Dopo Torino la birra nelle bottiglie in plastica può avere una seconda chance
Dopo la finale di Champions che in piazza San Carlo a Torino è costata più di 1.500 feriti, emerge in tutta la sua negatività il problema legato agli imballaggi in vetro delle bevande nei grandi eventi
06 June, 2017
A più di 48 ore dalla finale di Champions disputata a Cardiff tra Juventus e Real Madrid, che a Torino in piazza San Carlo è costata più di 1.500 feriti, emerge in tutta la sua negatività il problema legato agli imballaggi in vetro delle bevande.
È assodato che i protagonisti in negativo della serata torinese siano state le bottiglie in vetro contenenti birra che, nonostante i divieti e gli abusivi (presunti o previsti), ricoprivano come un tappeto piazza San Carlo. Immaginare la quantità di vetro presente in piazza è un esercizio difficile, ma sicuramente ci saranno state non meno di 30 mila bottiglie e se si moltiplicano 225 grammi (peso di una bottiglia di birra da 33 cl) per il numero di bottiglie stimate, in piazza c’erano circa 6,7 tonnellate di vetro.
E se quelle bottiglie fossero state in plastica?
Sicuramente il peso dei rifiuti sarebbe stato inferiore di circa dieci volte, infatti una bottiglia da mezzo litro d’acqua pesa circa 25 grammi, e cosa molto più importante, ci sarebbero stati meno feriti dovuti al vetro. La birra in plastica non è una provocazione ma una realtà. In Italia è possibile trovare ‘birra in plastica’ prodotta da aziende come Heineken, Carlsberg, Dreher, Ceres, Bavaria, altre anche più piccole come la Twins e addirittura, per chi ama fabbricarsi la birra in casa, la Coopers ha prodotto delle bottiglie da 500 ml per l'autoproduzione. Molti lettori potrebbero storcere il naso, ma da sempre il PET è il materiale preferito da chi imbottiglia liquidi, grazie alla duttilità del materiale e alla sua economicità se confrontato con i concorrenti vetro e alluminio. Un esempio su tutti le acque minerali.
Tutte le tecnologie in campo per imbottigliare la birra
Altri potrebbero dire che se contenuta nella plastica la birra perde le sue qualità organolettiche, ma anche questa obiezione è stata superata dalla tecnologia. Infatti se si osservano queste nuove bottiglie in plastica si nota subito che hanno un colore scuro e questo per evitare che la luce possa alterare le sue qualità, un po’ come avviene nei contenitori per l’olio. Inoltre per impedire il normale passaggio di ossigeno e anidride carbonica attraverso il PET, la bottiglia è rivestita internamente di una particolare pellicola che normalmente è realizzata o da una resina o da più strati di un particolare tipo di nylon (MXD6, ndr). Ma il futuro, secondo gli addetti ai lavori, è l’M9 un nanocomposito che “aumenta la barriera di CO2 e O2 dell’MXD6 standard rispettivamente del 50% e del 75% " conservando anche un'elevata resistenza alla delaminazione.
La durata di conservazione specificata per la birra negli Stati Uniti è di 110 giorni mentre in Europa è di 180, durate che per chi imbottiglia la birra nella plastica può essere raggiunta con una semplice struttura a tre strati costituita da PET, M9 e PET. Ma un nuovo materiale sta facendo capolino in questa corsa tecnologica verso nuovi imballaggi per alimenti ed è il PEN, che supera i limiti termici del PET permettendo il riempimento con liquidi caldi, addirittura la pastorizzazione (resistente fino a 92°C) e offre una migliore barriera alla CO2 e all’ossigeno O2 rispetto al PET monostrato, un materiale che in Europa e Brasile comincia a fare breccia per contenere la birra.
Gli antagonisti del PET: MXD6, M9 e PEN
Altre barriere sono state sperimentate, come un rivestimento in Tetra Pak che offre barriere di CO2 e O2 pari al vetro. Inoltre, l'elasticità del rivestimento assicura l'integrità della barriera (resistenza alla crepe) nonostante l'espansione e la contrazione della bottiglia durante il riempimento. Altro sistema è quello del BestPET una tecnologia sviluppata da Coca-Cola Corp per imbottigliare succhi, birra e hot-fill. Ma le soluzioni proposte hanno costi elevati e quindi alle aziende conviene imbottigliare nel vetro ma alla conferenza Nova-Pack Americas, Micro-Coating Technologies ha introdotto una tecnologia di rivestimento potenzialmente a basso costo chiamata Combustion Chemical Vapor Deposition (CCVD). "Il nostro sistema a fiamma in atmosfera aperta deposita un rivestimento sottile, su qualsiasi tipo di materiale organico o inorganico, in lattine, bottiglie di plastica o film", afferma John Edwards, Secondo il Direttore delle vendite e del marketing della Micro-Coating Technologies la tecnologia CCVD è più semplice da utilizzare, abbassa il costo per bottiglia ed è più rispettosa dell'ambiente rispetto ad altri rivestimenti, e che migliori le proprietà di barriera di CO2 e O2 senza compromettere la chiarezza.
I produttori di queste nuove bottiglie assicurano che, nonostante queste pellicole, il prodotto è 100% riciclabile come il normale PET. Possiamo solo che fidarci ma sicuramente in quanto a sostenibilità una scelta del genere non è delle migliori ma se ci si sconta con 1500 feriti, come accaduto a Torino, forse è il momento di dare qualche chance alla birra in bottiglie di plastica.