Francia, per grandi catene e banchi alimentari la legge sullo spreco alimentare funziona
Lo scorso febbraio il quotidiano economico francese Les Echos ha pubblicato dei dati, in base ai quali si può dire che per alcuni dei principali addetti ai lavori d'oltralpe, dopo circa 30 mesi dall'entrata in vigore il bilancio della legge è positivo
05 September, 2018
Sono passati due anni e mezzo dall'entrata in vigore in Francia della legge sullo spreco alimentare. Era il 3 febbraio 2016 quando il provvedimento, scritto dai gruppi socialista, ecologista e radicale di sinistra con l’appoggio di 300 deputati della maggioranza e dell’opposizione, veniva approvato all'unanimità dal Parlamento francese.
Su Eco dalle Città ne avevamo parlato in alcune occasioni, soprattutto mettendo in luce le differenze di impostazione con la legge italiana approvata qualche mese più tardi, ma non abbiamo mai affrontato la questione degli effetti in termini di riduzione dello spreco alimentare. Trovare dati attendibili in questo senso infatti non è semplice, in Francia come in Italia e nel resto d'Europa, perché quantificare l'effettiva diminuzione dello spreco di cibo lungo tutta la filiera, dalla produzione al consumo domestico è molto complicato.
Lo scorso febbraio tuttavia il quotidiano economico francese Les Echos ha pubblicato dei dati, in base ai quali si può dire per alcuni dei principali addetti ai lavori d'oltralpe, dopo circa 30 mesi il bilancio della legge è positivo. Il provvedimento, lo ricordiamo, ha reso illegale per istributori buttare cibo commestibile, introducendo un sistema sanzionatorio nei confronti dei supermercati di dimensioni superiori ai 400 metri quadri che mandano in discarica le eccedenze alimentari ancora bune. Chi non si organizza stipulando accordi con organizzazioni caritatevoli, rischia multe fino a 75 mila euro o due anni di reclusione.
I dati
Secondo il barometro 2018 delle merci invendute nei supermercati realizzato da Ipsos per Comerso, una start-up specializzata, il 94% dei punti vendita intervistati dichiara di praticare la donazione del cibo invenduto ma consumabile. "Prima, un terzo dei negozi non donava nulla - osserva Guillaume Garot, deputato PS e firmatario del testo - La legge ha quindi generalizzato le buone pratiche. Ovunque in Francia, il volume delle donazioni è aumentato”. Questo è confermato anche da Jacques Bailet, presidente della federazioni dei banchi alimentari: "I supermercati erano già la nostra principale fonte di approvvigionamento. Nel 2015 avevamo recuperato 36.000 tonnellate di cibo, su un totale di 105.000. Nel 2017, questa cifra è salita a 46.000 tonnellate su 110.000, che corrisponde a 92 milioni di pasti” dice.
Molti supermercati hanno perfezionato i loro processi di approvvigionamento: “Parte dei rifiuti erano dovuti alla paura che mancassero dei prodotti - dicono – adesso le scorte sono calcolate con più precisione, c'è una vendita migliore di quelli che si avvicinano alla scadenza, le frutta e la verdura brutta che una volta veniva gettata via adesso viene venduta o trasformata in zuppa o composta”. Su questo però bisognerebbe approfondire, visto che uno studio recente dell’Università di Edimburgo ha stimato che nell'Unione Europea ogni anno si sprecano ancora circa 50 milioni di tonnellate di cibo per ragioni estetiche imposte proprio dalla Gdo e non sembra che la Francia sia esente dallo sperpero.
Supermercati e associazioni si lamentano però di fondi governativi troppo bassi per sostenere le spese di servizi e strutture per il trasporto del cibo donato e per la salvaguardia della catena del freddo, i cui costi ricadono su di loro in maniera eccessiva.
Il principio di donare invece di buttare dovrebbe presto essere estesa alla ristorazione collettiva, in base alla futura legge sull'agroalimentare, sebbene, ammette Guillaume Garot, "la ridistribuzione dei pasti sia più complessa della ridistribuzione prodotti. Bisogna continuare con il lavoro educativo, specialmente con i bambini che portano il messaggio a casa”. Secondo l'Agenzia per lo sviluppo e la gestione energetica (Ademe), le famiglie sono responsabili di circa il 20% dello spreco di cibo. Si parla di 20 chili di cibo per persona all'anno, inclusi 7 kg di prodotti ancora imballati.