Sociale, educativa e di qualità: prove di dialogo per una mensa scolastica più vicina alle esigenze dei bambini e riprendere a cucinare a scuola
Una sintesi dell'incontro dibattito “Formichine Salvacibo, nelle mense tempestose”, un momento di confronto “per una politica sostenibile del cibo scolastico e per la riduzione degli sprechi” che si è svolto a Torino mercoledì 7 settembre
07 September, 2016
Mercoledì 7 settembre, presso la sede Centro San Liborio - Fab Lab Pavone a Torino, si è svolto l'incontro dibattito “Formichine Salvacibo, nelle mense tempestose”, un momento di confronto “per una politica sostenibile del cibo scolastico e per la riduzione degli sprechi”. L'incontro è stato promosso da Eco delle Città e Centro San Liborio - Fab Lab Pavone, in collaborazione con Slow Food, in vista del Salone del Gusto Terra Madre che si terrà a Torino dal 22 al 26 settembre. Oltre ad Eco dalle Città e Slow Food, all’appuntamento hanno partecipato, tra gli altri, tag heuer replica watchesgli avvocati Giorgio Vecchione ed Emilia Giachino che hanno portato avanti la causa sul pasto da casa a scuola, Federico Mensio, consigliere comunale M5S e presidente Commissione consiliare Ambiente, e Mariano Turigliatto, insegnante, politico e scrittore. Al centro del dibattito, la ricerca di una convergenza comune verso una mensa scolastica vicino alle esigenze di bambini e ragazzi, che sappia salvaguare il suo valore sociale ed educativo. Sul tavolo la proposta (non solo provocatoria) di tornare alla cucina scuola per scuola. Ecco di seguito una sintesi degli interventi: Giorgio Vecchione (avvocato) Non siamo solo avvocati ma anche portavoci di un coordinamento. In tema di sprechi ci dicono che le mense siano una fucina di sprechi. In alcuni casi sono testimoni gli stessi bambini, che pur non volendo un piatto, gli viene detto di prenderlo “poi al massimo si butta”. Le ragioni per le quali i genitori si sono rivolti a noi come legali nascono sotto un profilo tariffario nel 2013. In quella occasione venne posta anche una richiesta riguardante il pasto da casa. Dopo che il Tar rigettò il ricorso, si innescò la causa sulla sussistenza del diritto soggettivo di potarsi il pasto da casa. La Corte d’Appello confermò che la mensa è tempo scuola, parte integrante del modello di istruzione a 40 ore. Privare il bambino della possibilità di stare a scuola e consumare il pasto portato da casa è una violazione. Federico Mensio (consigliere comunale M5S e presidente Commissione consiliare Ambiente) Lo spreco alimentare va combattuto dappertutto. Questa lotta passa anche dall’educazione. Personalmente sono stato educato a non sprecare cibo. “Prendi piuttosto butta” è un caso emblematico. Pane e frutta, ad esempio, potrebbero essere portati a casa. Sulla merendina a metà mattina poi si potrebbe tornare alla proposta di consumare frutta fresca a scuola. Sono favorevole al mantenimento della mensa nella scuola. In questi giorni si legge sui giornali che Milano ha scelto stoviglie compostabili per la ristorazione scolastica. Torino ha già fatto il passaggio dalla plastica usa e getta al lavabile. Il compostabile è forse meno sostenibile del lavabile in un sistema di refezione con grandi numeri, meglio piuttosto in un evento. E in questo senso abbiamo anche intenzione di sviluppare un vademecum per eventi con riduzione fortissima dell’impatto ambientale. Paolo Hutter (direttore di Eco dalle Città) Ecco una proposta che potrebbe essere la quadratura del cerchio: tornare alle cucine in ogni scuola. Oggi un terzo dei Comuni italiani ha ancora le cucine nelle scuole. Un numero considerevole. Sono realtà che sono state abbandonate per ragioni economiche, di scala e che hanno lasciato da parte il valore di sostenibilità ed educazione. Ma la differenza di costo non è eccessiva. Fare un pasto interno costa il 30% in più rispetto al pasto decentralizzato. Si può quindi tornare a cucinare nelle scuole valorizzando tutte le buone pratiche tagliate fuori dalle grandi cucine esterne, e dando spazio a sperimentazioni volontarie che finora le rigidità delle norme hanno escluso. Daniele Buttignol (Segretario generale di Slow Food Italia) Tutti hanno parlato fino ad ora della questione economica. Prima di tutto andrebbe posta la domanda: quale futuro pensiamo per i bambini? Che consumatori diventeranno? È la lungimiranza politica che entra in gioco. Ci sono scuole che trattano il cibo in maniera diversa, non legato esclusivamente al momento mensa. Cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. A me non basta dire “riapriamo le cucine nelle scuole”. Se il cibo è uguale a quello che arriva oggi, e se l’appalto è identico, cambia poco. Dobbiamo lavorare sulle materie prime che arrivano, in parallelo ad un nuovo approccio educativo. Insisto che ci sia questo elemento educativo e che il cibo non sia legato solo al momento mensa. La mensa è un momento di patto sociale importante. Se ci fermiamo