Maxi ingorgo di Torino, Piras: 'Situazione figlia della mancanza di visione'
L'architetto esperto di mobilità: "Un impianto stradale così grande pensato unicamente per le auto, richiama solo auto . Questa situazione è figlia del piano regolatore di Gregotti del 1995, ma in questi più che vent'anni il mondo è cambiato completamente. Manca la visione"
15 November, 2018
Per La Stampa quello di mercoledì 14 novembre è stato il più grande ingorgo che Torino ricordi: centinaia di auto bloccate per ore nel traffico nella zona nord della città, intorno a piazza Baldissera, centro nervalgico del caos, già intasata dal primo pomeriggio. A distanza di poche ore l'imbottigliamento si estende a macchia d'olio: completamente bloccati corso Principe Oddone, corso Mortara, corso Vigevano e via Cecchi, quasi impraticabili addirittura corso XI Febbraio e corso Regina Margherita. Le persone scendono agli autobus e vanno a piedi, nonostante l'aria carica di smog. Era difficile prevedere che la viabilità di questa zona della città, comunque problematica già da diverse settimane, raggiungesse un livello tale. Alcuni dicono che il problema è proprio la rotonda di piazza Baldissera, altri che il progetto di un'autostrada in città avrebbe creato inevitabilmente questi problemi.
Ne abbiamo parlato con Giuseeppe Piras, architetto, esperto di viabilità e di mobilità ciclistica.
Che sta succedendo a Torino nord Beppe?
Eh succede un gran pasticcio. Gli ultimi giorni, dopo l'apertura di corso Venezia, hanno fatto andare completamente in tilt il sistema. E questo può sembrare paradossale, perché aprendo una via in più teoricamente dovrebbe aumentare il deflusso di una zona a traffico intenso, invece si blocca tutto quanto.
Ecco, come mai?
Si è pensato che quello snodo riuscisse a gestire quel flusso di traffico ma così non è. Ma d'altra parte se fai un'autostrada e ci metti un nodo, qualsiasi esso sia, che sia un semaforo o un restringimento di carreggiata, si pianta tutto. La questione è perché è successo solo questi ultimi giorni e non prima... Ecco questo non lo so, perché comunque quel tratto è già aperto da alcuni giorni. E soprattutto è rimasto tanti anni semi chiuso per il passante ferroviario, con un traffico discreto che però non ha mai bloccato interamente Torino nord, quindi vuol dire che la soluzione era peggio del progetto iniziale.
Si è scelto di andare a spostare tutto un flusso di traffico che è evidente che lì non ci sta. Quando l'assessorato, nel corso della precedente amministrazione Fassino, aveva presentato il progetto alle associazioni, tutti quanti avevano fatto notare che un impianto stradale così grande pensato unicamente per le auto, senza contemplare il trasporto pubblico e relegando la ciclabilità ai margini, avrebbe richiamato solo auto. Le persone in macchina infatti ci vanno pensando di fare prima e invece al primo restringimento si piantano. Paradossalmente se rimanesse così per un altro mese il nodo si scioglierebbe, perché poi la gente inizierebbe a non passarci più, ad usare altre vie, e quindi tornerebbe una situazione normale. Ma è chiaro che in una situazione come quella attuale non si può aspettare un mese.
Quindi più spazio c'è più questo richiama auto?
Sì, è il cosiddetto fenomeno del traffico indotto. E la soluzione di allargare ancora di più lo spazio a dismisura, come qualcuno suggerisce, creerebbe altro traffico indotto, perché ritenendolo più competitivo altre persone si sposterebbero lì e diventerebbe solo più caotico. Poi la minima strozzatura, il minimo intoppo, anche solo un incidente causerebbero il pantano.
É quindi stato un errore progettuale quello di pensare il completamento della cosiddetta 'spina' in questo modo?
Direi che è stato più che altro un errore di visione. Le persone in macchina vogliono stare più larghe, quindi io gli do strade più larghe finché non ho finito lo spazio a disposizione. È una rincorsa a bisogni, veri o presunti dei cittadini, quando invece ci vorrebbe una trasformazione urbana.
Il sottopasso che molti invocano potrebbe essere una soluzione?
No, sposterebbe solo il problema, perché il traffico verrebbe spostato verso la fine di corso Venezia dove il rischio sarebbe nuovamente quello dell'ingorgo. E poi ci sono i costi e i tempi. Realizzare un sottopasso non è come fare delle nuova strisce pedonali, si parla di svariati milioni di euro. Allo stesso tempo usare meno l'auto, come dice l'amministrazione, usando maggiormente il trasporto pubblico, su quel tratto non so come si possa effettivamente fare. Si potrebbe usare una corsia delle auto destinandola a dei mezzi di superficie, ma vorrebbe dire ridisegnare il tpl in una situazione di emergenza il che forse è utopistico.
Ripeto, manca la visione. Questa situazione è figlia del piano regolatore di Gregotti del 1995, ma in questi più che vent'anni il mondo è cambiato completamente. Infatti l'altra cosa che a me spaventa di tutto questo discorso è che tutti lo vedono solo ed esclusivamente dal punto di vista viabilistico ed automobilistico, senza pensare che un progetto di queste proporzioni determina una trasformazione urbanistica che incide sulla qualità della vita di tutti, in primis di chi ci abita. Se davvero si farà il sottopasso quello diventerà davvero un tratto invalicabile. Non si può pensare che quello che era un quartiere sia trattato come se fosse uno svincolo autostradale, perché non esistono solo le auto. E questo è un pensiero che non sta sfiorando nessuno.