Club of Rome. Le tre R della decarbonizzazione secondo Novamont: rigenerazione, rinnovabilità, re-design
Per Novamont la decarbonizzazione non è un limite esterno, sposato sotto la spinta degli impegni internazionali, ma un'opzione strategica che caratterizza il visionario progetto di bioeconomia che conta ormai tre decenni
17 October, 2018
Per Novamont la decarbonizzazione non è un limite esterno, sposato sotto la spinta degli impegni internazionali, ma un'opzione strategica che caratterizza il visionario progetto di bioeconomia che conta ormai tre decenni.
Rigenerazione. Novamont ha continuato il suo impegno per decarbonizzazione dell’economia attraverso processi produttivi altamente integrati, l’efficientamento energetico, il supporto delle fonti energetiche rinnovabili, la messa a punto di prodotti e soluzioni in grado di risolvere i problemi connessi alla gestione dei rifiuti. Nel 2017 questi impegni hanno permesso un saving di 54.000 tonnellate di CO2, pari al traffico di circa 28.000 city-car in un anno, grazie all’impiego di energia elettrica 100% da fonti rinnovabili e alla centrale co-generativa di Mater-Biotech e al recupero energetico del biogas. Sul tema del littering ha aderito al programma internazionale “Operation Clean Sweep” implementando il programma zero granuli di plastica dispersi nell’ambiente.
Novamont ritiene che la tutela e la riduzione del consumo del suolo siano temi fondamentali e in questa ottica è improntata la politica di riconversione di impianti tradizionali non più competitivi o dismessi (i siti produttivi di Mater-Biopolymer, Mater-Biotech e Matrica – in joint venture - sono un esempio di questo impegno). Nella logica circolare di riduzione e di valorizzazione degli scarti, inoltre, nel sito di Mater-Biopolymer, con capacità produttiva di ca 100 ktons di ORIGO-BI (poliesteri biodegradabili), è stato realizzato un impianto per il recupero del THF, un solvente molto utilizzato nel settore chimico e farmaceutico, che consente un risparmio netto di circa 0,7 kg CO2 equivalente per ogni kg di ORIGO-BI prodotto. In termini percentuali la riduzione della carbon footprint dell’ORIGO-BI si colloca tra il 15 e il 20%.
L’utilizzo del biobutandiolo realizzato a Mater-Biotech consente di diminuire il Global Warming Potential netto “Cradle to gate” da 5 a 2 Kg CO2e/kg, con un risparmio del 60%. L’utilizzo di acido azelaico come acido decarbossilico, in sostituzione all’alternativa fossile, consente di diminuire il Global Warming Potential netto “Cradle to gate” da 13,6 a -0,3 Kg CO2e/kg, con un saving del 100%.
Rinnovabilità. Si stima che nel 2050 il consumo di fonti fossili (es. petrolio) per la produzione di materie plastiche raggiungerà il 20% (del consumo totale). Lo sviluppo di materiali innovativi è, pertanto, una scelta lungimirante.
La politica di Novamont nella produzione del MATER-BI® è quella di approvvigionarsi, ove possibile, di costituenti e materie prime di origine biologica (dette bio-based) cioè derivate da vegetali e prodotte in filiere altamente integrate con il territorio. Questi sforzi hanno portato a realizzare una rete senza precedenti nel panorama della bioeconomia, in termini di innovazione, volumi e peculiarità della catena di approvvigionamento: i processi sotto il diretto controllo del gruppo Novamont partono dalla fase agricola (sperimentazioni sulle oleaginose come cardo e cartamo), passano per la produzione degli intermedi 100% rinnovabili (biobutandiolo e acido azelaico), del biopoliestere (ORIGO-BI) sino ad arrivare al prodotto finito (MATER-BI), in totale quattro livelli (Tier 4).
Re-design. L’obiettivo del gruppo Novamont è sempre stato quello di offrire sistemi a più basso impatto ambientale in cui i bioprodotti possano svolgere un ruolo strategico per il ridisegno di sistemi. Emblematico, in questo senso, lo sviluppo delle raccolte differenziate dell’organico: i residui alimentari sottratti alla discarica e all’incenerimento e avviati a digestione anaerobica e compostaggio permettono di ridurre le emissioni dirette e indirettamente possono dare un formidabile contributo alla rigenerazione dei suoli.
La frazione organica, infatti, ha la capacità di trasformarsi in compost, un ammendante in grado di apportare al terreno elevati benefici agronomici come l’incremento della sostanza organica del suolo (Soil Organic Matter o SOM). La SOM è il principalmente indicatore della qualità del suolo e anche piccoli cambiamenti della sua concentrazione possono avere forti effetti sia sul rendimento agricolo che sul bilancio globale di gas serra (ca il 60% della SOM è costituita da carbonio organico). All'interno del progetto italiano BIT3G, finanziato dal MIUR (Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca) come parte del National Technology Cluster di Green Chemistry SPRING è stato messo a punto uno strumento predittivo per stimare le dinamiche (sito specifiche) della SOM per due differenti protocolli agricoli del cardo: con e senza applicazione di compost. Nel protocollo che vede l’applicazione di compost le emissioni di gas serra “Cradle to farm gate”, determinate tramite metodologia di Life Cycle Assessment (LCA), risultano ridotte del 70% grazie alla maggiore capacità del suolo di “trattenere” la CO2.
