Cambiamenti climatici e economia circolare, l'incontro d'apertura di Fa' la cosa giusta organizzato da Novamont
Un incontro con le eccellenze italiane del CIC, CiAl e Comieco per “scomporre e ricomporre ingredienti e legami a partire dai materiali per rendere possibile processi di ricostruzione ispirati alla resilienza”
11 March, 2017
La prima giornata di Fa' la cosa giusta è cominciata all’insegna della circular economy con un incontro organizzato da Novamont dal titolo emblematico ma che rende appieno l’eterogeneità del concetto di economia circolare: “Dall’alfabeto al DNA dell’economia circolare. Scomporre e ricomporre ingredienti e legami a partire dai materiali per rendere possibile processi di ricostruzione ispirati alla resilienza”. In una sorta di continuum con il convegno che ha aperto la scorsa edizione della fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili “L'alfabeto dell'economia circolare dalla A alla A”.
A fare gli onori di casa è stato Andrea Di Stefano (responsabile progetti speciali di Novamont) che in apertura dell'incontro ha messo subito in chiaro un aspetto: “sono troppi i dubbi sul significato di economia circolare, ecco perché con questo incontro si è scelto di dare una lettura diversa partendo dai cambiamenti climatici”. Un incontro quindi per comprendere meglio non solo i rischi dei cambiamenti climatici, ma per mettere in luce tutte quelle buone pratiche di resilienza intrinseche nell'economia circolare che, se diffuse su larga scala, permettono di mitigare l'impatto dei cambiamenti climatici. Andando a frenare o arrestare la corsa verso il punto di non ritorno che, come ha ricordato lo stesso Di Stefano “abbiamo già superato in tre ambiti: riduzione della biodiversità, modifica ciclo del fosforo e dell’azoto, e superamento del limite dei cambiamenti di destinazione del suolo”.
Una lotta ai cambiamenti climatici che passa anche attraverso il disaccoppiamento dell'andamento del prodotto interno lordo e la produzione di CO2, dimostrando che è possibile una crescita delle attività economiche a fronte di impatti ambientali stabili o in declino per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell'economia. Senza dimenticare che ad oggi, dopo la Cop21 e con l'accordo di Parigi, i governi di 195 paesi si sono impegnati a non superare di 1,5°C l'aumento medio della temperatura mondiale, ma che di fatto solo la Cina ha intrapreso politiche a lungo termine per contrastare i cambiamenti climatici con una strategia energetica che premia gli investimenti sulle fonti rinnovabili, a fronte di uno stop degli investimenti sulle centrali a carbone per la produzione di energia.
Ad aiutare Di Stefano nello “scomporre e ricomporre” gli ingredienti della circular economy e i legami con i cambiamenti climatici, sono stati Michele Giavini (Senior expert del CIC - Consorzio italiano compostatori), Gino Schiona (Direttore generale di CiAl – Consorzio imballaggi alluminio), Roberto Di Molfetta (Responsabile dell’area Riciclo e Recupero di Comieco, Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica) e Walter Ganapini (Direttore Generale di Arpa Umbria), che con i loro interventi hanno posto l'accento sull'importanza del recupero dei materiali come processi necessari e fondamentali della circular economy nella resilienza ai cambiamenti climatici.
Michele Giavini del CIC ha mostrato come in Italia, grazie anche alla raccolta differenziata, i comportamenti dei cittadini siano cambiati in meglio determinando dal 2009 un calo strutturale della produzione dei rifiuti. Un dato decisamente positivo che, se letto dal punta di vista della raccolta rifiuti organici (la frazione più presente nei nostri rifiuti, la cui raccolta in Italia coinvolge circa 4 mila comuni e più di 40 milioni di persone, nda), rappresenta a pieno titolo un esempio virtuoso di economia circolare e contrasto ai cambiamenti climatici, Perché dall'umido non solo si ricava terriccio utile alle coltivazioni, che incide sulla riduzione dell'uso di fertilizzanti e fitofarmaci e che contrasta la desertificazione del suolo, ma si ricava anche energia. Durante il suo intervento Giavini ha evidenziato anche i dati relativi al rapporto tra la raccolta dell'organico e i livelli occupazionali, infatti per ogni 1.000 tonnellate di rifiuto organico raccolto e trattato vengono prodotti 1,5 nuovi posti di lavoro che, per l'Italia, hanno significato circa 5 mila posti di lavoro in più senza considerare l'indotto.
Ad illustrare un altro esempio di economia circolare incentrata sul recupero di materiali è stato il Direttore generale di CiAl, secondo Gino Schiona “l'economia circolare racchiude in sé tematiche che la nostra società dovrà necessariamente dibattere come l'approccio alle tecnologie informatiche, la durata dei prodotti e il loro fine vita”. “La raccolta differenziata in questi anni si è evoluta – ha continuato Schiona – e i metalli sono un elemento strategico, perché in questo senso l'economia circolare non deve esser percepita solo come recupero di materia ma è una risorsa strategica per lo sviluppo economico e sociale del Paese e di tutta l'Europa”. “Ecco perché – ha concluso il Direttore generale di CiAl – l'Italia deve recepire al più presto la direttiva europea sull'economia circolare”.
