permetta di condividere strategie e misure su vasta area vasta, dall'emergenza inquinamento non si uscirà mai.
Ancora più esplicita Elena Iannizzi, assessore all’Ambiente di Sesto San Giovanni: “La questione è fondamentale. Bisogna andare avanti con questo protocollo e continuare ad applicarlo, ma ritengo che l'adesione non sia e non possa continuare ad essere a macchia di leopardo, ma di tutti i Comuni della città metropolitana. La Regione deve prendere atto di questo protocollo e farlo funzionare, perché ha il potere per fare in modo che tutti i Comuni vi aderiscano. Altrimenti non ha senso, sia in termini di comunicazione che di efficacia. I ciattdini restano disorientati. Stiamo parlando di salute pubblica che noi amministratori abbiamo il dovere di tutelare”.
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