Attualmente circa 60 kg/anno/abitante di frazione organica (dei 150 kg/anno/abitante disponibili) sono trasformati in compost di qualità. Un incremento della quota intercettata, grazie all’impiego di bioplastiche biodegradabili e compostabili, permetterebbe di attivare una serie di meccanismi virtuosi come:
- Il raggiungimento dell’obiettivo “10% di rifiuti solidi urbani in discarica entro il 2035” (aggiornamento della Direttiva Discariche 1999/31/EC) e la riduzione di gas serra derivanti dalla frazione organica smaltita in discarica.
- L’incremento occupazionale legato alla filiera di raccolta e valorizzazione della frazione organica
- La riduzione delle emissioni di gas serra del comparto agricolo derivanti dall’applicazione del compost
- Il supporto allo sviluppo di un’agricoltura sostenibile (corretta gestione della SOM)
Estendendo l’orizzonte all’Europa, ogni anno vengono generate circa 96 milioni di tonnellate di rifiuto organico. Di queste circa un terzo (32 milioni) viene correttamente raccolto e trattato, generando occupazione in aree rurali (18.000 posti di lavoro, uno ogni 1.380 tonnellate) e urbane (5.000 posti di lavoro, uno ogni 4.500 tonnellate). Il rimanente rifiuto organico, che al momento non viene trattato negli appositi impianti di compostaggio e digestione anaerobica, è pari a 64 milioni di tonnellate e potrebbe generare ulteriori 52.000 posti di lavoro nelle aree rurali e 16.000 in quelle urbane. Il potenziale totale di posti di lavoro generati dalla corretta gestione del rifiuto organico in Europa è quindi pari a 91.000 posti di lavoro, di cui 70.000 in aree rurali e 21.000 in aree urbane. (European Compost Network, Biowaste Generates Jobs, 2016).
A livello italiano, nel 2017 il Consorzio Italiano Compostatori (CIC) ha inserito ed elaborato nel proprio report annuale alcuni dati raccolti da Althesys Strategic Consultant. La stima che ne è risultata è stata di circa 9.000 posti di lavoro e 1,7 miliardi di euro di fatturato, legati all’attività di raccolta e trattamento, a quelle di supporto tecnico per la progettazione e la realizzazione degli impianti e a quelle che mirano a valorizzare la qualità e l’impiego del compost, ai servizi di manutenzione delle tecnologie e dei mezzi adibiti alla gestione intera del rifiuto organico, dalla raccolta, al trasporto, fino al trattamento. Il CIC stima che questi valori potrebbero crescere ulteriormente qualora la raccolta differenziata della frazione organica venisse estesa alla totalità dei comuni italiani, arrivando a 13.000 addetti e a circa 2,4 miliardi di euro di fatturato.
Progetti di sviluppo
FIRST2RUN: dimostrare la sostenibilità tecnica, economica e ambientale di una bioraffineria integrata altamente innovativa, in cui colture oleaginose a basso input (per esempio il cardo), coltivate in zone aride e/o marginali, vengono impiegate per l'estrazione di oli vegetali da convertire attraverso processi chimici in biomonomeri ed esteri per la formulazione di bioprodotti quali biolubrificanti, cosmetici, plastificanti e bioplastiche
EFFECTIVE: dimostrare percorsi economicamente validi per la produzione di poliammidi e poliesteri a base biologica da materie prime rinnovabili sostenibili (zuccheri e oli) verso l'ottenimento di fibre e film con proprietà migliorate, competitività sul mercato e maggiore sostenibilità
PROGETTO COMETA: valorizzazione delle colture mediterranee di Authoctonus attraverso tecnologie avanzate di chimica verde. Sviluppare e convalidare sistemi innovativi di coltura non alimentare a basso input, adatti per aree marginali sottoutilizzate, inquinate e / o mal utilizzate del Sud Italia a rischio di erosione / desertificazione, al fine di ottenere frazioni (semi, biomassa sopra e sotto terra che può essere convertita da tecnologie avanzate di chimica verde a basso impatto in prodotti a base biologica di interesse per i settori agricolo e industriale: alimenti per animali, bioplastiche compostabili, biolubrificanti, prodotti cosmetici, biostimolanti e compost per agricoltura, bioinsetticidi, estratti per nutraceutici e salute.
PROGETTO EMBRACED: dimostrazione, in un ambiente industriale, di un modello replicabile, economicamente valido ed ecologicamente sostenibile di bioraffineria integrata basata sulla valorizzazione della frazione cellulosica dei rifiuti AHP post-consumer nella produzione di building blocks, polimeri e fertilizzanti a base biologica . La bioraffineria utilizzerà un approccio di economia circolare, chiudendo il ciclo delle materie prime e riducendo al minimo l'uso delle risorse primarie. Estrazione di zuccheri di seconda generazione da cui si estrare BDO