solo al prezzo non va bene. Se andiamo verso un orizzonte di qualità ed educazione allora possiamo metterci intorno ad un tavolo per discutere. Abbiamo alcuni esempi (come Bagno a Ripoli) dove la mensa è uno dei momenti di un percorso in cui il bambino acquisisce le competenze per regolarsi autonomamente al momento del pasto, scegliendo con criterio e senza sprechi cosa mangiare. Fondamentale è anche il ruolo degli insegnanti: ma se il momento del pasto viene solo visto che come momento di supervisione affinche i bamibini “si riempiano”, non abbiamo centrato l’obiettivo. Un insegnante che non avuto formazione sul cibo, in un momento di caotica distribuzione dei pasti, come avviene oggi, cosa aggiunge dal punto di vista educativo? Mariano Turigliatto (insegnante, politico e scrittore) Attenzione, si rischia di mischiare tutto insieme. Il tema è quello che mettiamo dentro al piatto. Cosa si può fare? In primis, attraverso i capitolati si può decidere la natura di ciò che compone il pasto dei nostri bambini. Seconda questione: come lo prepari? E in che modo viene somministrato? Ci sono molte differenze tra una scuola e l’altra. La pasta non parte condita e la gradibilità va in base a come viene lavorata nella scuola. Nella mia vita di insegnante ho sempre mangiato a scuola. La maggior parte degli insegnanti non sono ‘brutte persone’ ma vivono la mensa come un incubo. La mensa è un momento importante ma oggi è caotico. Se hai a disposizione solo 35 minuti: cosa si può fare? La diffidenza dei bambini verso la ’roba cattiva’ la vinci e riesci fargli assaggiare cose che sembrano non gradire, solo se se c’è l’ambiente giusto. Sulla proposta di tornare alle mense con cucine interne il mio consiglio è: differenziamo. Facciamolo laddove possibile anche se maggior costo e dove non è possibile controlliamo la filiera. Paolo Hutter (direttore di Eco dalle Città) Con la questione del pasto da casa, si è creato un punto interrogativo, una situazione che richiede una risposta più “alta”. Sentiamo molto parlare di “food policy”. Se non si fa politica del cibo su questo argomento, a Torino, con tutti gli attori coinvolti, allora di cosa stiamo parlando? Questo è il banco di prova della politica del cibo e possiamo troviamo il mondo per lanciare il dibattito in occasione del prossimo Salone del Gusto. La cucina scuola per scuola, va vista come una “provocazione” per il rovesciamento dell’attuale situazione. Ma le cucine interne possono diventare punto centrale dei processi educativi dei bambini. Daniele Buttignol (Segretario generale di Slow Food Italia) Abbiamo diversi progetti su orti. Se andiamo a guardare singoli casi ci sono realtà dove si possono consumare i prodotti dell’orto con accordi della ditta. Sono accordi con aziende sia per scuole piccole sia per grandi. A Roma, ad esempio, in una scuola l’orto è diventato elemento centrale del programma. Si tratta di casi positivi che purtroppo non sono la norma. Sottolineiamo, inoltre, che non si sta facendo la guerra alle società di ristorazione. Fanno quello che gli viene chiesto. È l’istituzione che deve intervenire. Nel caso di Bagno a Ripoli, ad esempio, c’è una società di ristorazione che è stata coinvolta nel progetto. Ma se il tema rimane quello economico Slow Food "rimane fuori". Per tutelare un diritto dei singoli si rischia di far saltare un sistema collettivo. Ribadiamo l’attenzione da porre sulla qualità del cibo. Se la protesta nasce con l’obiettivo di portare questi messaggi è un conto. Ma si smetta di parlare solo di panino e prezzi. Se parliamo di scuola e figli, poi, i genitori sono parte integrante. È necessario, quindi, trovare una sponda con i genitori. Ad un tavolo comune, qualcuno di loro dovrà esserci. Altrimenti, finiremo che questa situazione si allargherà ad altre parti d’Italia, finendo che non si riuscirà più ad intervenire. Paolo Hutter (direttore di Eco dalle Città) Gli avvocati non hanno detto “lo scopo è smontare le mense”. La loro è nata come protesta dei genitori sul rapporto qualità-prezzo. Oggi discutiamo su come fare e trovare un punto in comune per rendere queste mense più giuste e sostenibili. Tornare alle cucine nelle scuole ( come a Torino sono nelle materne) non sarà facile e non è tutto, ma sarebbe il segno della svolta. Giorgio Vecchione ed Emilia Giachino (avvocati) La rappresentatività dei genitori andrebbe rivista. Noi non rappresentiamo la totalità dei genitori. I nostri assisti dicono: è stato l’unico modo che abbiamo avuto per farci sentire, l’extrema ratio. Siamo consapevoli del valore educativo della mensa e tutti i genitori pagherebbero per un servizio migliore. E crediamo anche nel valore sociale della mensa. Ma è giusto che sia un costo sociale spalmato su tutta la cittadinanza e non solo sulle famiglie che pagano la refezione scolastica. Se no finisce che quelli che pagano pienamente il servizio - amzi che lo pagano di più - sono pochi e pagano per tutti.