L'industria italiana del riciclo è tra le prime in Europa: la gestione dei rifiuti vale oltre 23 miliardi di euro
Presentato il rapporto di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e FISE Unire: "A 20 anni dall’introduzione della prima disciplina organica che ha consentito la nascita, l’evoluzione e la crescita di un settore che nel tempo è divenuto industriale, l'Italia ha raggiunto livelli di eccellenza"
14 December, 2017
L’industria
nazionale del riciclo consolida la propria crescita, avviando a
riciclo nel 2016 il 67% degli imballaggi e trattando quantitativi
crescenti di rifiuti provenienti da raccolte differenziate (umido e
tessile) e da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (AEE). A 20
anni dall’introduzione della prima disciplina organica che ha
consentito la nascita, l’evoluzione e la crescita di un settore che
nel tempo è divenuto industriale, il nostro Paese ha raggiunto
livelli di eccellenza nel riciclaggio dei rifiuti.
Sono
queste le principali evidenze emerse nel corso della presentazione
dello studio annuale “L’Italia
del Riciclo”,
il Rapporto promosso e realizzato dalla Fondazione
per lo Sviluppo Sostenibile
e da FISE
Unire
(l’Associazione che rappresenta le aziende del recupero rifiuti)
tenutasi stamane nel corso di un convegno a Roma.
L’Italia,
e l’Europa più in generale, è alla vigilia di un ambizioso
rilancio delle politiche di gestione dei rifiuti, verso una maggiore
circolarità delle risorse. I nuovi e più ambiziosi target proposti
dal Pacchetto sull’Economia Circolare e la contemporanea adozione
di modalità uniformi per il calcolo del riciclato avranno
sicuramente un forte impatto sul mercato, ma anche sul sistema Paese
nel suo complesso. Ulteriore, auspicabile, effetto positivo sarà
anche quello di contribuire a stabilizzare la domanda e i prezzi dei
materiali riciclati, fornendo maggiori certezze agli investitori.
Nelle
diverse filiere nazionali degli imballaggi il riciclo si è
mantenuto, anche nel 2016, su un buon livello raggiungendo quota 8,4
milioni di tonnellate avviate a riciclo (il 3% in più rispetto al
2015) pari al 67% dell’immesso al consumo.
La
crescita più significativa si è registrata nelle filiere
dell’alluminio (+5%), dell’acciaio (+4%) e del legno (+4%),
mentre si sono confermate le eccellenze nel tasso di riciclo della
carta (80%) e dell’acciaio (77,5%).
Nel
2016 la frazione organica, che da sempre rappresenta la porzione
principale dei rifiuti urbani avviati a recupero, ha gradualmente
incrementato il suo peso rispetto al totale dei rifiuti che entra nel
circuito della raccolta differenziata con una percentuale che è
cresciuta, passando dal 40% del 2011 al 41,2% nel 2016 e raggiungendo
i 107,6 kg per abitante.
Con
riferimento agli Pneumatici Fuori Uso (PFU), i tre principali
Consorzi nazionali nel 2016 hanno garantito l’avvio a recupero di
135 mila tonnellate di materia e l’avvio a recupero energetico di
173 mila tonnellate. Per quanto riguarda i Veicoli Fuori Uso (ELV),
la filiera resta ancora lontana dal target europeo di recupero totale
(del 95% al 2015), anche a causa dell’assenza di forme di recupero
energetico.
Si
conferma l’eccellenza italiana degli oli minerali usati, con oltre
il 99% degli oli gestiti avviati a rigenerazione, mentre cresce anche
la raccolta degli oli vegetali esausti che tocca le 65 mila
tonnellate (+5% vs 2015).
Anche
settori più “giovani”, come quello dei rifiuti tessili, vedono
crescere la raccolta (133 mila tonnellate, +3,3% vs 2015) con quasi
il 73% dei Comuni che ha effettuato il servizio di raccolta
differenziata.
Secondo gli ultimi dati resi disponibili da EUROSTAT e relativi al 2014, la raccolta pro-capite di RAEE da superficie domestica ha raggiunto i 3,5 kg per abitante l’anno (l’85% dei quali destinato a recupero energetico o di materia), mentre è stato raccolto il 39% dell’immesso al consumo di pile e accumulatori portatili.
Con
riferimento allo stesso anno, un’analisi realizzata da Ecocerved
evidenzia una produzione di rifiuti inerti da costruzione e
demolizione pari a 54 milioni di tonnellate di cui il 90% avviati a
recupero di materia.
