Incendi in aziende di rifiuti: se mancano i controlli la legge è inutile
Eco dalle Città ha intervistato Luca Ramacci, magistrato esperto di ambiente: "La produzione dei rifiuti è inevitabile e dunque anche la loro gestione. Ma se si rispettano le norme, nazionali e comunitarie, o si fa in modo che vengano rispettate, si limitano le situazioni di illegalità. È come sulla strada, se ci sono i vigili gli automobilisti rallentano"
13 November, 2018
di Tiziana Giacalone
Hanno fatto scalpore qualche tempo fa le parole del ministro dell'Ambiente, Sergio Costa, che ha definito il Nord Italia e la Lombardia la nuova "Terra dei Fuochi", in riferimento ai numerosi incendi nei depositi di rifiuti degli ultimi anni. Reati ambientali per i quali la criminalità organizzata è parte attiva tanto quanto alcuni imprenditori spregiudicati, che secondo alcuni analisti decidono di delinquere facendo una semplice “analisi costi/benefici”, come scrive ad esempio Enrico Fedrighini sul Fatto Quotidiano: “I potenziali guadagni (nel commettere reati ambientali, ndr) sono immensamente superiori ai rischi di essere scoperti e all’eventuale prezzo da pagare, qualora si venga scoperti”.
Abbiamo parlato di questo aspetto con Luca Ramacci, magistrato cassazionista esperto di diritto ambientale, autore di libri sul tema oltre che creatore e curatore della rivista giuridica lexambiente.it, puntualmente aggiornata con la giurisprudenza e la legislazione del settore.
Le notizie più recenti e i dati Istat ci dicono che gli incendi nei depositi di rifiuti sono in aumento, a Milano e Marcianise gli ultimi casi. Come mai? Alcuni sostengono che le pene non siano abbastanza severe.
"Non conosco i fatti di Milano e Marcianise ma se si accertasse che si tratta di fatti di natura dolosa, se l’incendio cioè non è avvenuto per cause dovute al malfunzionamento dell’impianto antincendio per esempio, direi che si tratta di un sistema sbrigativo e illecito per sbarazzarsi dei rifiuti. Un sistema meno costoso e più comodo di quello legale. La legge prevede l’applicazione delle sanzioni previo controllo. Probabilmente il sistema dei controlli non sempre funziona e poi c’è il sistema processuale, che non sempre è adeguato a quelle che sono le emergenze. Una parte dei processi si chiude con la prescrizione dei reati o per altre ragioni.
In Italia la certezza della pena non sempre è tale, nel senso che non sempre le pene vengono di fatto scontante e dunque viene meno il loro effetto deterrente. Per quanto riguarda la prescrizione in generale il sistema italiano è singolare rispetto agli altri paesi. Sistema che è stato modificato con la cosiddetta riforma Orlando, che ha introdotto la possibilità di ulteriori dilazioni dei termini, anche se ancora non mi pare di vederne gli effetti. E l’ultima novità introdotta da questo governo che però entrerà in vigore nel 2020. Sui tempi di prescrizione previsti per i reati ambientali, i delitti contro l’ambiente hanno una prescrizione più lunga ma la durata del processo ed altre cause rendono la prescrizione un evento abbastanza frequente. Ma non è una novità, questa situazione va avanti da sempre”.
Ci sono anche altre cause più “generali” e meno “tecniche” sull'aumento dei reati secondo lei?
"Sì. Diciamo che i reati ambientali in alcuni casi non ricevono l’attenzione che invece meriterebbero. Rispetto ad altri fatti di criminalità organizzata vengono considerati meno importanti. Bisogna tuttavia distinguere tra contravvenzioni e delitti. Mentre i delitti, che possono essere sia dolosi sia colposi, prevedono pene più severe e consentono di utilizzare mezzi di indagine più efficaci, le contravvenzioni sono meno gravi e spesso riguardano condotte solo formali dove non c’è di fatto un danno. Quindi l’attenzione cala. Sui delitti contro l’ambiente qualcosa in più si potrebbe fare, dato che le pene sono più alte e si possono fare indagini più approfondite, potendo contare su mezzi come le intercettazioni, che invece non si possono utilizzare nelle contravvenzioni. Comunque ci sono altri strumenti di indagine che se, adeguatamente applicati, unitamente ad un controllo efficace del territorio, consentono di ottenere buoni risultati".
La “terra dei fuochi” non è più solo in Campania, non ha confini. È d'accordo?
"La terra dei fuochi è laddove mancano i controlli e chi incendia i rifiuti è nelle condizioni di poterlo fare. In materia ambientale in Italia non vedo zone franche, tutte le aree del paese sono nella stessa situazione. Sono necessari più controlli, tramite le telecamere o le persone. La produzione dei rifiuti è inevitabile e dunque anche la loro gestione. Ma se si rispettano le norme, nazionali e comunitarie, o si fa in modo che vengano rispettate, si limitano le situazioni di illegalità. È come sulla strada, se ci sono i vigili gli automobilisti rallentano".