Acqua sporca in un terzo del paese. Dal 2016 multe salate all'Italia per fogne e depurazione inadeguate
L'Europa presenterà un conto di circa 500 milioni di euro l'anno dal 2016 fino al completamento delle opere, che dovrebbero sistemare depuratori inadeguati, insufficienti o del tutto assenti, in modo che i liquami non finiscano in mare, nelle falde acquifere e nella terra come avviene adesso
12 January, 2016
Nel 2016 l'Italia verrà pesantemente multata dall'Europa “per i gravi ritardi nel rispetto della direttiva comunitaria che prevede da oltre dieci anni la messa a norma dei sistemi fognari e depurativi". A ricordarlo è Mauro Grassi, responsabile della Struttura di Palazzo Chigi #italiasicura che si occupa dello sviluppo delle infrastrutture idriche e del dissesto idrogeologico, dichiarando che il 15 dicembre scorso la Commissione europea ha comunicato al Governo che a breve proporrà alla Corte di giustizia europea l'importo esatto delle sanzioni. Si prospetta un conto salatissimo di circa 500 milioni di euro l'anno dal 2016 fino al completamento delle opere. Opere che dovrebbero sistemare depuratori inadeguati, insufficienti o del tutto assenti, in modo che i liquami non finiscano in mare, nelle falde acquifere e nella terra come avviene adesso. Una situazione che riguarda circa un terzo dell'Italia e come tanti altri gravi problemi del paese non nasce certo ieri.
La prima direttiva europea che imponeva all'Italia di restituire all'ambiente acqua pulita è del 1991. Per otto anni è stata sostanzialmente ignorata. Poi nel 2000 una nuova direttiva imponeva di raggiungere un buono stato delle acque entro il 2015 ma anche in questo caso è stato fatto poco o niente. Le conseguenze sono state una prima condanna dall'Ue nel 2012 e una seconda nel 2014. Adesso le multe.
Secondo Grassi "gli investimenti necessari a scongiurare le stesse sanzioni stentano a decollare" e che occorrono sia aumenti tariffari sia la completa attuazione della normativa sulla governance del settore idrico per evitare di disperdere risorse con interventi frammentati. In sostanza, i soldi ci sono ma per incuria e incapacità non vengono utilizzati. Ad ottobre Giuseppe Salvaggiulo su La Stampa riportava che negli ultimi 15 anni sono stati stanziati 3,5 miliardi che però non sono mai stati spesi, mentre l’Authority calcola che solo il 55% delle opere necessarie e pianificate è stato realizzato. Il servizio idrico prima era organizzato dai comuni. Adesso è in capo agli Ato, gli ambiti territoriali ottimali in cui sono divise per legge le Regioni, che si rivolgono ad un gestore unico che organizzi tutto il servizio dalla fonte al depuratore. Come nel resto d'Europa i cittadini pagano le tariffe che includono anche gli investimenti per la manutenzione, mentre per le opere straordinarie ci sono finanziamenti statali. Il problema è che in Italia ci sono ancora 2500 gestori, come ricorda Salvaggiulo, quando ne basterebbero meno di cento.
Le condanne europee riguardano Abruzzo, Calabria, Campania, Friuli Venezia-Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Valle d’Aosta e Veneto: quattordici regioni su venti. E 2500 Comuni su circa ottomila, tra cui capoluoghi come Trieste, Imperia, Napoli, Reggio Calabria, Agrigento, Messina e Ragusa e località turistiche come Capri, Ischia, Rapallo, Santa Margherita ligure, Porto Cesareo, Soverato, Cefalù e Giardini Naxos. Non rispettano le regole 175 Comuni in Sicilia, 130 in Calabria, 128 in Lombardia e 125 in Campania.
Grassi sostiene che con lo "Sblocca Italia" il Governo ha fissato dei paletti per la costituzione degli Enti di governo degli ambiti e affrontare la situazione emergenziale prevedendo la possibilità di ricorrere all'azione dei Commissari di Governo per accelerare l'attuazione degli interventi, già completamente finanziati, necessari a superare le procedure di infrazione. Una scelta che ha un impatto considerevole soprattutto sugli interventi da 1,6 miliardi di euro stanziati dalla Delibera CIPE 60/2012, di cui 1,1 miliardi di euro solo per la Regione Siciliana". Ad oggi, prosegue, "sono stati nominati commissari governativi per la realizzazione di fognature e impianti per la depurazione nelle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Veneto e Sicilia. In particolare, in Sicilia il valore degli interventi oggi passati nella gestione del commissario è di oltre 600 milioni di euro. Con i "patti per lo sviluppo" poi, il Governo continuerà a garantire investimenti pubblici nelle situazioni ancora a rischio di sanzioni europee". Sull'aumento tariffario, Grassi spiega che "l'obiettivo è raggiungere livelli di investimento nel sistema idrico simile agli altri paesi europei, e passare dagli attuali 36 euro per abitante ad almeno 50 euro/abitante, per avvicinarsi agli 80-90 euro/abitante dei paesi più virtuosi del contesto europeo".
Sul fronte governance il responsabile di #italiasicura rileva che "le Regioni che presentano il maggior numero di situazioni di infrazione comunitaria sono quelle che non hanno attuato la riforma della governance del settore idrico". Serve invece "un gestore efficiente, organizzato e capace di realizzare economie di scala", altrimenti "le risorse potrebbero essere disperse in interventi troppo frammentati".
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"La situazione italiana sul trattamento delle acque reflue ha dell'incredibile, se si considerano le risorse stanziate - afferma il segretario dei Radicali italiani, Riccardo Magi - più di 3 miliardi per quasi 900 opere tra depuratori, fognature e acquedotti. Opere per le quali, però, non sono nemmeno partite le gare. La responsabilità di questo disastro è degli enti locali. Per questo, quando arriveranno le multe, presenteremo esposti alla Corte dei Conti per danno erariale, perché a pagare non siano i cittadini".
(foto tubiadige.it)