“Faccio questa vita per offrire ai miei figli un futuro diverso”
Da La Stampa del 02.12.2017
04 December, 2017
Alia Seferovic arriva all’ufficio di Vivi Balon con la moglie Munevera e il figlio adolescente. «Ha finito la scuola, ma quest’anno non è riuscito a entrare in un corso professionale. Speriamo l’anno prossimo - dice il padre - perché non deve fare anche lui questa vita». La vita è quella che in un modo o nell’altro gira intorno ai cassonetti. Se Alia, bsniaco, alcuni figli grandi diventati cittadini italiani, è fortunato, come è successo qualche giorno fa, viene chiamato per sgomberare una cantina. Con un vecchio furgone così riesce a mettere insieme più facilmente qualche «tesoro» da vendere nel mercato informale. All’associazione di Canale Molassi lo conoscono bene. «Alia, come altri, ha la cultura dei cassonetti - dice Cristina Grosso, la tesoriera di Vivi Balon -, sono persone che lasciano tutto pulito intorno». Già, il rispetto delle regole nell’informale aiuta. «C’è gente che vede arrivare mia moglie dal balcone, la chiama, le mette le cose nell’ascensore e glielo manda sotto. Noi, come tantissimi altri, passiamo nella nostra zona tutti i giorni. Stessi orari. È come andare in fabbrica e per me è la vita: con la bici e il carrettino. La mia tessera dell’associazione è la 103, una delle primissime. Sono qui dal ’94». Alia Seferovic è preoccupato per le voci che parlano di una possibile chiusura dei Molassi. «Se dovesse andare così per me sarebbe la fine, non posso fare altro. Ho preso la borsa lavoro, anni fa. Adesso non ci sono più i soldi per quelle cose». Alia con i suoi due figli più piccoli vive in un condominio popolare del Lingotto. «Nelle due settimane in cui il Comune ha sospeso i mercati dopo l’omicidio di via Carcano - racconta - sono andato a lavare i vetri al semaforo. I vigili mi hanno fermato: gli ho mostrato le bollette dell’Atc, 900 euro per affitto, luce e gas. Ho potuto pagare l’affitto, luce e gas ce li hanno staccati. Ho un figlio che va ancora alla scuola media, la situazione è triste. Come lo è per tante persone che vendono qui, che non arrivano a fine mese: marocchini, romeni, italiani. Di concorrenza ce n’è tanta».
[M .T. M.]