L'alluminio è un materiale permanete, infatti il 75% di tutto l'alluminio da sempre prodotto è ancora in uso e l'Europa rappresenta l'area con la più alta quantità di riciclo pro capite nel mondo, che permette di risparmiare il 95% dell'energia utilizzata per produrlo partendo dal minerale riducendo al minimo l'utilizzo delle risorse naturali nelle produzione di beni in alluminio.
“Anche il settore della carta - come a spiegato Roberto Di Molfetta di Comieco - gioca un ruolo fondamentale nella riduzione dei gas climalteranti. La filiera della cartaria europea ha definito una road map al 2050 per ridurre dell'80% le emissioni di CO2 e creare il 50% in più di valore aggiunto con un piano di investimenti di 44 miliardi di euro di cui 15 già investi”. Le leve individuate per questa trasformazione di tutto il settore sono l'efficienza energetica degli impianti di lavorazione, il mix delle fonti energetiche e l'utilizzo di nuove tecnologie nella produzione anche da parte dei fornitori, compresa la logica. Un esempio di questi sforzi può essere il dato relativo alla quantità di acqua utilizzata per produrre una tonnellata di carta, infatti se nel 1970 venivano impiegati 100 metri cubi di acqua per tonnellata di carta prodotta oggi ne servono solo 22.
Un altro elemento fondamentale è quello relativo al recupero della carta e del cartone attraverso la raccolta differenziata. Un settore che in Italia contribuisce nella misura del 43% agli obiettivi di riciclo comprensivi di tutto il sistema Conai, Basti pensare che la sola raccolta differenziata comunale nel 2015 ha permesso di intercettare più di 3.1 milioni di tonnellate di carta e cartone, andando a riciclare l'80% degli imballaggi immessi a consumo. Numeri importanti ma che possono migliorare ancora. Infatti Comieco punta a far crescere la raccolta differenziata al Sud e a Roma, secondo i dati forniti da Di Molfetta solo nel Sud Italia il consorzio ha previsto un potenziale di crescita di circa 600 mila tonnellate annue rispetto alle attuali 650 mila. In pratica l'obiettivo è quello di raddoppiare la raccolta che in termini economici rappresenta un valore di 110 milioni di euro l'anno (valutando i ritorni da corrispettivi e i minori oneri di smaltimento, nda).
A tirare le somme dell'incontro è stato il prof. Walter Ganapini che attraverso il suo intervento ha ripercorso gli ultimi trent'anni della storia italiana (e non solo) analizzando con l'uso del principio della termodinamica i fenomeni che contribuiscono e determinano i cambiamenti climatici: “l'analisi sistemica - dice Ganapini - è l'unica che ci consente di comprendere e padroneggiare la complessità, ha fatto bene Andrea Di Stefano a far partire questa riflessione dal suolo, e quindi dal capitale naturale perché è l'entropia che mette in discussione sotto forma di cambiamento climatico le risorse naturali della terra, l'acqua il suolo l'aria e la biodiversità. Considerare come il cambiamento climatico corrisponda ad una teoria di un fisico della fine dell'ottocento che è tornato di grandissima attualità (il riferimento di Ganapini è al fisico austriaco Ludwig Eduard Boltzmann, nda). le previsioni che noi facciamo devono tener conto del fatto che il cambiamento climatico è sicuramente irreversibile, il limite di irreversibilità del cambiamento climatico da molto tempo è situato a 400ppm, ora siamo a 404 e stiamo andando verso i 410 e sappiamo tutti che i limiti che ci siamo imposti con la Cop21 di Parigi rischiano di dover essere gestiti in scenari dove la variabile tempo si restringe anziché allungarsi. C'è la possibilità che il fenomeno del riscaldamento climatico, per definizione, possa non essere gestito con teorie meccanicistiche o probabilistiche e può la piega di un andamento tumultuoso e imprevedibile e quindi non leggibile”.
“Oggi hanno parlato le eccellenze, il CIC, CiAl, Comieco,
Assobioplastica, un sistema che presenta dei gradi di eccellenza
indiscutibili che corriamo il rischio di non valorizzare. C'è una
situazione – ha continuato Ganapini - per me inspiegabile, a
parte i disastri di un Paese che vede dissolversi culture industriali
senza le quali non si va avanti, passata la fase folle della ricerca
del cost cutting sopratutto sul costo del lavoro, in tutto
il mondo il tema è remanufacturing, reindustrializzare,
perché è lì che passa la creazione di
ricchezza vera che deve essere accompagna da meccanismi di
trasmissione del sapere, di formazione e di innovazione. È
fondamentale che si attivino dei circuiti virtuosi ma con quali
risorse? Stiamo negando da vent'anni almeno l'esigenza che
questo paese si tenga su due pilastri, occorre da un lato che
per l'enormità di patrimoni naturali, culturali e monumentali che
detiene si attivi una vera manutenzione generale del paese dall'alto
valore aggiunto ed dall'altro è necessario che su
questo si attivi il meglio del genus loci col massimo di innovazione.
Bisogna accompagnare questo con un grande sforzo di animazione
sociale, di creazione anche di posizioni di mercato come gli acquisti
verdi, cioè premiare modelli di consumo intelligenti per le imprese
che perseguono l'ambiente pulito, la tutela dei diritti dei
lavoratori e la salute”. “Concludo augurandomi che abbiamo
la capacità di imporre a livello istituzionale delle
agende, o la disponibilità di risorse dirette, per creare delle
condizioni non ostative rispetto a quegli imprenditori e a quei
sistemi d'impresa che abbiano voglia di correre”.