I benefici della filiera italiana del riciclo in un prossimo studio di Ambiente Italia
L’analisi dei benefici in uno studio di Ambiente Italia che sta redigendo per il Gruppo di lavoro Recupero e Riciclo di Kyoto Club, con il supporto di GRUPPO CAP, Cial, Comieco, Conai, Corepla, Ricrea. Il comunicato di Kyoto Club e il commento di Silvia Ricci
10 October, 2017
Kyoto Club: "La filiera del riciclo è l’asse portante dell’economia circolare in
Italia: i dati più recenti di Eurostat lo confermano"
L’Italia, ci dicono i dati più recenti di Eurostat, resi disponibili a settembre scorso, è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti (urbani, industriali, etc).
Con il 76,9% di rifiuti avviati a riciclo presenta una incidenza più che doppia rispetto alla media europea (solo il 37%) e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi paesi europei: la Francia è al 54%, il Regno Unito al 44%, la Germania al 43%.
In termini quantitativi, la quantità riciclata netta (che include import-export di rifiuti e cascami), dell’Italia, pari a 56,4 milioni di tonnellate, è inferiore solo al valore della Germania (72,4 milioni di tonnellate).
I flussi più rilevanti per l’Italia sono rappresentati dai cosiddetti riciclabili tradizionali (carta, plastica, vetro, alluminio, acciaio, legno, tessili) che sommano a 26 milioni di tonnellate e ai rifiuti misti avviati a selezione (circa 14 milioni di tonnellate) oltre ai rifiuti organici e verdi (circa 6 milioni di tonnellate) e ai rifiuti chimici (1,7 milioni).
In sintesi, sia sotto il profilo della quantità di materia avviata a riciclo, che sotto il profilo del valore economico dell’intera filiera del riciclo – dalla raccolta alla produzione industriale di nuovi manufatti – l’Italia rappresenta un caso di eccellenza e il principale player europeo del settore.
L’Italia è infatti anche il secondo Paese europeo, dopo la Germania, in termini di fatturato e di addetti nel settore della preparazione al riciclo, uno degli anelli cruciali della intera filiera industriale del recupero di materia.
Queste e molte altre informazioni verranno riportate dallo studio che Duccio Bianchi, Ambiente Italia, sta redigendo per il Gruppo di Lavoro Recupero e Riciclo di Kyoto Club, con il supporto di GRUPPO CAP, Cial, Comieco, Conai, Corepla, Ricrea: nel rapporto verranno evidenziati la molteplicità delle fonti di raccolta (dai rifiuti urbani, ai rifiuti di lavorazione industriale, ai rifiuti di rottamazione e smantellamento), la diversità delle lavorazioni industriali di preparazione al riciclo (dalle selezione dei polimeri, alla pulizia dei flussi, alla creazione di miscele di fusione o di produzione), la molteplicità di prodotti e linee produttive basate integralmente o parzialmente sui materiali di riciclo.
E verranno descritte l’efficienza ambientale (in termini soprattutto di materia e di CO2 associata), l’efficienza economica ed occupazionale della filiera dell’economia circolare. La pubblicazione dello studio è prevista per i prossimi mesi.
NdR: vale la pena precisare, viste anche le cifre, che nel comunicato si parla di "tutti" i rifiuti (non solo quelli urbani, ma anche quelli speciali). E in base a quanto si evince dal testo, quando si parla di "avvio a riciclo" vengono considerate anche frazioni di rifiuti misti avviati a selezione che non è detto che poi siano poi effettivamente portate agli impianti di riciclo.
Il commento di Silvia Ricci (da Facebook)
Parlando di riciclo di imballaggi e non del riciclo complessivo tra rifiuti urbani ,industriali, etc. non siamo certamente primi in Europa. Basta guardare a quella grande parte degli imballaggi che non vengono riciclati tra plastica e poliaccoppiati* che preferiamo sprecare nell'ambiente e negli inceneritori (invece che introdurre un deposito su cauzione che ne intercetta anche il 90%) per capire che dopo 20 anni le cose potrebbero andare molto meglio. Meglio adottare una comunicazione e un'informazione che non abbia l'effetto di cullare l'opinione pubblica nella percezione del "bicchiere mezzo pieno" e quindi nell'inutilità di cambiare passo. Quello che l'opinione pubblica non ha ancora chiaro è che per affrontare la crisi climatica servono, nel settore della produzione di rifiuti (ed effetti negativi correlati) dei drastici cambiamenti negli stili di vita e di consumo. Servono infatti delle prestazioni almeno triplicate rispetto alle attuali e soprattutto a livello di prevenzione e riuso, prima ancora che di riciclo. Affrontiamo questa sfida invece di bearci in comparazioni inutili che rischiano di causare, come effetto indesiderato, una mancata presa in carico del problema da parte di soggetti politici, aziendali e dagli stessi cittadini. "La quantità riciclata netta dell'Italia sulla totalità dei rifiuti (urbani, industriali, etc. che include import-export di rifiuti e cascami) è pari a 56,4 milioni di tonnellate ed è inferiore solo a quella della Germania (72,4 milioni di tonnellate). I flussi più rilevanti per l'Italia sono rappresentati dai cosiddetti riciclabili tradizionali (carta, plastica, vetro, metalli, legno, tessili), che arrivano a 26 milioni di tonnellate. Seguono i rifiuti misti avviati a selezione (circa 14 milioni di tonnellate), i rifiuti organici e verdi (circa 6 milioni di tonnellate) e i rifiuti chimici (1,7 milioni).
*Esempio del tetrapack: nel 2016 sono state avviate a riciclo circa 25.000 tonnellate di cartoni per bevande, che rappresentano il 26% dell’immesso al consumo. Poco più di uno su quattro.....