La scritta “a uso interno” sui sacchetti di plastica non li rende legali
Sui sacchetti di plastica si può trovar scritto di tutto. Le diciture più gettonate sono “per alimenti”, “a uso interno”, ma la fantasia di chi cerca di spacciare per non illegale un normale sacchetto di plastica monouso non ha confini
29 July, 2016
Sui sacchetti di plastica si può trovar scritto di tutto. Le diciture più gettonate sono “per alimenti”, “a uso interno”, ma la fantasia di chi cerca di spacciare per non illegale un normale sacchetto di plastica monouso non ha confini.
Esaminando il decreto legge n.28 del 24 marzo 2012, che regolamenta di fatto l'uso dei sacchetti di plastica, andando a definire all'articolo 2 quali possono essere commercializzati e quali no, il legislatore non ha mai fatto menzione a ipotetiche diciture da apporre sui sacchetti. Quindi qualsiasi scritta apposta sui sacchetti, fatta eccezione per quelle che indicano il materiale con il quale è fatto il sacchetto, la riciclabilità del prodotto o l'eventuale azienda che li produce, è da considerarsi semplicemente un di più, che nella maggior parte dei casi viene apposto per sviare il consumatore, per far apparire il sacchetto conforme alla legge.
Infatti se il legislatore ha vietato l'uso dei sacchetti in plastica monouso per l'asporto delle merci, non si capisce la logica con la quale i produttori imprimano la dicitura “a uso interno”. Basta porsi la domanda “Se il sacchetto è prodotto con maniglie esterne, che tipo di uso interno posso farne se non quello di trasportare le merci da un luogo all'altro?”, per far crollare il finto mito dell'uso interno che dovrebbe giustificare la legalità del sacchetto.
A comprender meglio questo concetto ci viene in soccorso l'affordance, ossia “la qualità fisica di un oggetto che suggerisce a un essere umano le azioni appropriate per manipolarlo”, quindi se il sacchetto ha delle “maniglie esterne” a cosa può servire se non all'asporto delle merci?
Di scritte farlocche sui sacchetti si potrebbe scrivere addirittura una antologia, forse l'uso della dicitura “per alimenti” potrebbe avere un senso perché la legge distingue i sacchetti in due gruppi: per alimenti e altri usi. Ma la stessa legge impone dei requisiti tecnici su cosa è da considerare un sacchetto riusabile per alimenti, definendo “sacchi riutilizzabili realizzati in plastica tradizionale che abbiano la maniglia esterna alla dimensione utile del sacco e superiore a 200 micron se destinati all’uso alimentare”. Ma nessun sacchetto in plastica di quelli analizzati e che riportano la scritta “per alimenti” supera i 200 micron. Di conseguenza anche loro sono da considerasi illegali.
Un elenco puntuale e completa della legislazione in materia di sacchetti di plastica è proposta da Assobioplastiche sul loro sito. Mentre quelle che seguono sono le scritte più interessanti che si possono trovare sui sacchetti, una sorta di bestiario della fantasia dei produttori:
- Imballaggio ad eliminazione non inquinante;
- Imballaggio con funzione di involgente protettivo, progettato per alimenti, idoneo al contatto alimentare;
- Per alimenti D.M. 21,03,1973;
- Tenere lontano dai bambini, rischio soffocamento, garantito per alimenti D.M. 21.03.1973, sacco per l'imballo ad uso interno e non per asporto;
- Tenere lontano questo sacchetto dai bambini, rischio soffocamento, sacchetto per imballo ad uso interno non per l'asporto;
- Sacchetto biodegradabile conforme alla direttiva ce del parlamento europeo, in tempi medio l.e.com. Ent. 5 anni rispetto agli standard tecnici europei, vigenti e conformi all'art.1 comma 1130 della legge 26/12/2006 e succes. Modifiche,non usare questo sacchetto per la raccolta della frazione umida nella raccolta differenziata dei rifiuti (per questo sacchetto si rimanda al Campione n°3 del dossier di Assobioplastiche dal nome Biodegradazione degli shopper: la realtà delle prove sperimentali”).