Comieco al Cibus di Parma: il futuro degli imballaggi nel settore alimentare
Durante la fiera "Cibus" di Parma, il convegno di Comieco sui vantaggi di un packaging più sostenibile nel settore alimentare. Abbiamo intervistato Eliana Farotto, Responsabile Ricerca e Sviluppo in Comieco
12 May, 2016
Cosa accadrebbe se un domani potessimo sostituire tutto il packaging dei cibi freschi con imballaggi biodegradabili e compostabili? Che benefici ne avrebbero la riduzione dello spreco di cibo, la conservabilità e la qualità del prodotto? Sarebbe sostenibile come costi?
Sono alcune delle domande poste dal convegno di Comieco al Cibus di Parma, tenutosi mercoledì 11 maggio, che ha preso spunto da una ricerca del professor Francesco Bertolini - SDA Università Bocconi, sui potenziali effetti dell'aumento dell'imballaggio compostabile sul mercato, partendo dall'assunto che oggi, anche nella carta e cartone, si usa packaging che non sempre può essere riciclato e, soprattutto, non certo conferito nel rifiuto umido (organico), in caso di di alimenti scaduti, deperiti, non più edibili.
Un convegno a cui hanno partecipato anche Gabriele Folli, Assessore all'Ambiente del Comune di Parma, Piero Attoma e Carlo Montalbetti, rispettivamente vicepresidente e direttore generale di Comieco, Andrea di Stefano, responsabile Progetti Speciali Novamont, Claudio Dall'Agata, direttore Consorzio Bestack e Gianpaolo Angelotti, presidente Fiesa Confesercenti.
Ne
abbiamo parlato con Eliana Farotto, responsabile ricerca e sviluppo in
Comieco, anche lei relatrice al Convegno.
Cosa è emerso dal Convegno?
La risoluzione approvata dal parlamento europeo il 9 luglio 2015 introduce l’obbligo di raccolta differenziata della frazione organica entro il 2020 e il divieto totale di incenerimento della stessa. Oggi ci sono le tecnologie per avere imballaggi diversi, chiamiamoli bioimballaggi, imballaggi naturali, che possono avere una funzione anche conservativa per il prodotto. Facciamo l'esempio della frutta: all'interno di questi imballi può durare di più, quindi avrò meno spreco, e soprattutto non mi costringe a venderla quando è ancora troppo acerba, in sostanza l'imballo diventa anche un conservante naturale del prodotto. E può esserci un risparmio di milioni di euro, grazie alla riduzione delle inefficienze in questo settore.
Cosa
ha dichiarato il Consorzio Ortofrutta presente al Convegno?
Claudio Dall'Agata, direttore del Consorzio Bestack, ha parlato di una sperimentazione che stanno conducendo proprio con questi tipi di imballaggi, definiti microbici, che permettono al prodotto di durare di più. Sono sicuramente molto più sostenibili.
Qual
è stata la posizione della Confesercenti?
Hanno sottolineato il problema dei costi più alti di questi imballaggi che ancora impedirebbe alla produzione di utilizzarli su larga scala. E' anche vero però che se parliamo di prodotti di una certa qualità, soprattutto nel contesto italiano dov'è la qualità alimentare è un capisaldo, la maggior spesa per questo tipo di imballaggi, a mio parere, potrebbe essere affrontata. Se parliamo di alimenti come una bresaola, che possono costare anche 40 o 50 euro al kilo, credo che la differenza in termini di centesimi di euro di un imballo o vaschetta più sostenibile, che possa conservare meglio il prodotto ed essere conferito nell'umido, in caso di smaltimento, possa essere affrontata.
Ma
si può parlare di imballi naturali?
Il
termine corretto in inglese è "bio-based". Si parla anche di biopolimeri. Del resto l'amido di mais è l'ingrediente base di molti di questi pack compostabili ed è una sostanza naturale.
Stefano D'Adda
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