Siamo sicuri che il pranzo libero a scuola sia una conquista?
dal blog di Mariano Turigliatto sull'Huffington Post dell' 1.09.2016
05 September, 2016
Adesso è ufficiale: anche l'Ufficio scolastico regionale del Piemonte - in pratica la sede regionale del Miur - fa marcia indietro rispetto alla posizione di intransigenza che aveva assunto sulla "libertà di pranzo", sancito dalle sentenze del Tar nella primavera scorsa. In pratica, da settembre le scuole potranno essere tenute a garantire, accanto al servizio di refezione scolastica, anche spazi e modalità di consumo per i pasti che i bambini si porteranno da casa.
Preoccupazione fra le persone di scuola e fra coloro che debbono garantire la corretta erogazione del servizio. Preoccupate per le conseguenze operative, ma anche del significato profondo di questa presunta "conquista di libertà". Non c'è bisogno di essere dei gufi per immaginare cosa succederà alla riapertura delle scuole: da una parte i bambini che frequentano la mensa, dall'altra quelli che si avvalgono del "pranzo libero"; gli insegnanti costretti a dividersi in due per seguirli tutti - davvero solamente più badanti buoni per qualunque servizio - altro che educatori!
Dovranno anche stare molto attenti a che gli allievi non si scambino parti del pranzo casalingo (vuoi assaggiare il calzone che mi ha fatto mia mamma? In cambio vorrei un po' della pasta al forno che ti ha preparato la tua...): immaginate cosa succederà quando il vegetariano, sfuggendo per un istante alla sorveglianza dell'insegnante/ badante, mangerà la mortadella del compagno onnivoro; se l'islamico si ciberà della carne di maiale della ragazzina che gli fa da tempo una corte discreta, purtroppo condita da cibo suino (quale migliore occasione per fare amicizia)? Soprattutto immaginarsi se, per sfortuna incuria o casualità, qualcuno starà male... magari anche una semplice dissenteria, un mal di pancia più forte del solito, una nausea tardo-pomeridiana.
Inevitabilmente sarebbe il docente/badante di sorveglianza a essere chiamato in causa. Proprio come accadeva in passato, quando permettevano la somministrazione della torta di compleanno di qualche loro allievo, preparata dalla mamma amorevole. Al primo accenno di problemi, scattarono i divieti: basta somministrare cibi non certificati, serviti secondo le regole e trasportati in modo adeguato, incartati e sigillati di tutto punto con chiara indicazione del luogo di produzione. Gli avvocati sono già in agguato...
Il bello della scuola è che, almeno lì dentro, si è tutti uguali... o almeno un po' più uguali del solito: fine anche di questa prerogativa. Chi mangia il panino portato da casa è uno sfigato che non ha i soldi per la mensa. Chi mangia il pranzo casalingo formato esportazione ha la mamma e/o il papà che gli vogliono davvero molto bene, dato che gli permettono di non mangiare le cose cattive che servono in mensa e che gli insegnanti pretendono che vengano almeno assaggiate. Sono storie già viste con la merenda del mattino: il sacrosanto principio della merenda preparata a casa (libertà di spuntino) trasformato in una brioche confezionata o in una tegola di pizza acquistata dal fornaio di fretta e furia, portando il pargolo a scuola, così non fa storie. Facile anche immaginare allievi dotati di panini o pietanze da urlo e compagni sfigati con la solita pizza o con gli avanzi della cena della sera prima. Educativo al massimo...
Negli Usa, il paese più obeso del mondo (35% di obesi), il 17% dei giovani fra i 6 e i 16 anni ha problemi di questa natura a causa della malnutrizione da cibi spazzatura e bevande dolci. In Italia nella stessa fascia di popolazione il tasso di obesità è dell'11%, era del 4 solo dieci anni fa. Una riflessione sul senso e sull'importanza dell'alimentazione e dell'educazione alimentare potrebbe portare significativi benefici, oltre che ai giovani virgulti, anche al sistema sanitario pubblico e al welfare in generale: raramente i ricchi sono ciccioni e non è una questione genetica. L'hanno capito perfino gli statunitensi che, infatti, dotano le scuole di mense dove cominciano a servire cibi più sani. Sembrerebbe incredibile, ma spendono perfino fondi pubblici per fornire a tutti i ragazzi le stesse opportunità alimentari, almeno una volta al giorno: nell'Oklaoma, dove Trump sbancherà alle elezioni di novembre, nelle scuole pubbliche il costo della mensa è di 25$ al mese (cinque giorni a settimana), la differenza la pagano la municipalità e lo Stato. In Europa, quella con cui ci si lava ciclicamente la bocca, semplicemente l'eventualità del "pranzo da casa" non è né contemplata né rivendicata, salvo che quando non esiste alternativa.
Da noi la mensa - un servizio indispensabile per gli allievi che stanno a scuola tutto il giorno - è diventata un lusso che molte famiglie non possono più permettersi, specie se hanno più di un figlio e, magari, un lavoro molto precario. L'hanno fatta diventare questo i Comuni, che disinvestono ogni volta che hanno problemi di bilancio, e lo Stato che non incentiva i servizi di qualità e di fondamentale funzione sociale. Mischiare una finta libertà - quella del "panino" o della "libertà di pranzo" - con la giusta e sacrosanta rivendicazione di una mensa trattata, come un tempo lo era, da servizio sociale a forte valenza educativa, è mistificare la questione. Significativo che nessuno abbia fatto causa ai Comuni per i continui rincari del servizio e per il peggioramento della qualità: sarebbe stato un comportamento da paese civile.
Meglio rivendicare una libertà che è facile concedere perché distoglie l'attenzione dal sistematico peggioramento del servizio offerto. È illudere che, con la libertà di farci ciò che si vuole, la scuola migliori la sua qualità e funzione sociale. È fare finta che non siano le scelte politiche di spesa e la capacità di partecipazione nel controllare qualità e appetibilità dei cibi il vero discrimine alimentare delle nostre scuole. La solita libertà per finta, insomma.
Perché è vero esattamente il contrario: la scuola è potente e utile se è un'isola di uguaglianza, di cultura, di educazione e di civiltà. Un posto dove, insieme alle famiglie, costruire il domani dosando cooperazione e competizione, dove insieme ci si attrezza al mondo che verrà. Anche a tavola.