“La
crescita continua dell’industria italiana del riciclo”,
ha dichiarato Andrea
Fluttero,
Presidente di FISE Unire, “unita
alla prossima approvazione del Pacchetto europeo sull’Economia
Circolare offre l’opportunità al nostro Paese e al sistema delle
imprese del recupero e del riciclo di passare da sistema ausiliario
alla gestione dei rifiuti ad anello strutturale del modello di
economia circolare, con effetti positivi per l’ambiente, l’economia
e l’occupazione. Per dare concretezza a questa prospettiva occorre
risolvere una serie di problemi, come il collocamento delle sempre
maggiori quantità di materie prime e di scarti che risultano dal
riciclo. Servono i decreti End of Waste ed è necessario affrontare
sia il problema dell’oscillazione dei prezzi delle materie prime,
sia quello dei costi di smaltimento delle frazioni di scarto. Bisogna
completare la dotazione impiantistica sull’intero territorio
nazionale, superando le resistenze delle comunità locali spesso
strumentalizzate e far dialogare il mondo della
progettazione/produzione con i settori del recupero/riciclo”.
“L’
industria italiana del riciclo -
ha affermato Edo
Ronchi,
Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - ha
raggiunto un buon livello e vede nel futuro prospettive di crescita
consistenti. Ma per affrontare le sfide poste dalla circular economy
deve fare un salto di qualità per migliorare le sue capacità di
attivare e di usufruire di politiche di sistema con progetti di
diffusione di migliori tecniche di filiera, per mobilitare le risorse
finanziarie necessarie alla nuova fase di sviluppo e per trovare
maggiori sbocchi di mercato per i prodotti del riciclo. Solo così
sarà possibile raggiungere gli obiettivi previsti dal Pacchetto
europeo sull’Economia Circolare”.
L’evoluzione
della gestione dei rifiuti in Europa e in Italia
Questa
edizione del Rapporto, oltre ad approfondire le dinamiche delle
diverse filiere, propone un focus, realizzato da Ecocerved,
sull’evoluzione della gestione dei rifiuti in Europa e in
particolare in Italia, a 20 anni dall’emanazione del D.Lgs. 22/97
che ha disciplinato per la prima volta in modo organico il settore
dei rifiuti.
Nel
2014, il 51% del totale dei rifiuti gestiti in Europa risulta oggi
avviato a recupero, il 49% a smaltimento. In Italia e Germania
l’incidenza del recupero sul totale trattato è significativamente
superiore alla media europea, con punte del 79%; in Francia raggiunge
il 69%. Nell’UE, il settore della gestione dei rifiuti genera un
fatturato complessivo di 155 miliardi di euro e produce quasi 50
miliardi di euro di valore aggiunto; entrambe le voci mostrano
inoltre una crescita nominale di circa il 10% rispetto al 2011. Anche
in termini economici il Paese che si attesta sui livelli più alti è
la Germania, mentre quello con la maggiore accelerazione nel tempo è
la Spagna (+25% di fatturato e +50% di valore aggiunto dal il 2011).
L’Italia,
con più di 23 miliardi di euro, pesa per il 15% del fatturato
complessivamente generato dal settore della gestione dei rifiuti in
Europa nel 2014.
A
livello nazionale, la quantità di rifiuti destinata al recupero è
più che raddoppiata dal 1999 al 2015, passando da circa 29 a 64
milioni di tonnellate, mentre l’avvio a smaltimento si è
drasticamente ridotto da 35 a 18 milioni di tonnellate. Nel 2015 il
55% dei rifiuti gestiti è stato avviato a recupero, il 16% a
smaltimento e il 29% a pretrattamenti, a fronte di percentuali che
nel 1999 erano, nell’ordine: 38%, 46% e 17%. Anche sui rifiuti
urbani e da raccolta differenziata si è registrata negli anni una
notevole inversione di tendenza, con un deciso rafforzamento
dell’avvio a recupero e la marginalizzazione dello smaltimento.
Parimenti
il tessuto imprenditoriale è mutato: le circa 10.500 imprese che nel
2015 gestiscono rifiuti, a titolo di attività principale o
secondaria, sono infatti diminuite rispetto al 1999, in seguito a
processi di concentrazione e integrazione aziendale, con un grosso
aumento delle società di capitale e una riduzione costante delle
imprese individuali, che si sono praticamente dimezzate tra il 1999 e
il 2015, a testimonianza di una progressiva industrializzazione del
settore. Esaminando i risultati economici di un panel di oltre 1.000
imprese che da più di 10 anni gestiscono rifiuti come loro “core
business”, il gestore medio conta un fatturato di 16 milioni di
euro nel 2015, una cifra più che raddoppiata in termini reali
rispetto al 2003. Le piccole imprese (con un numero di addetti
compreso tra 10 e 49), che negli anni hanno via via ampliato la loro
quota di mercato, spiccano nel 2015 con il più alto livello di
valore aggiunto. Si stima infine, sulla base di questo panel, che
l’industria
del riciclo abbia prodotto 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto
nel 2015, equivalenti a circa l’1% dell’intero PIL.
L’intero Rapporto è scaricabile dal sito www.associazione-unire.org (nella sezione “Pubblicazioni” dell’area pubblica) e dal sito www.fondazionesvilupposostenibile.org.