I dieci anni della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: 'Nella green economy la via per riappropriarsi del futuro'
"Un’economia che procura una migliore qualità della vita in uno spazio ecologico limitato e che punta ad una crescita qualitativa e quantitativamente selettiva". Questo il tema affrontato da Edo Ronchi nel suo nuovo libro presentato in occasione del Meeting della Fondazione che quest' anno compie 10 anni
09 May, 2018
Nella società contemporanea i fattori economici svolgono un ruolo decisivo, determinando la sostenibilità o l’insostenibilità dello sviluppo. Nella storia dell’uomo le teorie economiche sono state sempre legate al contesto sociale, così oggi, in una società in cui le risorse diventano sempre più scarse, il cambiamento climatico causa sempre maggiori danni economici e disagi sociali, il consumo inarrestabile di suolo mette a rischio la biodiversità e i beni ambientali, c’è bisogno di una nuova narrazione, di una storia positiva, che può essere interpretata solo dalla green economy, un’economia che assicuri uno sviluppo umano, capace di futuro e quindi sostenibile, che procura una migliore qualità della vita in uno spazio ecologico limitato e che punta ad una crescita qualitativa e quantitativamente selettiva.
Il nuovo libro di Edo Ronchi, “La transizione alla green economy” (edizioni Ambiente) - presentato nel corso dell’ annuale Meeting di Primavera della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che quest’ anno celebra i primi dieci anni e che arriva anche 10 anni dopo che il termine green economy fu usato per la prima volta in un documento dell’Unep - delinea un percorso per rafforzare la transizione green e indica i fattori che ne ostacolano il cammino e quelli che invece lo possono facilitare.
“In un solo secolo, il novecento – scrive Ronchi - la popolazione mondiale è quadruplicata, i consumi di energia sono cresciuti di circa 8 volte e quelli di materiali di oltre 12; i combustibili fossili accumulati in milioni di anni, bruciando in breve tempo e in grande quantità, hanno generato volumi enormi di anidride carbonica che stanno cambiando il clima. Così non si può andare avanti, l’ attuale sviluppo, così com’è, non va; qualche passo nella giusta direzione è stato compiuto, ma si è fatto ancora troppo poco e in modo troppo lento e tortuoso, a volte perfino contradditorio. E il tempo non è una variabile irrilevante per le dinamiche in atto di questa crisi di portata epocale”.
Il saggio individua i tre fondamenti della green economy: tutela del clima e della biosfera (La dimensione raggiunta dagli impatti sul clima e sulla biosfera ha cambiato le condizioni di base, i presupposti fondamentali delle attività economiche. I costi della crisi climatica ed ecologica hanno raggiunto una enorme rilevanza economica); circolarità delle risorse (l’economia circolare, presupposto della green economy, è la via per affrontare il nodo dell’utilizzo sostenibile delle risorse naturali, che consente di disaccoppiare il livello del consumo di risorse da quello delle attività economiche); benessere inclusivo e di migliore qualità (la sostenibilità ecologica si può ottenere sostituendo il consumismo con una migliore qualità dei consumi, con migliori beni e servizi e minori impatti ambientali, inoltre le attività green generano anche più occupazione di quelle tradizionali brown, in 10 anni in Europa, ad esempio l’ occupazione nel settore di beni e servizi ambientali è cresciuta del 40%).
I fattori che potrebbero accelerare la transizione verso la green economy, secondo il volume, sono quattro: le politiche pubbliche, in particolare quelle fiscali; l’ eco-innovazione, la finanza verde e l’iniziativa delle imprese green. La politica stenta ad assumere la green economy tra le sue priorità, sarebbero necessarie invece politiche pubbliche in grado di internalizzare i costi esterni con strumenti economici quali tasse, imposte, tariffazioni, incentivi, disincentivi ecc. in grado di orientare lo sviluppo. L’eco-innovazione non solo porta benefici ambientali, ma può spronare nuove attività economiche, creare occupazione, nuove industrie e mercati e dovrebbe essere orientata nel settore dell’ energia e dell’ uso delle risorse. Anche il sistema finanziario può accelerare la transizione attraverso lo strumento dei green bonds che hanno avuto un vero e proprio boom passando dagli 8,5 mld di dollari del 2012 ai 221 del 2017, ma in questo quadro l’ Italia non figura tra i principali paesi emettitori. Al contrario, il dato sulle imprese green è positivo in Italia, circa il 40%, con risvolti occupazionali e di fatturato positivi: Per arrivare a fare massa critica, però, le imprese green dovranno migliorare la loro abilità nel fare squadra, esercitare leadership nel mondo produttivo, rendere più incisiva la loro interlocuzione con i decisori politici, migliorare la capacità di rendicontare e comunicare la loro visione e le loro performance, valorizzare le loro qualità anche nel rapporto col territorio che le ospita, essere capaci di prevenire i conflitti che troppo spesso ostacolano la realizzazione di nuovi impianti.
I settori economici chiave che guidano la transizione alla green economy e che già in alcuni casi hanno intrapreso la rotta green, sono agricoltura, energia, manifattura, rifiuti, costruzioni trasporti, turismo. Il saggio si conclude con un focus sulle città. Proprio le città che ospitano metà della popolazione mondiale, producono l’ 80% del Pil e il 70% delle emissioni hanno infatti un ruolo decisivo sia nell’ insostenibilità dell’ attuale sviluppo, sia nei cambiamenti della transizione alla green economy.
“Il salto culturale, di visione, richiesto da questa transizione -conclude Ronchi- è piuttosto impegnativo e non è affatto una passeggiata per le culture politiche contemporanee. Tenere conto delle future generazioni che non votano e di impegni e problematiche che vanno oltre il temine dei pochi anni delle legislature è questione non semplice per la politica, specie quando è carente di ciò che la rende preziosa e di qualità: le grandi visioni e i forti valori di riferimento” .