Club di Roma: il 10% più ricco del mondo produce il 45% dei gas serra
La maggior parte degli organi di informazione titola che secondo l'ultimo rapporto del think-tank internazionale "si può ancora salvare il Pianeta" ma in realtà quelle che vengono messe in luce sono questioni più urgenti e non così positive
18 October, 2018
Il Club di Roma, think-tank Cluinternazionale sullo sviluppo sostenibile fondato nel 1968 da Aurelio Peccei, ha pubblicato il suo ultimo rapporto nel corso di un convegno sui 50 anni dell'istituzione. La maggior parte degli organi di informazione titola che secondo il docuemento "si può ancora salvare il Pianeta"ma in realtà quelle che vengono messe in luce sono questioni più urgenti e non così positive. A partire per esempio dal fatto che il 10% più ricco del mondo produce il 45% delle emissioni complessive di gas serra e che l'inquinamento e il consumo di una persona ricca è fino a 50 volte superiore a quello di una persona normale, per non parlare di un abitante dei paesi più poveri.
E poi, i tre milioni di statunitensi più benestanti (l'1% della popolazione della federazione) producono 318 tonnellate di CO2 a testa all'anno, contro una media mondiale di 6 tonnellate, scrive ancora il rapporto. Questo 1% degli americani produce il 2,5% dei gas serra presenti nell'atmosfera.
Gas serra invece di diminuire aumentano.
Per non superare i 2 gradi di riscaldamento dai livelli pre-industriali (obiettivo minimo dell'Accordo di Parigi sul clima), le emissioni di anidride carbonica devono essere ridotte di almeno il 6,2% all'anno. Per restare nella soglia di 1,5 gradi (obiettivo massimo dell'Accordo), la riduzione dovrebbe essere intorno al 10%. Nel 2017 invece le emissioni serra globali sono tornate a crescere dell'1,4%, dopo una pausa di tre anni. Il mondo al momento va verso un riscaldamento di almeno 3 gradi nel corso di questo secolo, ricorda il rapporto. Per la realizzazione delle misure di riduzione dei gas serra, la comunità internazionale ha stanziato 100 miliardi di dollari. Sei volte meno degli incentivi globali che gli stessi governi forniscono alle fonti fossili, 600 miliardi di dollari.
Umani e animali da allevamento sono il 97% del peso dei vertebrati.
Gli umani e gli animali da allevamento costituiscono il 97% del peso di tutti i vertebrati viventi sulla Terra. Buona parte del restante 3% (tutti i mammiferi, pesci, anfibi e rettili, insetti esclusi) oggi come oggi non ha molte probabilità di scampare all'estinzione.
Nel 1972 il primo rapporto del think tank, "Limiti alla crescita", fece conoscere al mondo i pericoli per l'ambiente di uno sviluppo incontrollato.
L'ultimo rapporto, "Come on!", mette in luce come nel '72 gli esseri umani erano 3,5 miliardi. Oggi sono 7,6 miliardi, il 117% in più di mezzo secolo fa. Le concentrazioni di gas serra nell'atmosfera sono cresciute da 322 a 403 parti per milione (un aumento devastante, che ha appena prodotto i tre anni più caldi in assoluto della storia della climatologia: 2014, 2015 e 2016).
Gli abitanti delle città sono passati da 1,3 miliardi a 4, cioè sono più che triplicati (+ 207%) e le megalopoli con più di 10 milioni di abitanti sono passate dalle tre del 1968 (New York, Shangai e Tokyo) alle 22 attuali.
Dal 1970 l'indice della biodiversità è sceso più del 50%.
L'impronta ecologica umana, secondo il rapporto, è aumentata al punto che sarebbero necessari 1,6 pianeta terra per fornire risorse in modo sostenibile. Le emissioni di gas serra si sono quasi raddoppiate e il mondo ha perso oltre il 48% delle foreste tropicali e subtropicali.