BikePride 2018, la lunga pedalata dei 15mila per il diritto alla mobilità sostenibile | VIDEO
Sono stati più di 15mila i partecipati che dal Parco del Valentino hanno invaso la città con un lungo serpentone per affermare il diritto a una mobilità lenta
07 May, 2018
“Costruiamo noi la strada” è lo slogan che ha fatto da cornice alla IX edizione del Bike Pride, per ribadire che il futuro è in mano alla mobilità sostenibile e la necessità di investire in infrastrutture adeguate che possano cambiare forma alle città. Quest'anno sono stati più di 15mila i partecipati che dal Parco del Valentino hanno invaso la città con un lungo serpentone per affermare il diritto a una mobilità lenta.
Le più progredite e vivibili città europee hanno da tempo indicato la strada e messo la bicicletta al centro della progettazione degli spazi pubblici: le città possono e devono essere ritrasformate in luoghi di vita, di socialità, di commercio, di gioco con al centro la persona, non i mezzi di trasporto. “La strada è uno spazio pubblico e di vita, non esclusivamente un parcheggio o una pista per correre” commenta Fabio Zanchetta, presidente di Bike Pride Fiab Torino - e con questa edizione chiediamo ancora una volta all’Amministrazione di considerare il “ciclismo urbano” come uno strumento per valorizzare e rivoluzionare lo spazio urbano oltre, naturalmente, a rappresentare una valida soluzione all’inquinamento, alla congestione veicolare delle città alla sicurezza stradale”.
Alla vigilia della partenza sul sito internet di Bike Pride Fiab Torino l’associazione ha ribadito la necessità di una politica cittadina più attenta alla mobilità sostenibile con un messaggio che sa di sfida a una giunta comunale all’apparenza “nemica dell’auto”.
Una giunta ambientalista?
Molti torinesi sono convinti che questa amministrazione comunale sia fortemente ambientalista, ciclo attivista se non addirittura nemica delle auto.
Siamo sicuri che a livello personale consiglieri e giunta siano genuinamente schierati a favore delle battaglie per l’ambiente e per la mobilità sostenibile ma come al solito è il riscontro con la realtà e con i dati che ci indica cosa sta realmente accadendo.
Torino deve rientrare da un debito esorbitante e chiaramente questo rappresenta il freno maggiore per investire in qualsiasi direzione. Tuttavia, nel bilancio, il budget per la mobilità ciclistica di questi due anni (più il previsionale 2019) è stato molto più basso di quello stanziato dalle passate due amministrazioni (Chiamparino e Fassino). Nel 2016 si è toccata quota zero. Il 2019 vedrà probabilmente investiti 200.000€ per accedere al cofinanziamento regionale (circa il 50%). Cifre con cui si riesce a realizzare un solo intervento e pure a basso costo.
In politica contano i fatti
In questi due anni l’amministrazione ha messo in campo un progetto coraggioso di riqualificazione in Via Nizza (con più ciclabili e meno posti auto) che partirà a giorni e portato avanti l’ottimo progetto di pedonalizzazione di Via Monferrato.
Su Corso Racconigi invece, su cui c’erano due soldi da spendere, la consulta è stata ascoltata ma la ciclabile è stata realizzata dove serviva poco, esattamente in linea con i progetti (poco utili) del passato.
E poi? Fatta eccezione per l’ottimo ingresso del Bike Sharing Free floating il resto è politica ambientalista “effimera” come le domeniche del pedone (bellissime ma non cambiano la città) e la forzatura sul blocco diesel che sicuramente va nella direzione giusta ma che non cambia una città che continua ad avere fra le più alte statistiche di utilizzo dell’auto in Europa (oltre ad essere fra le più inquinate).
Sono stati bloccati alcuni progetti che avrebbero trasformato delle aree di parcheggio in piazze e vie pedonali, seppur con la contingente costruzione di parcheggi interrati pertinenziali in project financing: fra tutte Piazzetta Lagrange e Corso Marconi. Qui l’intento “ambientalista” (no ai parcheggi) è stato addirittura controproducente perché ora ci troviamo solo le auto e senza l’area riqualificata.
L’aumento dei permessi per il parcheggio in centro, visto da molti come “politica anti auto” , non è certo una buona pratica di mobilità sostenibile.
All’orizzonte si intravede la battaglia sulla ZTL ma l’attuale bozza di proposta è realmente ciò che serve alla città? Ancora non ci vogliamo esporre.
Non si intravedono invece, e questo è più grave, proposte di trasformazione, per quanto low cost, della strada e dello spazio pubblico, la vera sfida del nuovo millennio in ambito urbano. Pedonalizzazioni, zone 30, aree condivise, ecoborghi, superilles: tante modalità ma con un solo obiettivo: rendere gli spazi pubblici a misura di persona e non solo di auto.
L’unica eccezione sarebbe Campidoglio, certo. Ma il progetto di trasformazione pare già agonizzante. Proprio in queste ore si è tornati a parlare di Vanchiglia e San Donato, Via Livorno: due buone suggestioni che attendono la prova dei fatti.
Sentiamo il bisogno di piccoli ma importanti segnali
Insomma, la bicicletta compare in tanti post della sindaca e dei consiglieri ma in strada non si nota un cambio di passo tangibile rispetto alle politiche dell’amministrazione Fassino. La nostra paura è che passeranno 5 anni e non ci ritroveremo una città troppo diversa dal passato.
Sentiamo il bisogno di vedere piccoli ma importanti segnali: qualche dissuasore di sosta, sperimentazioni di aree pedonali low cost o di chiusura di qualche controviale poco trafficato, una forzatura sul doppio senso ciclabile. Piccole cose e a basso impatto economico che però indicano una direzione forte che è quella intrapresa da ormai più di 30 anni dalle città più ricche e progredite d’Europa.