Allarme clima: nel mondo molte persone lavorano in posti con temperature intollerabili
Un rapporto presentato all’International Labour Organization di Ginevra ha evidenziato come in molti paesi poveri agricoltori e operai lavorano in condizioni climatiche avverse e pericolose
03 May, 2016
Un nuovo rapporto pubblicato
alla fine di aprile sostiene che le economie emergenti dovranno ridurre le ore di lavoro del dieci per
cento via del deterioramento delle condizioni termali nei luoghi di lavoro
provocato dai cambiamenti climatici. Si stima che questa perdita potrà avere
conseguenze economiche negative anche per alcuni paesi in via di sviluppo come
l’India, l’Indonesia e la Nigeria. Attivare i piani per tagliare le emissioni responsabili dell’effetto serra, così come
stabilito dall’accordo di Parigi, contribuirebbe notevolmente a ridurre
l’impatto economico e sanitario di questo innalzamento della temperatura.
La ricerca è stata presentata
nella sede dell’International Labour Organization di Ginevra e ha voluto
commemorare la giornata mondiale dei Lavoratori sottolineando i rischi
collegati alle temperature troppo elevate nei luoghi di lavoro, un pericolo
piuttosto consistente per la salute e la produttività che può condurre a colpi
di calore e in “casi estremi” anche alla morte. Lo studio, intitolato “Climate
Change and Labour: impacts of heat in the workplace” (Cambiamento climatico e
lavoro: impatto del calore sui posti di lavoro – N.d.T.) si basa su una ricerca
aggiornata sulle conseguenze economiche dei lavori eseguiti in condizioni
termali estreme.
Oltre un miliardo di impiegati, datori di lavoro e comunità devono
lavorare in posti dove la temperatura è molto alta, sottolinea il rapporto.
L’impatto del cambiamento climatico sul lavoro non è ancora stato adeguatamente
preso in considerazione dalle politiche sul clima e dai provvedimenti
occupazionali. In un caso, il rapporto evidenzia che la riduzione delle ore
lavorativa a causa dei cambiamenti climatici aveva raggiunto la soglia del 4
per cento già nel 1990.
Le aree più esposte includono
il sud degli Stati Uniti, l’America Centrale e i Caraibi, la parte
settentrionale del Sud America, l’Africa del Nord e quella occidentale, il Sud
e il Sud-Est asiatico. I paesi più vulnerabili sono quelli meno sviluppati e le
economie emergenti, con un’alta concentrazione di lavoro effettuato all’esterno
e servizi industriali condotti in condizioni dove le condizioni climatiche non
sono sottoposte a controlli adeguati.
Anche con il limite di 1,5 gradi
posto dall’Accordo di Parigi, alcune zone della Terra dovranno affrontare quasi
un mese in temperature estreme entro il 2030, sottolinea lo studio. Questo
calore ridurrà la produttività lavorativa e aumenterà il bisogno di pause,
elevando i rischi sanitari e gli incidenti. Cecelia Rebong, rappresentante
permanente delle Filippine all’ONU, ha affermato che l’impatto del calore sui
posti di lavoro “aggiunge un ulteriore strato di vulnerabilità ai paesi in via
di sviluppo che già soffrono a causa dei cambiamenti climatici”. La necessità
di porre un limite al riscaldamento globale è “critica e urgente”, ha aggiunto.
Il rapporto evidenzia che “Quando fa
troppo caldo, le persone lavorano con un’efficacia inferiore, le abilità
decrescono e diventa più difficile anche pensare. I governi e le
organizzazioni internazionali hanno da tempo stabilito gli standard ottimali
delle temperature nei posti di lavoro, ma i cambiamenti climatici hanno
alterato la situazione e un ulteriore riscaldamento è una sfida importante per
tutti i lavoratori e i datori di lavoro che operano all’esterno in condizioni
dove non c’è aria condizionata”.
Lo studio è stato condotto e
finanziato dall’International Climate Initiative del Ministero per l’Ambiente,
la conservazione della Natura e la sicurezza Nucleare tedesco.
Fonte – thecvf.org
Traduzione – Laura Tajoli