“Sì al pranzo da casa. Mia figlia non tollera il cibo della scuola”
Da La Repubblica Torino del 11.09.2016
12 September, 2016
“Mi chiedeva ‘Mamma, sarò l’unica con il baracchino?’ Ora è felice, le farò le lasagne e per me single è un risparmio” Michela Cesaretti è una mamma single, ha una figlia di 9 anni che quest’anno, in quarta elementare, a scuola non mangerà in mensa ma mangerà cibi portati da casa: Michela è uno dei genitori che hanno fatto ricorso
Perché il no alla mensa?
«Mia figlia mangia pasta in bianco da anni e in un paio di occasioni ha anche vomitato. A casa invece è una buona forchetta, ha i suoi gusti ma mangia di tutto. A scuola invece nulla e questo incide sul rendimento: ha un disturbo dell’apprendimento diagnosticato, ma anche le maestre mi dicono che il calo di concentrazione si manifesta nel pomeriggio e io credo dipenda anche dal fatto che non mangia».
Quando ha deciso di buttarsi nella battaglia del panino?
«Mi sono lamentata per anni con la scuola, senza risultato. Poi a giugno ho visto che i ricorsi funzionavano e allora ho deciso di farlo anch’io».
Come si organizzerà?
«Sono una fisioterapista, lavoro 34 ore a settimana ma su turni fissi. Cucinerò nei pomeriggi in cui sono a casa, nei fine settimana. Farò porzioni da freezer e le scongelarò di volta in volta. Non mi costa poi molto alzarmi 5 minuti prima e prepararle una pasta al mattino, di sicuro non riscalderò quella avanzata la sera prima. E qualche volta mangerà anche il panino, non credo sia un delitto: lo proponeva anche la mensa. Certo, pranza re con quel che fornisce la scuola sarebbe più comodo, ma credo sia più importante la qualità di ciò che mangiano i nostri figli».
È anche una questione economica?
«La mensa è molto cara: io in questo momento sono sola, ma non legalmente separata e quindi risulto ancora con il reddito di mio marito e pago la tariffa massima, 7 euro e 10, 150 euro al mese più la tassa d’iscrizione. Se il cibo fosse buono, potrei pure spenderli. E sono pronta a tornare indietro se la qualità dovesse salire».
Non è preoccupata che sua figlia possa sentirsi “diversa”?
«All’inizio sì, ma gli avvocati mi hanno assicurato che non ci saranno discriminazioni, pretenderò che mia figlia stia insieme agli altri, perché è un suo diritto».
E la bambina cosa pensa?
«Mi ha chiesto spesso: “Mamma, sarò l’unica?”. L’ho tranquillizzata, le ho spiegato che dovrà aggiustarsi: gestirsi il pasto, non far assaggiare le cose altri altri. È un modo per responsabilizzarla. Ora è contenta: le farò le lasagne, così farà morire di invidia i compagni».