Torino, caldo anomalo e smog: 'Ma la siccità al nord ovest non è dovuta al cambiamento climatico'. Un'opinione controcorrente
"Se dal punto di vista termico è inequivocabile che il riscaldamento globale abbia portato ad un sensibile innalzamento della temperatura media sul Piemonte non si riscontrano invece correlazioni con l’andamento della pluviometria". Pubblichiamo un intervento dell'esperto Renato Murcia
18 October, 2017
di Renato Murcia
Le cronache di questi giorni si sono accorte tardivamente della perdurante siccità che attanaglia quasi tutto il Piemonte dalla scorsa primavera, in un susseguirsi di mesi fortemente deficitari dal punto di vista pluviometrico, eccezion fatta per il solo mese di giugno durante il quale si sono affacciati episodi piovosi di una certa rilevanza. Se nel cuore dell'estate erano state le aree centrali tirreniche le più assetate, ora è il Piemonte a subire gli esiti più estremi della mancanza di pioggia.
Siamo oramai giunti nella seconda metà di ottobre e la situazione precipitativa che non si sblocca, oltre a minacciare la disponibilità idrica per uso domestico in molti comuni - alcuni già riforniti da tempo con autobotti, come accade da agosto nel basso alessandrino e più di recente anche in alcuni comuni del torinese - sta andando a sovrapporsi con l'emergenza inquinamento: il mix di assenza di precipitazioni più alta pressione autunnale/inversione termica ha già prodotto numerosi sforamenti del livello dei 50 mcg/mc di polveri sottili in molte località, Torino compresa. I mezzi di trasporto privati sono sempre i principali responsabili, soprattutto adesso che i riscaldamenti domestici sono accesi per lo più al minimo date le temperature che sono 5°C oltre la media stagionale.
Se dal punto di vista termico è inequivocabile che il riscaldamento globale abbia portato ad un sensibile innalzamento della temperatura media sul Piemonte nel corso degli ultimi decenni, con un impennata dopo il 2000, non si riscontrano invece correlazioni con l’andamento della pluviometria che, al di là delle variazioni interannuali (anche molto marcate), non mostra nessun trend significativo di crescita o decremento nell’arco temporale climatologico pluridecennale. In anni recenti, dal 2010 in poi ad esempio, a Torino abbiamo registrato temperature medie annue ben superiori alle medie storiche, ma questi sono stati anche anni decisamente piovosi, con totali di accumulo sovente uguali o superiori ai 1000 mm di pioggia annua (fino ad oltre 1200 mm,) a fronte di una media storica che si aggira intorno agli 850-890 mm. Non si può, almeno in questo caso, quindi, evocare un nesso causale per la nostra regione tra climate change, siccità, e inquinamento ed il 2017 in Piemonte non appare affatto inserito in una serie di annate siccitose, tali da determinare una tendenza conclamata.
La estrema situazione pluviometrica e meteorologica in senso lato dell’anno in corso caratterizzata da elevata frequenza di fasi dominate dalle alte pressioni e scarsità di transiti perturbati che producano precipitazioni (attualmente sul Piemonte il deficit pluviometrico sfiora il 40%), ha attivato più precocemente rispetto agli anni scorsi la comparsa del problema inquinamento in pianura, stante la mancanza di abbattimento meteorico al suolo degli inquinanti da parte della pioggia, il mancato rimescolamento eolico e la maggiore stabilità/stagnazione nei bassi strati collegata agli anticicloni.
Dunque inversione termica è la parola chiave che deve destare le preoccupazioni dei torinesi in tema di concentrazione degli inquinanti nei bassi strati. Il fenomeno è tipico del semestre autunno-invernale e deriva dalla riduzione dell'irraggiamento solare, oramai divenuto insufficiente per instaurare moti verticali nella massa d'aria che sovrasta le pianure europee (e la Valpadana occidentale in particolare, vista anche la ridotta dinamicità meteorologica all'interno del catino orografico delimitato tra Alpi ed Appennino) cosicchè in presenza di una massa d'aria molto stabile nel contesto meteorologico di un’alta pressione (forte anomalia termica alle quote medio-alte) il cielo su Torino è come se venisse “controsoffittato” ad una altezza variabile tra i 500 metri e i 2000 metri dal suolo, con la formazione di uno strato dallo spessore ridotto all'interno del quale gli inquinanti emessi, giorno dopo giorno si concentrano, senza possibilità di scambi e rimescolamenti con i restanti 8 km verticali di troposfera che giacciono al di sopra (come avviene, all’opposto, in estate).
Solo un’energica perturbazione con forti precipitazioni o con l’arrivo di venti di caduta (foehn) in discesa dalle Alpi, può spezzare temporaneamente, nel semestre freddo, la “cappa” inversionale.
(foto lastampa.it)